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Come se la passano le imprese italiane. Confindustria legge il rapporto Cerved

Prevenire la crisi dell’azienda, piuttosto che curarla quando ormai il morbo è in circolazione. Approvato lo scorso anno in seguito a un decreto legislativo a sua volta varato nel gennaio 2019, il nuovo Codice della crisi d’impresa ha un compito preciso: prevenire il momento iniziale da cui scaturisce la crisi delle imprese, lanciando una sorta di Sos preventivo. Come?

PREVENIRE MEGLIO CHE CURARE

Per esempio individuando taluni soggetti che, in presenza di determinati presupposti, avranno il dovere di allertare l’imprenditore incitandolo a porre le dovute azioni correttive alla risoluzione della crisi. Di qui l’obbligo per molte imprese (a partire dal 15 agosto 2020), di rivolgersi a realtà esterne per tentare di far emergere le criticità (tra tutti, quando il patrimonio netto è negativo), prima che sia troppo tardi. Problema, non tutte le aziende sono in regola, anzi, sono decisamente tante quelle che non si sono ancora mosse per tempo, visto che alla scadenza manca davvero poco.

I NUMERI DEL CERVED

Ma c’è già chi ha fatto i primi conti. Un primo bilancio l’ha stilato Cerved, la società leader nel mercato delle informazioni commerciali, presentando presso Confindustria il rapporto Osservitalia. Quest’anno il focus è stato l’impatto delle nuove procedure sulle imprese italiane. Ebbene, ad oggi sono più di 60 mila le società di capitali a rischio allerta-patrimonio, l’8,4% del totale. Cifre ottenute passando in rassegna i bilanci di quasi 720 mila società di capitali. C’è da dire però che, come precisa la stessa Cerved, sono circa 104 mila le società di capitale (escluse immobiliari e finanziarie) effettivamente obbligate a dotarsi di organi di controllo, cioè sindaci, revisori dei conti o collegi sindacali. Di queste, sono circa 3.800 quelle che potrebbero venire segnalate per aver superato gli indici di allerta relativi al patrimonio netto.

Per quanto riguarda invece le 67 mila srl obbligate a dotarsi di organismi di controllo, il ritardo è evidente: solo il 27,6% è in regola, con una netta differenza tra Nord e Sud d’Italia. Si va dal 34,8% dell’Emilia Romagna, o il 34,7% del Friuli, al 16,4% della Campania e al 14,6% della Puglia.

COSA DICE CONFINDUSTRIA

Antonio Matonti, avvocato e direttore dell’Area Affari Legislativi di viale dell’Astronomia, ha preso parte ai lavori odierni e, contattato da Formiche.net, fornisce alcune considerazione sui dati Cerved. “I dati presentati oggi ci dicono che con il nuovo Codice della crisi d’impresa abbiamo intrapreso la strada giusta, a condizione che venga percorsa con lucidità ed equilibrio. La maggiore attenzione va riservata alle piccole imprese che, da un lato, hanno un potenziale di crescita in termini di rafforzamento patrimoniale e calo della rischiosità, dall’altro sono quelle che più frequentemente presentano situazioni di anomalia e che più faticosamente, anche in virtù dei costi, riusciranno ad adeguarsi al nuovo impianto normativo”, spiega Matonti. Pertanto, “occorre far leva sul fattore tempo per consentire a queste imprese di organizzarsi”.

Matonti fa anche un’altra considerazione. “Il sistema industriale deve cogliere la centralità del profilo organizzativo. Prima ancora che obblighi di segnalazione, allerta significa obblighi organizzativi in funzione della prevenzione, ed eventualmente gestione, della crisi. Obblighi organizzativi che, a loro volta, significano strutturazione dei flussi informativi, pianificazione finanziaria, qualificazione del personale e supporto da parte di figure professionali specializzate. Tutti passaggi che presuppongono quel cambiamento culturale ormai invocato da più parti, ma anche risorse da investire nell’azienda”.

La sfida è quindi dare tempo alle imprese di assimilare ne nuove norme. Sempre che vengano comprese fino in fondo. Matonti traccia una mappa. “Occorre assicurare chiarezza interpretativa e certezza applicativa. Le imprese hanno bisogno di un quadro normativo univoco e, invece, ancora una volta stiamo assistendo a comportamenti schizofrenici. Emblematico in questo senso il caso della nomina obbligatoria dell’organo di controllo interno nelle srl, con soglie prima drasticamente abbassate e poi ritoccate dopo qualche mese e un termine per uniformarsi fissato a fine esercizio 2019”.

“Allo stesso modo, assistiamo a qualche esasperazione nel dibattito sugli indici della crisi: il Consiglio nazionale dei commercialisti ha impostato un buon lavoro, che ha come principale obiettivo ridurre al minimo i cosiddetti falsi positivi, ma che ora viene messo in discussione da più parti per la sua scarsa capacità predittiva. Anche qui il nostro auspicio è di una maggiore stabilità del quadro applicativo, che dovrebbe assicurare equilibrio e gradualità”.

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