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Coronavirus? La Cina ne avrà fino all’estate. E l’Italia…Parla Forchielli

“Sono qui, al sicuro, in mezzo alle montagne. Per ora in Cina non ci torno”. Alberto Forchielli, imprenditore e fondatore di Mandarin Capital Partners, parla da Luang Prabang, in Laos. Abituato per lavoro a solcare in lungo in largo il Sud-Est asiatico e la Cina, si è fatto un’idea degli effetti di lungo periodo che l’emergenza Coronavirus avrà sulla crescita del Dragone. E sull’Italia, che per prima ha chiuso i voli da e per la Cina, dice: “È emersa la vera natura del Paese”.

Forchielli, lo Spallanzani ha isolato il virus.

Ma sì, una buona notizia. Però non esageriamo a parlare di orgoglio nazionale. Il nostro Paese è sempre in cerca di orgoglio, e si accontenta di poco. Abbiamo isolato il Coronavirus, non abbiamo trovato il vaccino.

Ma è un passo avanti, o no?

Certo, ma non risolve la questione di fondo. Non sappiamo con precisione in quali parti dell’Europa si sia sparso il virus. Inoltre non siamo stati i primi a isolarlo.

Ci è arrivata prima la Cina, ovviamente.

Le informazioni fornite dal governo cinese non sono state risolutive. Hanno condiviso il dna, ma non era preciso. Se fosse stato per i loro dati non sarebbe stato possibile isolare il virus.

Il governo ha chiuso subito i voli da e per la Cina. Non è una precauzione esagerata?

Siamo stati i primi al mondo a fare qualcosa, non capita spesso. Diamo credito a Conte di aver reagito con prontezza.

Ma serve?

Sicuramente ha avuto un effetto spillover. Ci hanno seguito tutti, in Europa hanno iniziato a bloccare i voli dalla Cina. Cambia qualcosa? Nel nostro caso no, la maggior parte dei cinesi non arriva con un volo diretto ma facendo scalo, spesso in Germania.

Può avere effetti sui rapporti con Pechino?

Diciamo che questa volta è emersa l’anima vera del Paese, che è uno dei più anticinesi al mondo, secondo alcuni sondaggi più del 50% della popolazione prova diffidenza verso il Dragone. Non so se c’è un rigurgito razzista, di certo c’è un diffuso sentimento anti-esterofilo.

Perché?

In questi anni l’Italia ha sofferto molto dalla Cina, che come è noto ha un saldo di bilancio dei pagamenti negativo. Siamo stati tra i Paesi europei che più di tutti hanno sofferto la concorrenza cinese, specialmente in settori a basso livello di tecnologia, tessile, scarpe, mobili. Per non parlare delle aziende italiane in pellegrinaggio in Cina senza alcun supporto.

Qualcuno nel governo avrebbe preferito una linea più prudente…

Probabilmente Di Maio, è sempre stato filocinese e con lui lo è gran parte della sinistra italiana. Come Prodi si è attaccato alla Via della Seta. Nel caso della sinistra si parla di antiche affinità, da quando il Partito comunista cinese faceva i raduni insieme alla Fgci.

Forchielli, cosa non va in questa Via della Seta?

Non esiste. Se esistesse avremmo saputo qualcosa di contratti firmati, nuove assunzioni. Al porto di Trieste, di cui tanto si è parlato, non si è mossa una foglia.

Quindi sono infondate anche le preoccupazioni?

Io non sono mai stato preoccupato. Semmai desolato, ad assistere alla figuraccia di un Paese che ha fatto le corse per aderire alla Via della Seta senza avere nulla da guadagnarci. Tant’è che in un anno il nostro export verso la Cina, che doveva essere il piatto forte del progetto, è andato peggio di tutti gli altri Paesi europei.

Torniamo al Coronavirus. Ci saranno effetti di lungo periodo sull’economia cinese?

Si avrà una chiusura prolungata, quando chiudi un Paese da un miliardo e mezzo di persone non è facile riaprirlo, l’isolamento durerà con ogni probabilità fino all’estate.

Dove ci saranno ricadute?

Sull’export, senza dubbi, ma anche sulle importazioni. E infatti gli americani hanno colto la palla al balzo e hanno già dato il via allo spostamento di una parte della supply chain, a iniziare dall’automotive. Con la benedizione di Trump, ovviamente.



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