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Di Maio cerca il dialogo mentre Haftar bombarda Tripoli

Il signore della guerra dell’Est libico, Khalifa Haftar, ha proseguito anche oggi le azioni aggressive contro Tripoli, pure durante la visita diplomatica del ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio. Nonostante l’obiettivo dichiarato del capo della diplomazia di Roma fosse quello di andare in Cirenaica per consolidare l’anemico cessate il fuoco – che dura da dopo la Conferenza di Berlino di una mesata fa (e teoricamente è stato rafforzato ieri da una risoluzione Onu, su cui solo la Russia s’è opposta) – Haftar ha continuato a martellare la capitale.

Colpi di artiglieria sono caduti su alcuni quartieri abitati e sull’aeroporto Mitiga, l’unico scalo internazionale della Libia, che è stato chiuso per ragioni di sicurezza. Non solo, Haftar ha fatto sapere oggi che non intende permetterne più l’utilizzo alle Nazioni Unite. A differenza del ruolo da interlocutore che gli viene riservato, le situazioni dimostrano che sia il capo miliziano dell’Est che i suoi sponsor considerano l’opzione militare una possibile – se non la preferita – per chiudere la crisi e intestarsi il Paese.

A differenza del ministro italiano, che in ogni occasione non tarda di sottolineare che le armi non sono un’opzione percorribile. “Teoricamente è giusto, ma in pratica se ti siedi a negoziare per la fine di un conflitto aperto escludendo a prescindere qualsiasi genere di opzione militare, parti debole”, chiosa una fonte diplomatica europea che sceglie di restare anonima.

Di Maio doveva incontrare ieri Haftar, ma all’ultimo momento la visita è saltata. Nel quartier generale di al-Rajma, a sud di Bengasi, ieri c’era il direttore del dipartimento Medio Oriente e Nord Africa del ministero degli Esteri francese, Christophe Farno, che ha portato all’autoproclamato Feldmaresciallo un invito in Francia da parte del presidente Emmanuel Macron.

Non è chiaro se il miliziano della Cirenaica abbia dato via preferenziale al francese, oppure se l’incontro sia saltato perché Haftar non riesce fisicamente a reggere più di un vertice (date le sue condizioni di salute non ottimali e l’età avanzata), oppure se non abbia voluto vedere l’italiano per non essere il secondo nella lista degli appuntamenti libici del ministro.

Ieri infatti Di Maio era a Tripoli per incontrare i vertici del Governo di accordo nazionale – quello che Haftar sta cercando di rovesciare da aprile dello scorso anno. Obiettivo di quel vertice – oltre al dialogo sopra quel cessate il fuoco che dagli assedianti viene violato con costanza – era anche l’immigrazione. Roma e Tripoli hanno rinnovato nei giorni scorsi un accordo sottoscritto nel 2017 per tenere chiusi i rubinetti migratori libici – Di Maio ha presentato le modifiche che l’Italia vorrebbe attuare per evitare le violazioni dei diritti umani attestate in questi anni.

“Ciò che sta accadendo in Libia ha un impatto sull’Italia e viceversa”, fa sapere una fonte haftariana ad Agenzia Nova, commentando l’incontro con Di Maio. L’Esercito nazionale libico, il nome altisonante della milizia di Haftar, sta “cercando di imporre la sicurezza e la stabilità in Libia – dice la fonte – dopo aver preso il controllo del 90 per cento del territorio, sconfiggendo i gruppi estremisti e le reti dei trafficanti di esseri umani”.

La narrazione haftariana descrive da sempre tutti gli oppositori come estremisti, sebbene ultimamente la propaganda abbia ottenuto una maggiore validità, visto che la Turchia ha inviato a sostegno di Tripoli combattenti siriani da unità fortemente islamiste.

Ieri, dopo aver ricevuto in audizione il responsabile del dipartimento di Stato per gli Affari del Vicino oriente, Robert Schenker, i congressisti democratici hanno chiesto all’amministrazione statunitense di imporre sanzioni contro Haftar. Secondo il senatore Chris Murphy, potrebbe essere utilizzata formalmente una legge del 2017 studiata contro la Russia, perché il miliziano della Cirenaica ha ricevuto supporto dal Wagner Group, un’agenzia di contractor militari molto vicina al Cremlino già designata dagli Usa sotto il Caatsa.

Murphy aveva già inviato una lettera aperta al segretario di Stato chiedendo che gli Stati Uniti prendessero posizioni severe contro l’influenza russa in Libia. Ieri il premier italiano, Giuseppe Conte, ha chiamato il Cremlino per parlare con Vladimir Putin di come procedere nel “lavoro congiunto” sul cessate il fuoco.

Nel frattempo in tutta la Libia prosegue il blocco delle esportazioni petrolifere portato avanti dalle tribù fedeli ad Haftar. Un altro argomento su cui l’interesse internazionale è molto alto, soprattutto dei paesi produttori che temono uno scombussolamento degli sforzi con cui il mercato sta tenendo controllato il prezzo (e gli americani in fase elettorale sono molto interessati sugli effetti alla pompa).

 

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