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Il coronavirus infetterà anche l’economia? I danni per l’Italia secondo Giacalone

Il coronavirus un costo lo avrà, ma è bene stabilire fin da subito in cosa potrebbe danneggiarci seriamente. Il peso sull’economia cinese, al momento, è valutato fra mezzo e un punto di prodotto interno lordo, su base annua. Significativo, ma non enorme. Il danno maggiore, per il sistema cinese, sarà sul piano reputazionale e della credibilità, sia verso l’esterno che verso la propria opinione pubblica.

Nel mondo non si spostano solo prodotti finiti, ma anche molte componenti destinate a essere integrate o assemblate. Vuol dire che se uno si sente male gli altri non ne hanno un vantaggio, ma a loro volta un danno. E la Cina di oggi non è quella della sars, nel 2003. A questo si aggiunga che l’infezione arriva dopo che il corpo del commercio internazionale era già stato minato dalle iniziative protezioniste e l’imposizione di dazi a scopo concorrenziale. Quindi il danno sarà maggiore.

Per noi italiani sarà più significativo che per altri il danno sul fronte del turismo. Sia in generale, perché contagi e controlli non incentiveranno certo gli spostamenti, sia perché la componente cinese era alta e crescente, per quel che riguarda gli arrivi nel nostro Paese.

Poste queste premesse: viviamo in un ambiente comune e con regole comuni. Quindi il vero danno non sarà l’inevitabile rallentamento complessivo, ma l’eventualità che da noi si traduca in una frenata o, peggio, in uno smottamento. La contabilità sarà davvero dolorosa se dovesse restituirci un allargamento dello svantaggio relativo, posto che quando si arretrava scivolavamo più degli altri, quando si cresceva stavamo alla metà della media dell’Eurozona e ora languiamo, senza virus, a un quarto, la metà della metà.

Le cause sono interne, perché il resto è ambiente comune. E a dimostrazione che le cause sono solo interne ci sono anche i successi, perché le aree competitive del Paese crescono più della Francia o della Germania, sicché non sono le regole esterne a far poi affondare la media.
Prendiamo un dato: il solo governo in carica, il Conte secondo, lasciando perdere l’arretrato, ha emanato solo 2 decreti attuativi sui 169 previsti e 22 sono anche scaduti. Questa incertezza delle regole, o, meglio, questo costume di usare le leggi come bandiere, salvo poi dimenticarsi l’asta e non badare all’attuazione, si riflette anche in campo virus: alcuni di ritorno dalla Cina vanno in quarantena, ripresi da tutte le televisioni, altri tornano dalla Cina, si segnalano alle istituzioni per sapere cosa fare, e per risposta si sentono dire di andare a casa a guardare la televisione. Che senso ha?

E, si badi, l’aggressività e dannosità delle incertezze nelle regole economiche e la debilitazione dell’assistenzialismo improduttivo sono assai più dannosi del coronavirus che, al momento, si segnala come assai meno significativo dell’influenza.



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