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Conte 2? Qui siamo al Casalino 1. Parola di Giorgetti

“Questo non è il Conte 2, qui siamo ormai al Casalino 1!”. Incrociato nel corridoio antistante l’aula di Montecitorio, Giancarlo Giorgetti, numero due leghista, ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio, sul quale da sempre molti giornali giocano a proposito di una presunta dualità con Matteo Salvini, fa alla cronista una battuta ironica, ma molto tranchant sulla conduzione avuta dal governo nell’emergenza del Coronavirus. Il cosiddetto “moderato” Giorgetti, giacca e camicia senza cravatta, esprime in queste ore giudizi che suonano persino più duri e sarcastici di quelli dello stesso leader Matteo Salvini. Boccia seccamente la proposta di unità nazionale proposta dal premier sull’emergenza: “Noi siamo responsabili e ci comportiamo come tali su questa emergenza, tant’è che Salvini ha fatto proposte precise a Conte, soprattutto sull’economia che rischia di andare a rotoli. Ma appunto siamo responsabili veri, non quelli che dovrebbero andare a fare da stampella a Conte, specifichiamolo sennò qui i giornali ricamano come al solito sulle mie battute”.

Perché, osserva il numero due di Via Bellerio, “questa proposta di unità nazionale su un’emergenza così a me suona come la voglia da parte di qualcuno (allusione all’eventualità di un Conte ter ndr) di salvarsi ancora una volta il c… della serie Franza o Spagna, purché se magna. Parliamoci chiaro, questi ci hanno sputtanato nel mondo”.

Giorgetti, poi alla buvette, con l’occhio incollato allo smartphone, sul quale arrivano notizie degli scali chiusi per gli italiani, notizie che mettono ormai al centro più il nostro Paese che la Cina commenta: “È il colmo. Ma basta vedere quello che accade in Italia. Imprenditori di Piacenza sono oggi arrivati a Napoli e sono stati mandati in ospedale per controlli. Qui tra un po’ ci sarà la reazione veemente dei ceti produttivi. La settimana prossima chi ha una fabbrica potrebbe anche non rispettare le ordinanze. Qui non si ha la percezione di quello che sta arrivando”. Poi, una battuta, scuotendo la testa: “Tra un po’ diranno che anche del virus è colpa di Salvini…”. E quindi, governo di unità nazionale? “Io d’inverno vado in letargo”.

Non tira per niente una bella aria tra la Lega e Conte. Diciamo che è tregua molto armata. Anche dopo la telefonata di ieri di Salvini al premier, nella quale il leader leghista ha chiesto misure maggiori e più efficaci per l’economia, dove al posto della sospensione ci sia l’esonero per le materie fiscali nelle aree colpite dal virus, e interventi urgenti in settori chiave come il turismo.

Ma quello che più brucia ancora è stata l’eventualità balenata dal premier di contrarre le prerogative dei presidenti di Regione. Giorgetti avverte: “La Costituzione è legge. Non si può cambiare per decreto”. Lo scontro tra Conte e i presidenti leghisti della Lombardia, Attilio Fontana, e del Veneto Luca Zaia è stato forte e ha lasciato strascichi pesanti. Fontana ha detto di aver telefonato a Mattarella, il quale si sarebbe complimentato per i livelli della sanità lombarda. Ma suona sibillina la frase di Salvini durante la conferenza stampa al Senato dove dice: “Mi risulta che a Conte sia arrivata la richiesta di cautela da piani superiori”.

Zaia si è augurato che quella di Conte “sia stata un’uscita infelice, un incidente di percorso, sennò sarebbe gravissimo”. Il capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, quarantenne di punta della Lega nazionale “Salvini premier”, dopo aver dato l’altra sera “quasi del fascista a Conte” alla cronista ricorda: “L’autonomia e la liberà, l’antifascismo sono da sempre nel dna leghista. E se Conte insiste, qui sarà guerriglia parlamentare”.

Gli fa eco un altro giovane della lega salviniana, Riccardo Marchetti, deputato umbro: “C’era uno slogan della Lega Nord che diceva: né neri né rossi, ma liberi con Bossi”. L’ingegner Dario Galli, leghista storico, esponente della classe dirigente degli amministratori, da sempre fiore all’occhiello del Carroccio, ex presidente della Provincia di Varese, ex sindaco di Tradate, fino all’agosto scorso viceministro allo Sviluppo economico del governo giallo-verde del Conte/1, spiega: “Noi siamo il principale partito di opposizione. Chiaro che siamo una forza responsabile, così responsabile che inascoltati già un mese fa i nostri governatori chiedevano la quarantena di tutti coloro che provenivano dalla Cina. Ci hanno trattati come fascioleghisti, senza capire che noi siamo una forza storica, che noi siamo la nuova Democrazia cristiana, trasversale, perché un partito che supera il 30 per cento è chiaro che rappresenta un po’ tutti, dal ceto medio alle classi lavoratrici”.

Ricorda Galli: “Proprio dalla Dc veniva la prima delle Leghe: la Liga veneta, in quel Veneto dove lo Scudo crociato prendeva oltre il 50 per cento e ora noi tocchiamo punte del 60 per cento”. Non sembra proprio alle viste un governo di unità nazionale, tanto più, secondo gli umori del principale partito di opposizione, se guidato da Conte. L’ex viceministro dell’Economia Massimo Garavaglia, bocconiano, leghista molto vicino a Giorgetti, fa una battuta: “Uno qualsiasi al posto di questo andrebbe bene”. Ma la Lega punta alle elezioni, dopo un percorso ordinato. “Anche perché se arrivano al 2023 qui si rischia di trovare solo macerie”, paventano ai piani alti di Via Bellerio, come per mettere le mani avanti rispetto alle responsabilità “di altri quando noi e il centrodestra torneremo a governare”. Perché “tanto prima o poi a votare si andrà” sottolinea sempre Salvini.

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