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Il buono pasto genera valore. Promemoria di Massagli (Anseb) al governo

Il buono pasto non perde nemmeno un colpo, ai tempi del Pil anemico e del coronavirus. Attenzione però, perché non è tutto oro quel che luccica e se uno strumento è valido non vuol dire che possa durare nel tempo prescindendo da un minimo di attenzione da parte del legislatore e della politica. Formiche.net ha sentito Emmanuele Massagli, dal 2015 alla guida dell’Anseb, l’associazione nazionale delle società emettitrici di buoni pasto.

Presidente, la legge di Bilancio ha aumentato la soglia di defiscalizzazione per il ticket elettronico da 7 ad 8 euro e contestualmente abbassato la soglia di esenzione del cartaceo. In che modo e in quale cifra la misura ha impattato sulle aziende di settore?

Le novità introdotte dall’ultima legge di Bilancio sul buono pasto digitale (termine più corretto di “elettronico” vista la tecnologia già a disposizione delle aziende del settore) sono state accolte positivamente dalle aziende emettitrici, in quanto segnale di attenzione verso uno strumento, quello del buono pasto, che continua ad essere riconosciuto come generatore di valore e che rimane il benefit preferito dai lavoratori. La manovra finanziaria ha riconosciuto al buono pasto un ruolo nella sfida della società cashless lanciata dal governo, che ha scommesso sulla funzione di “educatori digitali” delle società emettitrici, come effettivamente è stato in passato. Questa misura sta comportando non pochi problemi per gli operatori, chiamati in un tempo strettissimo a informare aziende ed esercenti delle novità e a sensibilizzarli, a tutela dei lavoratori, della diseconomicità che caratterizza ora i buoni pasto cartacei. Non è infrequente che le imprese non si curino delle novità o preferiscano abbassare il valore dei buoni o, d’altra parte, che la rete presente in alcuni territori non sia ancora pronta alla gestione degli scambi digitali. Ciononostante reputo la nuova legislazione più moderna e capace, nel lungo periodo, di migliorare questo mercato.

Nell’era della rivoluzione digitale è lecito aspettarsi ulteriori innovazioni. E dunque quale potrebbe essere una ulteriore evoluzione dal cartaceo all’elettronico, contando anche la nascita di app ad hoc e soluzioni che non richiedono più l’utilizzo di carte?

È già così. Tutte le principali realtà del settore hanno sistemi che funzionano con app, sui tablet, che permettono una gestione diretta e aggiornata in tempo reale dei propri buoni. Solo soluzioni in grado di superare la stampa di quintali di carta e l’esigenza dei Pos, a tutto vantaggio dell’ambiente e dei costi per aziende ed esercenti.

Nelle ultime settimane il settore dei buoni pasto è tornato al centro dell’attenzione mediatica per una denuncia da parte delle principali associazioni della Gdo e della ristorazione: i bar, i ristoranti, i supermercati e i centri commerciali denunciano perdite di 3 mila euro ogni 10 mila euro di buoni pasto incassati che accettano. Come stanno le cose? E cosa si può fare?

Piccoli esercenti e Gdo segnalano un problema reale: l’incremento dei costi che sta strozzando tutta la filiera. Il rumore mediatico è quindi motivato dalla volontà degli esercenti di segnalare ai ministeri competenti l’illogicità di un mercato rovinato dal meccanismo di gara Consip al massimo ribasso. Non posso che condividere queste preoccupazioni. In questi casi è giusto arrotondare i dati per “bucare” lo schermo. Dietro le quinte però è noto che la media degli sconti in gara Consip è attorno al 19,5%, non al 30%. È una cifra comunque molto elevata, sebbene non sempre richiesta per intero alla rete degli esercenti: dietro queste cifre vi sono sovente dei meccanismi di retrocessione in servizi o pubblicità di parte di queste commissioni, che abbattono di diversi punti la cifra pattuita sul contratto di convenzionamento. Questo meccanismo (c.d. retromarketing) è problematico ed è anch’esso una stortura della gara pubblica.

La protesta sembra essere non contro il buono pasto in se ma contro le dinamiche delle  gare al massimo ribasso e delle ricadute delle stesse sul settore. Quali possono essere le soluzioni per Anseb?

Come Anseb non solo abbiamo approvato il contenzioso attivato dagli esercenti contro Consip, ma lo abbiamo anche reso possibile affidando anche i nostri interessi a Fipe. Per quanto concerne le proposte, invece, per motivi di conoscenza inevitabile del mercato siamo la realtà con le idee più chiare, realizzabili, già presentate anche in forma di norma. Cito le più rilevanti, attorno alle quali vedo la convergenza anche delle realtà della ristorazione e della Gdo. Da anni proponiamo il superamento della centralità della offerta economica per l’assegnazione dei lotti di gara Consip mediante la fissazione di un limite massimo di punteggio associato allo sconto. Si tratta di un meccanismo già utilizzato dalle amministrazioni che non si avvalgono di Consip. Sempre in questa direzione, da anni proponiamo l’innalzamento del numero di esercenti da convenzionare; una maggiore differenziazione della rete secondo indicatori di qualità; il passaggio al solo buono pasto digitale. Ancora: andrebbe salvaguardato il valore nominale del buono pasto in sede di offerta in gara. Si potrebbe inoltre realizzare un fondo di garanzia a tutela degli esercenti alimentato da una percentuale del circolante relativo alle gare pubbliche. È da valutarsi anche un irrigidimento dei requisiti per l’autorizzazione alla attività di emissione dei buoni pasto, non soltanto per quanto concerne la solidità patrimoniale, ma anche prevedendo per legge che il soggetto giuridico incaricato del rimborso dei buoni pasto alla rete degli esercenti affiliati sia lo stesso assegnatario dell’appalto o contraente del contratto. È opportuno, infine, istituire per decreto, senza oneri per lo Stato, una commissione nazionale rappresentativa dei portatori di interesse del servizio sostitutivo di mensa. Perché non unire le forze e convincere la politica ad ascoltarci?

Ci sono state levate di scudi di consumatori e sindacalisti. Perché questo strumento è così amato dai lavoratori?

Perché è uno strumento di welfare semplice da utilizzare e vantaggioso per tutti: gli 8 euro del buono pasto non sono tassati e contribuiti, corrispondono a un valore netto tanto per il lavoratore quanto per l’impresa. Se gli stessi soldi fossero riconosciuti in busta paga, il lavoratore riceverebbe un valore inferiore di circa il 35% e l’azienda pagherebbe, contemporaneamente, oltre il 30% in più.

L’Italia sconta da anni una crisi dei consumi importanti. Il buono pasto ne è un prodotto o una reazione alla stessa crisi?

Il buono pasto esiste nel nostro ordinamento da quasi cinquant’anni. Non vi è evidentemente nessuna correlazione con la crisi dei consumi. Anzi, a detta di diversi economisti è un fattore di incentivazione degli stessi. Le sigle degli esercenti hanno calcolato che circa il 26% dei pranzi consumati fuori casa è usufruito grazie ai buoni pasto e che circa 2,8 milioni di lavoratori usano questo servizio.

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