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Un appello per Idlib. Anche a nome di padre Dall’Oglio

Questa notte ho sognato padre Paolo Dall’Oglio, il nostro connazionale, gesuita, sequestrato in Siria nel 2013 perché non ha potuto voltare le spalle ai siriani. Il vecchio rapporto di amicizia con lui e l’angoscia per quanto accade intorno a me e a Idlib me lo ha fatto vedere, mentre dormivo. Paolo mi ha chiesto di sfidare la disumanità della paura e della psicosi invitandoci tutti, con lui e per lui, ad un sussulto di umanità.

Ho sentito la sua voce dirmi che un terribile spettro si aggira per l’Italia e non solo, ma non è il coronavirus. Molti dicono sia poco più di un’influenza, ma il non sapere, la paura del contagio mortale, scuote il nostro Paese e il mondo. E questa grande paura potrebbe essere usata per indurci a lasciare che accada senza che noi lo si noti uno sterminio reale, uno sterminio soprattutto di inermi e innocenti bambini. Ad Idlib.

Domenica all’Angelus papa Francesco ha rivolto un accorato appello per Idlib, per i bambini di Idlib, il nord ovest della Siria dove un milione di persone rischia davvero di morire. Circa la metà di costoro sono bambini. E la loro vita è a rischio in queste ore. L’appello del papa ha scosso quattordici ministri degli Esteri europei. Sono i capi delle diplomazia di Italia, Francia, Germania, Paesi Bassi, Spagna, Portogallo, Belgio, Estonia, Polonia, Lituania, Svezia, Danimarca, Finlandia e Irlanda. Le loro parole sono arrivate infatti di lì a breve, dopo che un numero incredibile di scuole è stato colpito dai raid aerei dei russi e dei siriani e dopo le operazioni militari dei turchi, che proseguono.

Un milione di civili rischiano dunque di morire di stenti e privazioni, di freddo, di fame. Possibile che non abbiamo sentito neanche il papa dirci che tantissimi di loro sono solo dei bambini? I volti dei piccoli assiderati dei giorni scorsi fecero scalpore, poi basta. Ma questa emergenza è veramente mortale, incombe su di loro, ma anche su tutti noi. Quel milione di individui è ancora lì, rischiano tutti un destino atroce. E domani si aggiungeranno o si potrebbero aggiungere altri due milioni e cinquecentomila essere umani, gli altri disperati civili che vivono a Idlib. I capi di tante diplomazie si sono attivati. Ma tu cosa hai fatto? Questo ho sentito che mi chiedeva Paolo Dall’Oglio.  Non ho nulla da dire? Nulla da obiettare? La mia coscienza tace? Sono ripetute da giorni le denunce di Amnesty, altre voci importanti, certamente. Impaurito dal coronavirus non ho saputo distinguere il reale dall’ipotetico? Sì, sono stato assorbito, inghiottito da una liquefazione della mia coscienza individuale. Eppure lo so, lo sappiamo che questo mondo è il nostro mondo. Quello che accade è opera nostra. Dei nostri silenzi, della nostra acquiescenza, o disattenzione.

Scuole bombardate, bambini in fuga verso il nulla. Il muro turco impedisce alla popolazione di fuggire, il fuoco di Assad li incalza senza via di fuga. Erdogan, dopo aver armato l’altra canaglia, i jihadisti, che hanno tormentato questa popolazione, oggi pensa solo ai suoi confini e al suo espansionismo. Analogamente Assad con il sostegno di Putin parla di lotta ai jihadisti, ma in realtà combatte i civili.

Scrivo perché ho promesso a Paolo Dall’Oglio che mi sarei svegliato, avrei detto che è arrivata l’ora di una grande mobilitazione nazionale per la coscienza umana di ciascuno di noi. Sottrarsi vorrebbe dire essere complici. Chiunque voglia unirsi può farlo.

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