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L’Italia ha gli anticorpi contro la recessione (e il coronavirus) ma… Parla Cipolletta

Il 2020 dell’economia italiana si è aperto nel peggiore dei modi. Un sonoro tonfo della nostra industria (accompagnato dalla revisione al ribasso del Pil 2020 da parte dell’Ufficio parlamentare di bilancio, +0,2%) e l’epidemia più pericolosa dai tempi della Sars. Una combinazione micidiale ma che non deve spaventare o peggio, gettare nel panico una Nazione. Anzi. Nelle stesse ore in cui l’esecutivo corre ai ripari con misure per la crescita e a sostegno dell’export aggredito dal coronavirus è fondamentale non perdere la testa e credere un po’ di più in se stessi. Così la pensa Innocenzo Cipolletta, economista di lungo corso dal passato confindustriale, presidente del Fondo Italiano di investimento e di Assonime, l’associazione delle spa.

Cipolletta, la nostra economia sembra essersi scoperta, ancora una volta, fragile. I dati di ieri parlano chiaro.

In realtà un calo della nostra industria era attesa. Dopo i dazi e la forte frenata della Germania era prevedibile un crollo, che forse alla fine è risultato anche peggiore del previsto. Questo è un Paese quasi interamente dipendente dall’export e dunque, quando c’è una generale frenata dell’economia mondiale, inevitabilmente noi ne risentiamo.

Tutto però fa pensare che l’Italia sia sull’orlo di una nuova recessione. Le cose stanno così?

Non proprio, mi sembra assolutamente prematuro parlare di recessione. Anzi, è persino probabile che nella prima parte dell’anno, quando arriveranno i dati, ci sarà un rimbalzo. Gli indicatori non sono univoci nel dire che c’è una recessione in atto, sarei molto, ma molto, prudente su questo terreno.

Il governo, intanto, lavora a misure per il rilancio della crescita e a sostegno del nostro export…

Su questo fronte bisogna fare alcune precisazioni. Per esempio ci si dimentica molto spesso che l’Italia si è dotata da qualche tempo di un potente strumento anti-congiunturale, il reddito di cittadinanza. Quando l’economia rallenta, grazie a questo strumento, vengono erogate egualmente le risorse nel sistema. Se ci sono persone che entrano in fascia di povertà, ecco che automaticamente hanno diritto a questo beneficio. Questo è un esempio per chiarire, o meglio ribadire, un concetto: e cioè che l’Italia ha tutti gli strumenti per contrastare emergenze domestiche e globali, nelle quali rientra ovviamente il coronavirus.

Allora siamo a posto. Possiamo stare tranquilli…

No, perché rimane un problema. Quello del rilancio degli investimenti. Qui la coperta è corta, abbiamo un debito enorme. Il segreto è però nell’usare i soldi già stanziati e non mettercene di nuovi, anche perché di soldi freschi non ce ne sarebbero. Abbiamo i soldi per gli investimenti, quelli già stanziati, abbiamo il reddito di cittadinanza e abbiamo anche un modo per ridurre il debito pubblico. Il Paese ha le sue carte da giocare.

Detta così Cipolletta sembra facile. Ma pensare di crescere, investire e al contempo ridurre il debito pubblico non è un po’ troppo ambizioso?

Non se si ricorda cosa fece Carlo Azeglio Ciampi quando si trattò di far entrare l’Italia nell’euro, quando era ministro del Tesoro. Tassò il disavanzo pubblico. Ecco, si potrebbe fare un po’ questo, lavorare sul deficit. Mi spiego. Oggi l’Italia ha uno spread a oltre 130 punti base mentre altri Paesi europei, come Spagna e Portogallo, stanno ben al di sotto. Ecco, se l’Italia accettasse di ridurre il disavanzo pubblico di almeno un punto percentuale di Pil, magari facendo scattare la clausola di salvaguardia dell’Iva o attraverso una riduzione di spesa pubblica, potremmo beneficiare subito di una riduzione dello spread, almeno 70 punti.

E quindi?

Tale riduzione si tradurrebbe in spazio di manovra della spesa pubblica, mentre l’emersione di un maggiore avanzo primario, grazie alle nuove entrate, potrebbe generare veramente una riduzione del peso del debito pubblico. I mercati che ci prestano denaro premierebbero una tale politica e questo aprirebbe un nuovo spazio di ripresa per la nostra economia. Ma, anche se non si crescesse molto, avremmo comunque ottenuto di operare con tassi di interesse allineati a quelli degli altri Paesi e avremmo veramente avviato la discesa del debito pubblico. Insomma, si tratta di fare uno sforzo che si ripaga in crescita e minor costo del debito, se non altro nel medio termine.

E come la mettiamo con la spesa pensionistica? Anche quello è deficit, e il nostro Paese invecchia. Spenderà sempre di più.

L’unica spesa italiana che eccede la media europea è proprio quella pensioni. Per questo quota 100, una volta esaurita, non va rinnovata. Il nostro sistema pensionistico, meno lo tocchiamo, meglio è. Torno su un concetto: mi sembra che si siano le condizioni in Italia per superare lo spettro di una recessione, basta lasciar agire i meccanismi che abbiamo: tassi di interesse bassi, reddito di cittadinanza, politica monetaria favorevole, soldi già stanziati. Manca solo un intervento sul deficit. Se ci mettiamo al riparo dalla recessione, ci metteremo al riparo anche dal coronavirus e dai suoi effetti.

Le tasse. A breve il governo riformerà l’Irpef. Scelta saggia?

Certamente, occorre un sistema semplificato e generalizzato, perché nessuno oggi sa bene quanto si deve pagare. Naturale che serva un riposizionamento degli scaglioni, magari accentuando la tassazione sulla classe ricca e abbassandola sul ceto medio.

Cipolletta, parliamo di Autostrade. Pare che lo Stato sia pronto a entrare nella controllata di Atlantia in cambio del mantenimento delle concessioni in capo alla stessa Autostrade. Non è che stiamo tornando al passato, quando lo Stato era padrone?

Non credo. La concessione è sempre un qualcosa di statale, non vedo nulla di assurdo se la concessione torna in mano allo Stato. Anche alla luce di quello che è successo. Io personalmente avrei lasciato ricostruire il ponte Morandi ad Autostrade e poi, qualora la magistratura avesse accertato danni e responsabilità, avrei tolto la concessione che comunque, non dimentichiamolo, appartiene allo Stato. Invece è stata fatta una campagna mediatica che ha deprezzato la società, compromettendone, forse, il futuro. Messa così un intervento nel capitale di Cdp non sarebbe un errore.



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