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Dal coronavirus una mazzata per il turismo a Roma

Oltre 400 milioni di euro. Tanto potrebbe costare a Roma e nel Lazio l’effetto disdetta nel turismo a causa della psicosi da coronavirus. Tutto questo perché i turisti cinesi rappresentano una risorsa importante per la Capitale basta considerare che lo scorso anno le presenze hanno raggiunto i 3 milioni, aumentate del 2,5% rispetto al 2018 e del 17% negli ultimi 10 anni, con Roma che resta la meta più ambita dopo Parigi. I dati sono stati diffusi da uno studio della Uil, elaborato in collaborazione con Eures dove si evidenzia che nel Lazio ci potrebbero essere a causa delle disdette che cominciano a fioccare dei mancati introiti per 1,2 milioni di euro al giorno (35 milioni in un mese, 425 nell’arco del 2020). Ma non solo.

Il crollo della domanda turistica potrebbe comportare anche la perdita di 10 mila posti di lavoro, scenario che ovviamente preoccupa visto che la Capitale vive soprattutto grazie ai servizi legati al turismo che non sono solo quelli alberghieri ma anche della ristorazione e delle visite guidate. “Certo che siamo preoccupati” ammette a Formiche.net l’assessore al Turismo di Roma Capitale, Carlo Cafarotti “dobbiamo analizzare i dati a consuntivo sulle cancellazioni, in questa fase non mi diletto a fare stime che sarebbero non veritieri però siamo ovviamente colpiti dal fenomeno anche perché abbiamo puntato molto sul turismo asiatico e quindi è evidente che il contraccolpo è forte anche perché il turismo cinese è quello che è cresciuto di più in questi anni ed è quello con il potenziale più alto”.

Per Alberto Civica, segretario generale della Uil Lazio quello che in questa fase bisogna evitare è il panico e l’allarmismo generalizzato. “Purtroppo la diffusione del coronavirus, la cattiva informazione e la paura hanno messo in quarantena l’intera comunità cinese”, ha spiegato. “Si è trovato un nuovo nemico da isolare, da ghettizzare. Non si vuole sminuire la gravità del nuovo virus, ma cercare di puntare sulla razionalità e sull’informazione, che dovrebbe essere puntuale e scientifica. Un crollo della loro economia comporta inevitabilmente un calo della ricchezza del Paese e della regione”.

Ma il problema non riguarda solo Roma e il Lazio. Secondo elaborazioni del Cst per Assoturismo Confesercenti, se e solo se i contagi si stabilizzeranno entro marzo, la stima più ottimistica fa prevedere un meno 30% per le presenze di turisti cinesi. I flussi del 2020 potrebbero segnare così un calo di 1,6 milioni di cinesi e di circa 11,6 milioni di altri turisti stranieri, con una flessione complessiva a fine anno del 3,3%.

Oltre al Lazio le regioni più colpite saranno Toscana, Veneto e Lombardia che insieme raccolgono oltre l’80% dei pernottamenti dei cinesi. Gli incassi turistici potrebbero calare di 1,6 miliardi ma i contraccolpi si sentirebbero anche sul Made in Italy se si pensa che ogni turista cinese nel 2018 aveva fatto acquisti per 1.167 euro in Italia. Intanto il governo con il tavolo aperto a Palazzo Chigi proprio sugli effetti del coronavirus sta cercando di correre ai ripari e di studiare una strategia che possa venire incontro alle esigenze delle imprese non solo quelle dell’export ma anche quelle legate al turismo. Una prima ipotesi che è circolata era quella di considerare il coronavirus come una “calamità naturale” e quindi di prevedere la sospensione degli oneri fiscali per le imprese coinvolte. Ma questo appare un terreno molto scivoloso anche perché è difficile riuscire, in tempi brevi, a mappare le imprese realmente coinvolte.

La speranza, anche degli operatori del settore espresse alla Borsa del Turismo di Milano che hanno criticato anche il blocco dei voli per la Cina, è che l’emergenza rientri il prima possibile anche per via delle manifestazioni che maggiormente attraggono i turisti asiatici nel nostro Paese come ad esempio quella di aprile con il Salone del Mobile una delle più grandi vetrine per il settore legno arredo d’Europa.



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