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Donne, quando l’imperfezione è vincente

Donne ed emozioni, donne e sentimenti, donne e sensibilità. Donne con le “antenne” sempre proiettate sul mondo, con il cuore aperto per comprendere desideri, bisogni, speranze.

Ma anche donne con ferrea volontà, determinazione e rigore. Nella vita privata e nell’impegno sociale e istituzionale per la conquista di traguardi un tempo impensabili. Senza mai rinunciare alla propria identità, alla propria femminilità, alla propria unicità.

Sono le donne, oggi, top manager, donne delle alte istituzioni, italiane e internazionali, economiste, giuriste, ricercatrici, artiste. Donne che alimentano passioni e sogni ma che operano in maniera razionale, decisa, con coraggio e pragmaticità.

Ma sono anche le donne insegnanti, impiegate, casalinghe. Un esercito di donne che ogni giorno, dopo essersi preoccupate dei figli – piccoli o grandi che siano – lavorano, organizzano la casa e fanno la spesa, e spesso si occupano degli anziani genitori in difficoltà.

E poi ci sono le nonne, preziosa risorsa, oggi più che mai, di un Paese precario, maestre di vita e anche capaci di sostegno economico oltre che affettivo.

Donne che vivono, tutte, in ogni stagione, pienamente la vita. Una vita che è relazione, legami, condivisione. È il modo, mai perfetto, di abitare il mondo.

Cosa accomuna tutte queste donne? La loro capacità di accettare l’imperfezione e di farne un punto di forza.

La riconoscono, la accolgono, per se stesse e per gli altri. L’imperfezione fa vedere le cose non solo per quello che sono ma per quello che potrebbero essere. Insegna diverse prospettive, regala creatività e dona speranza. Dà fiducia nel cambiamento.

Riconoscere la propria imperfezione è la tappa obbligata per capire e superare i propri limiti. Per cambiare direzione e raggiungere obiettivi inimmaginabili.

Potrà la donna salvare il mondo anche grazie alla sua ‘imperfezione’?

Oltre Greta Thunberg che, con la sua tenacia, ha mobilitato la sensibilità di milioni di giovani nel mondo, sono donne le protagoniste a difesa dell’ambiente. Negli Stati Uniti Alexandria Ocasio-Cortez, in Brasile l’attivista Sonia Guajajara, in Asia l’indiana Vandana Shiva e in Africa la biologa Wangari Muta Maathai (morta nel 2011), Nobel per la pace nel 2004.

E la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, medico, economista, politica, in un’Unione sempre più divisa tra sovranismi e nazionalismi, tra guerre commerciali e difficili rapporti di politica estera, ha presentato il Green New Deal, un progetto da mille miliardi di euro d’investimenti ‘verdi’ per i prossimi dieci anni. “Uno sbarco sulla Luna per l’Unione Europea”, come ha definito il piano ecologico-economico per dimezzare le emissioni in dieci anni ed eliminarle totalmente entro il 2050.

Celebrando i 50 anni del World Economic Forum, ha detto, senza mezzi termini: “Penso che possiamo riconciliare la nostra economia con la protezione della nostra casa. Ma possiamo farlo solo con un capitalismo responsabile, inclusivo e sostenibile che ha cura delle persone”.

E così Christine Lagarde, alla guida della Bce. Atleta della nazionale francese di nuoto sincronizzato, ricorda: “Ho imparato a digrignare i denti ed a sorridere”. Di formazione più politica che economica, aperta alla critica, ha affermato: “Quando non so qualcosa, vi dirò che non lo so”.

E Margrethe Vestager, commissaria europea alla concorrenza che si occupa di combattere monopoli e aiuti di stato, ha preoccupato i giganti dell’economia digitale con le sue maxi multe, con impatto reale sul loro modello di business.

Giovanissime le premier della Finlandia, Sanna Marin (34 anni), nata da due madri, fiera di essere venuta al mondo in una famiglia arcobaleno e la neozelandese Jacinda Ardern (38 anni), agnostica, che, con il velo sul capo dinanzi ai parenti delle vittime dopo il massacro alla moschea Christchurch, ha detto: Noi non arretreremo. Rappresentiamo la diversità, la gentilezza, la compassione. Siamo e rimarremo un rifugio per chi condivide i nostri valori”.

Eccellenza italiana, a Ginevra, Fabiola Giannotti, riconfermata nel 2019 per un secondo mandato come direttore generale del Cern, ha dichiarato: “La scienza è compatibile con la fede e non ci sono contraddizioni. L’importante è lasciare i due piani separati: essere credenti o non credenti, non è la fisica che ci darà risposta”.

In Italia, Marta Cartabia, prima presidente donna della Corte Costituzionale, è l’icona di un cammino per la parità di genere. Il rigore giuridico, con la semplicità del linguaggio, arriva a tutti, uomini e donne di qualsiasi formazione, per comprendere come la Consulta abbia inciso sulle dinamiche sociali e familiari a favore del ruolo della donna nella società. Per adeguare le leggi, progressivamente, nella storia, al sentire comune, per una piena realizzazione di diritti, ruoli e dignità della donna. Un potente detonatore la sua voce, una comunicazione autentica, chiara, volitiva. Da donna. Messaggi che sarebbe auspicabile fossero divulgati dai media con modalità più incisive, per un reale cambiamento culturale della nostra società, soprattutto per i giovani.

Per un’inversione di marcia in un Paese dove la cronaca ci racconta di un femminicidio ogni quattro giorni, nell’incapacità dell’uomo di accettare la perdita del controllo e del possesso sulla donna e la possibilità di un confronto alla pari.

In questo inizio d’anno, abbiamo già visto, dunque, quanto possano realizzare le donne in economia, per l’ambiente e in ogni settore istituzionale. Interpretando bisogni, sogni e desideri della società ed unendo diverse generazioni in progetti condivisi.

Nella dinamica del loro successo e nelle conseguenze positive delle loro responsabilità, forse c’è la piena consapevolezza del valore dell’imperfezione.

Madri, mogli, compagne che hanno vissuto e vivono una vita costantemente “imperfetta” e ogni giorno fanno i conti con stereotipi e barriere invisibili, subdole, impalpabili anche tra le pareti domestiche, nel difficile cammino verso la parità di genere. Mentre, silente, persiste una discriminazione sottile, indiretta, non aperta, quella più insidiosa che espone tutte le donne, senza distinzioni di ruoli, culture, età, a maggiori critiche puntando sempre il dito sui comportamenti. Tanti tabù ancora da cancellare, nel contesto di una ‘imperfezione’ difficile da accettare, condividere, esaltare.

Sono donne che non urlano, non giudicano, combattono l’arroganza, coniugano la solidità della competenza con le mille sfumature della sensibilità. Tra leggerezza e profondità, coraggio e abnegazione, discrezione e inflessibilità, gentilezza e compassione, non cercano la perfezione a tutti i costi. Ma solo la strada giusta per un mondo che hanno la capacità di immaginare migliore, con la speranza di realizzare, forse, l’impossibile.

Queste donne di successo ci fanno interrogare, così, sulla forza che le accomuna tutte. Lottano quotidianamente per affermare il diritto di affermarsi nel lavoro e nel sociale ma anche di essere pienamente donne. Quasi tutte hanno figli, Ursula von der Leyen ne ha sette!

Sono donne “imperfette”?

Come ha descritto Rita Levi Montalcini nel suo “Elogio dell’imperfezione”, una sequenza di mutazioni casuali determinò, tre milioni e mezzo di anni fa, il progressivo aumento del volume del cervello umano e della complessità dei circuiti neuronali.

Da un processo disarmonico nacquero le capacità cognitive dell’essere umano. Una sorta di lievitazione del cervello che si accrebbe di un numero sempre maggiore di pieghe e di circonvoluzioni, per adattarsi allo spazio immutato della capacità cranica.

A differenza di quanto accadde per gli invertebrati. Un cervello semplicemente “perfetto”, soprattutto quello degli insetti, scevro dalle pressioni “selettive” dell’evoluzione.

E, nell’arte, l’opera “imperfetta”, non finita, riesce a trasmettere, più di quella finita, qualcosa che scava nella profondità dell’uomo e che apre lo spazio all’immaginazione, alla fantasia. Per guardare con la luce dell’anima e del cuore. Così, una delle opere più belle di Michelangelo, La Pietà Rondanini, nel marmo appena abbozzato svela il limite e il dolore.

E la tecnica giapponese del Kintsugi ci insegna l’unicità di un’opera attraverso la riparazione di vasi, con venature d’oro e d’argento.

Sarà l’imperfezione a salvare il mondo?

Una pagina di storia tutta da scrivere. Una prospettiva di vita diversa con la consapevolezza, da donna a donna, che, se attuata, cambierà la trama delle relazioni umane e sociali.

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