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A Difesa del Paese. La visione strategica di Lorenzo Guerini

“Che piaccia o no, nella Difesa si gioca un pezzo importante della nostra sovranità nazionale”. Lo scrive il ministro Lorenzo Guerini sul Corriere della Sera di oggi, rispondendo all’editoriale di qualche giorno fa di Lorenzo Venturini che descriveva “un’Europa in cerca di difesa” tra sfida libica e arretramento degli Stati Uniti dal vicinato del Vecchio continente.

DIFESA E SOVRANITÀ

Il titolare di palazzo Baracchini rilancia così la “cultura della Difesa” nel nostro Paese, uno dei punti focali delle linee programmatiche del suo dicastero”. Occorre “uscire dall’ipocrisia che caratterizza da tempo il dibattito sulla difesa, andando verso una condivisione chiara, precisa e veritiera”. Il punto è superare le visioni spesso ideologiche che contraddistinguono il dibattito italiano, perseguendo una politica condivisa su interessi nazionali che non possono non essere bipartisan. Il percorso è comunque iniziato, e negli ultimi mesi segnali positivi sono arrivati dal Parlamento, sia sul tema F-35, sia sul via libera delle commissioni parlamentari a tanti programmi attesi da tempo.

UNA VISIONE STRATEGICA (E INDUSTRIALE)

È una questione di strategia. “Sta a noi decidere dove vogliamo collocare il Paese in termini di ambizione – scrive il ministro – come intendiamo tutelare i nostri interessi nazionali e, a partire da questo, approntare lo strumento militare funzionale agli obiettivi che ci prefiggiamo, ammodernandolo e adeguandolo alle nuove esigenze”. È in tale contesto che si inserisce il ruolo dell’industria della Difesa. “Investire in difesa significa investire in sviluppo tecnologico e industriale, ricerca, sicurezza e credibilità internazionale”. Di più: “Se la nostra industria è così efficace, è perché è parte di un sistema che la vede lavorare in simbiosi con le nostre Forza armate che, necessitando di strumenti all’avanguardia, la stimolano a essere sempre più efficace e globalmente competitiva”.

LA DIFESA AVANZATA DEGLI INTERESSI NAZIONALI

C’è poi il capitolo missioni, in attesa del nuovo decreto per autorizzare i dispiegamenti relativi all’anno in corso. L’impegno è fondamentale per la proiezione internazionale del Paese, spiega il ministro Guerini. L’Italia “ormai da più di due decenni si colloca tra i primi fornitori di sicurezza nella aree di crisi dove sono in gioco i nostri interessi”. Iraq, Afghanistan, Libano e Kosovo le maggiori operazioni, tutte in attesa di conferma come già anticipato dal titolare di palazzo Baracchini. “Dobbiamo continuare a essere presenti per non disperdere i risultati fin qui conseguiti”. Perché? Per almeno due ragioni, nota Guerini: Perché ce lo chiede la comunità internazionale, ma anche perché in questa macro-regione (il Mediterraneo allargato, ndr) si giocano molti dei nostri interessi nazionali e si colloca la difesa avanzata, funzionale alla nostra sicurezza interna”.

TRA NATO ED EUROPA

In tal senso, “è evidente – spiega ancora il ministro – che la Nato resta la pietra angolare della nostra architettura di difesa e sicurezza”. Tra le righe, una risposta a chi continua a dare per morta l’Alleanza Atlantica, ma anche a chi vorrebbe ridurre il ruolo di ciascun membro a un mero calcolo numero (il famoso 2% del Pil): “L’Italia è il secondo contributore in termini di personale impiegato nelle missioni”. Un’altra specifica per nulla scontata riguarda il concetto di autonomia strategica del Vecchio continente, da perseguire rafforzando “la politica di sicurezza e difesa comune”. Che si badi bene, afferma Guerini, “non va intesa come un’autonomia da qualcosa (qui il messaggio sembra per Parigi, ndr) ma come la capacità di intraprendere azioni che scaturiscano da un’unitarietà di intenti degli attori europei, nell’ambito delle responsabilità”.

IL TEST LIBICO

Il primo e urgente banco di prova è la crisi libica, che pure dimostra come sull’unitarietà europea ci sia “ancora molto da fare”. In Libia, nota il ministro, “il test è particolarmente complesso, gli attori in gioco, statuali e non, hanno agende molto diverse fra loro e quell’unitarietà di intenti che una politica di sicurezza comune richiedere potrebbe sembrare di non facile attuazione”. Eppure, “non per questo non dobbiamo perseguirla”. L’Italia ha indicato da tempo la strada da seguire, ribadita agli alleati Nato ieri dallo stesso Guerini: una soluzione politica, tenendo conto che “non c’è soluzione politica che prescinda da un supporto militare, teso a l rispetto del cessate il fuoco e all’implementazione dell’embargo di armi”.

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