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Coronavirus, la politica faccia rete (come i cittadini). I consigli di Ghisleri

Tra i cittadini non c’è voglia di unità, ma di fare rete. Sceglie con cura le parole Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research, raggiunta telefonicamente da Formiche.net per capire lo stato d’animo dei cittadini rispetto al coronavirus e cosa dovrebbe fare la politica in questi momenti. Ma la crisi sta blindando il governo? “Non è possibile saperlo”, spiega Ghisleri, perché al momento l’attenzione maggiore è spostata sulla necessità di affrontare l’emergenza senza polemiche politiche di contorno.

Il coronavirus sta cambiando anche l’equilibrio politico?

Noi stiamo misurando costantemente i livelli della paura, della volontà per costruire qualcosa di utile nei confronti della comunità e quello che emerge è che i cittadini desiderano fare rete e, soprattutto nelle zone al nord, si sentono preoccupati ma allo stesso tempo desiderosi di agire per poter trovare una soluzione al problema.

E la politica?

È evidente che la politica si deve dimostrare molto più responsabile, quindi limitando gli attacchi e cercando di fare rete a livello globale.

C’è quindi una voglia di unità?

No, ho detto “fare rete” di proposito, perché vuol dire essere collaborativi e costruire un percorso. Non è quindi stare insieme, ma aiutarsi vicendevolmente, ed è una cosa diversa. Anche la politica più che fare unità dovrebbe fare rete perché si va tutti nella stessa direzione e siamo tutti nella stessa posizione.

A partire dalle regioni coinvolte?

Tutte le regioni dove è stato rintracciato il virus sono anche quelle che hanno una sanità migliore e rappresentano la percentuale più alta del Pil italiano. Nelle altre regioni il timore è molto forte perché evidentemente sentono un forte squilibrio nelle prestazioni. È un nemico invisibile, questo che ci troviamo ad affrontare, e ciò che ancora non si conosce bene intimorisce. Questo rende necessaria una rete di contatti, informazioni e di tutele a tutti i livelli. A chi governa in situazioni del genere è chiesta una grande responsabilità e delle grandi prese di posizione, e per quanto gravi siano le indicazioni scelte devono essere prese, ripeto, con grande senso di responsabilità.

Questa emergenza potrebbe blindare il governo?

Questo non è possibile stabilirlo, anche perché di mezzo c’è la salute delle persone. Noi siamo molto bravi e abbiamo dimostrato sempre con la nostra Protezione civile di avere un sistema che può riuscire ad essere utile per tutti. Siamo in grado di mettere in moto una protezione che genera una rete di aiuti, per cui credo che questo sia il desiderio maggiore. Tutto il resto va in secondo piano. A chi governa, a livello nazionale, regionale e comunale, è richiesta una responsabilità più ampia.

Se da Salvini dovesse arrivare una richiesta di dimissioni del governo per come è stata gestita la crisi, che effetto avrebbe?

Non abbiamo ancora testato una possibilità del genere, perché la situazione necessita uno sguardo a 360° e non parziale, cioè uno sguardo complessivo che al momento non ha margine di valutazione. C’è certamente una situazione di difficoltà che sta interessando il nostro Paese verso cui gli italiani sono molto più attenti rispetto alle beghe di governo o politiche.

Passiamo invece ai numeri delle ultime settimane: il Partito democratico sta crescendo davvero nei consensi?

La Lega rimane per noi al di sopra del 30%, il Partito democratico intorno al 20% guadagnando fino a 3, 4 punti percentuali – forse anche di più in determinate aree – che arrivano dal Movimento 5 Stelle. Tutti gli altri partiti sono più o meno stabili, e parliamo dei dati di giovedì perché quelli nuovi sono ancora in rilevazione, per cui non registriamo un calo forte della Lega ma piuttosto una stabilità.

Tra le forze politiche in crescita c’è anche quella di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia. Può essere un problema per Salvini?

A livello di equilibrio il loro è un rapporto due a uno, è evidente che pescano in un elettorato molto contiguo, e questo potrebbe rendere le cose un po’ più complicate, però sono molto vicini tra di loro. La Lega ha un elettorato molto più ampio e forte dal punto di vista delle convinzioni. Dal canto suo Giorgia Meloni ha un suo elettorato sensibile alla sua modalità di fare politica. Però una concorrenza così spietata non la vedo possibile, i numeri non sbagliano.

Vediamo invece Matteo Renzi: le sue ultime battaglie, su tutte quella sulla prescrizione, hanno portato risultati a livello di consensi?

Ha un certo tipo di appeal, soprattutto rispetto l’elettorato di riferimento, però certo non cresce. Viaggia, nei momenti in cui è più silente, sul 4% mentre nei momenti in cui c’è una polemica più viva e accesa si arriva al 5%.

Le prospettive di crescita future esistono? La vocazione di riempire lo spazio al centro, lo spazio che sta perdendo ad esempio Forza Italia, potrebbe portare a una crescita più ampia?

Su Renzi bisogna fare un discorso molto diverso: dobbiamo ricordarci che lui è riuscito a far raggiungere al Pd il 40, risultato raggiunto anche da Veltroni. Entrambi hanno fatto un discorso molto più laico rispetto agli ideali della sinistra. Lui, Renzi, strizza l’occhiolino a tutti coloro che hanno una visione in quella direzione. È chiaro che Renzi ha anche la necessità di recuperare un’immagine personale e mettersi al centro del dibattito politico. Poi molto dipenderà dalla legge elettorale: fatta la legge, si trovano le alleanze.

Un’ultima domanda proprio sulla legge elettorale: una legge proporzionale non rischia di portare a una minore governabilità?

Tutte le leggi proporzionali favoriscono un dibattito a posteriori per quello che riguarda la stabilità di governo, quindi ognuno corre per sé e la lotta in quel caso diventerebbe all’interno delle diverse aree. Nel centrosinistra il Pd sarebbe in competizione con tutti i piccoli partiti che si sono formati attorno a lui, e nel centrodestra invece sarebbe tra la Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Ecco, in questo senso non è dato sapere se e cosa favorirebbe la stabilità, anche perché non si deve dimenticare l’importanza della soglia di sbarramento: se fosse al 3% sarebbe diverso che se fosse al 5%. Nel secondo caso spingi i partiti a coalizzarsi.


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