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Perché il credito popolare è resiliente alla stagnazione. L’analisi di De Lucia Lumeno

Sono in crescita, seppur lieve, i volumi intermediati del sistema creditizio italiano nel 2019. È questo il risultato di prima e immediata lettura che emerge dall’annuale analisi sul mercato bancario effettuata dall’Associazione fra le Banche popolari. Per comprendere fino in fondo il valore di questo risultato è, però, necessario leggerlo nel più generale contesto del rallentamento “bradisismico” e, ormai cronico, dell’economia italiana la cui gravità, sotto gli occhi di tutti, viene a ridursi, con un giudizio tanto generico quanto superficiale e privo di una minima e seria analisi, allo stanco ritornello dell’“instabilità politica che impedisce le necessarie riforme”.

Sulla base degli ultimi dati disponibili, nel corso del 2019 il prodotto interno lordo italiano si stima dovrebbe essere cresciuto appena dello 0,2 per cento e soprattutto grazie al contributo congiunto dei minimali consumi privati e degli investimenti fissi lordi di mero mantenimento dello status quo. Va anche considerato che nella seconda parte dell’anno sono aumentati i segnali di incertezza sull’andamento dell’economia sia in Europa che a livello globale con una revisione delle previsioni pre­cedentemente effettuate, senza poter tener conto, perché troppo presto per fare previsioni, degli effetti della Brexit, ormai in atto, e, soprattutto, del coronavirus. Dunque, un quadro caratterizzato da molteplici elementi di incertezza e fragilità del quale il nostro Paese non poteva non risentire.

Malgrado questo scenario non certo esaltante, le banche italiane hanno continuato a svolgere il proprio lavoro di finanziamento dell’economia e di consolidamento attraverso processi di riorganizzazione interna dei gruppi bancari e di integrazione o fusione tra soggetti diversi con un ulteriore e significativo calo degli sportelli scesi dai 25.489 del 2018 ai 24.556 del 2019. Una politica di continua razionalizzazione dei costi ha riguardato anche le Banche popolari che però non hanno ridotto la propria presenza e prossimità nei territori assicurando un sostegno prezioso all’economia reale. Gli andamenti degli impieghi alle imprese e dei depositi alla clientela evidenziano una crescita degli aggre­gati in diverse regioni italiane con una dinamica migliore sul lato del passivo nella componente depositi, analogamente a quanto manifestato dal sistema. Dati in continuità si prevedono anche per il 2020 con un aumento della provvista che, per il sistema, sarà del 3,1 per cento e per le Popolari del 3,3 e si concentrerà per entrambi nei depositi. L’incremento previsto degli impieghi vivi è del 2,5 per cento per gli istituti della categoria e del 2,1 per cento per le altre banche. Infine, in base alle stime sull’andamento del conto economico, nell’anno in corso il risultato di gestione dovrebbe salire del 10,5 per cento per le Popolari e dell’11,2 per il sistema bancario nel suo complesso.

Le tendenze che si vanno delineando per il 2020 e per il 2021 evidenziano una crescita della provvista, in particolare dei depositi in conto corrente, e una leggera ripresa delle obbligazioni; una crescita degli impieghi, con variazioni leggermente superiori alla media per le Popolari e una ulteriore riduzione delle sofferenze lorde con una diminuzione del rapporto sofferenze/impieghi alla fine del periodo di previsione (per effetto delle operazioni di cartolarizzazione); un aumento del risultato di gestione nel biennio grazie anche al contenimento dei costi che, unito a una crescita meno accentuata degli accantonamenti, dovrebbe contribuire a consolidare in positivo l’utile netto.

Ancora una volta, prossimità e radicamento territoriale continuano a garantire una funzione efficace, traducendosi in un sostegno all’economia reale e alle comunità che rafforza anche la solidità patrimoniale richiesta dalle autorità di vigilanza. Solo grazie a un sistema fatto di diversità di modelli bancari di governance è possibile assecondare con una certa efficacia un tentativo serio di uscita dalla tenaglia costituita dal binomio recessione-stagnazione che caratterizza da quasi venti anni l’economia reale soprattutto in un Paese come l’Italia con un tessuto produttivo asfittico ma estremamente ricco di piccole e medie imprese.

 

 

 

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