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Beate convergenze. Così la Cei soccorre Conte (e il governo)

Non chiamatelo partito cattolico. Giuseppe Conte non ha di queste velleità. Il presidente del Consiglio lo mette in chiaro a favor di telecamere. “Lo dico per i giornalisti presenti, non sto parlando di un nuovo partiti dei cattolici, ma, evidentemente, di un’impostazione culturale”. È venuto a portare il suo saluto all’Ucid (Unione cristiana imprenditori dirigenti) per il suo 73esimo anniversario (qui tutte le foto). Al suo fianco, fra gli altri, siede il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei (Conferenza episcopale italiana). Più in là fa capolino, discreta, la prima cittadina Virginia Raggi.

A Palazzo Altieri, sede dell’Abi a Roma, l’alto parterre istituzionale è chiamato a parlare di economia, società, lavoro. Dal pubblico di imprenditori, vecchi e nuovi nomi della storica associazione cattolica, emerge qualche voto noto. Su tutti il ministro per la Famiglia Elena Bonetti e il presidente della Banca nazionale del lavoro Luigi Abete. Riccardo Ghidella e Gianluca Galletti, presidenti uscente ed entrante dell’associazione. Il senatore Riccardo Pedrizzi, che ne presiede il comitato scientifico, e l’ambasciatore italiano alla Santa Sede Pietro Sebastiani. Più defilato, appoggiato alla parete, un pensoso Pierferdinando Casini.

Conte sale in cattedra, spogliandosi per un attimo delle vesti di premier e rimettendo quella del professore. Il discorso è una lunga celebrazione del “nuovo umanesimo” di cui ha fatto una questione identitaria da quando è entrato a Palazzo Chigi. Uno dopo l’altro, riemergono tutti i riferimenti culturali del mondo cattolico erede della sinistra Dc cui Conte guarda da sempre. Leone XIII. Giuseppe Toniolo. Giorgio La Pira. E poi ancora il Codice di Camaldoli, i padri costituenti. Sullo sfondo, Alcide De Gasperi, il fondatore della Dc cui spesso il premier si richiama (il giorno della crisi di agosto, non a caso, aveva cercato rifugio nella casa della figlia primogenita dello statista trentino Maria Romana), direttamente e ancor più velatamente, avendo adottato una massima del suo autorevole predecessore: “Avanti al centro guardando a sinistra”.

L’appuntamento all’Ucid arriva a coronamento di due settimane di tappe serrate. La visita ad Assisi, dai francescani, per assistere al lancio del manifesto per “un’economia a misura d’uomo”. La settimana dopo, l’incontro con il direttore de La Civiltà Cattolica, padre Antonio Spadaro, e il segretario di Stato Vaticano, il cardinale Pietro Parolin, con cui condivide un passato di studi nel collegio di Villa Nazareth. Questo mercoledì il 91esimo anniversario dei Patti Lateranensi a Palazzo Borromeo, a ricordare “il grande contributo sociale” della Cei e la “grande convergenza” con la Santa Sede.

A Palazzo Altieri le beate convergenze del premier sono ancora più evidenti. Lui sposa in pieno l’“economia di comunione” cara a papa Francesco, ribadisce “la centralità della persona umana”, la tutela dei “diritti sociali che appartengono all’uomo in quanto tale” e dunque “preesistono allo Stato”. Bassetti ricambia spezzando una lancia a favore suo, e del governo. “La stabilità politica – risponde a chi gli chiede un parere sulle continue scosse sismiche in casa rossogialla – è un valore in sé: se un governo dura può provare a risolvere i problemi, ma se i governi cadono e cambiano in continuazione, poi si deve ricominciare sempre da capo”.

Il destinatario neanche tanto implicito è il leader di Italia Viva Matteo Renzi che continua a minacciare uno strappo e, parola di Conte a margine del convegno, rivolge al governo “ricatti” che non saranno più “accettati”. “Un governo che dura dà stabilità al Paese – rincara il presidente dei vescovi – questo è evidente. Quando ci si trova a trattare e ci sono continui cambi di governo, poi si deve sempre riprendere la lezione al punto in cui si era rimasti”.

La politica resta nell’atrio del palazzo ma non dà forfait all’evento. E, fra le righe del discorso del premier, soprattutto delle parti a braccio, si può leggere più di un riferimento agli affari di casa. Non solo in direzione Italia Viva. Quando Conte, ad esempio, sottolinea la necessità di dare agli italiani “riferimenti sicuri” e di appianare “le polemiche”, o quando ancora spiega che “il lavoro non è una mera fonte di reddito, ma lo spazio attraverso cui un uomo esprime a pieno la sua personalità”, perché “l’occupazione è la dimensione imprescindibile della dignità”, marca un terreno che non necessariamente coincide con tutti i suoi compagni di viaggio. La distanza con il mondo dei Cinque Stelle è palpabile, quando si sofferma sull’urgenza di “recuperare, sia nelle relazioni interpersonali sia nella dimensione pubblica, soprattutto nella politica, un metodo e un linguaggio mite, sobrio, autentico, responsabile, rispettoso dello Stato e delle sue istituzioni”.

Se un partito dei cattolici non esiste (e forse non deve esistere), resta da capire se esista un partito di Conte in fasce. Quale che siano i piani del premier, non si ridurranno a colpi di mano parlamentari. “Secondo voi il presidente del Consiglio va in Parlamento e cerca altre maggioranze? No signori, non sono io”, chiosa secco ai giornalisti, che si appassionano a uno sfortunato scivolone dell’avvocato, quando bacchettando Italia Viva la ribattezza “Forza Italia”. Il premier prova a ritrattare, ma è troppo tardi. I cronisti si congedano, chiedendosi se sia stato un semplice lapsus.

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