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Gezi Park, ecco il processo che toglie il sonno a Erdogan

Un totale di 1.376 tra i più di tre milioni e mezzo che parteciparono alla protesta del Gezi Park del 2013 hanno firmato una petizione che chiede l’assoluzione degli imputati nel caso, in vista dell’udienza finale di martedì, durante la quale un tribunale di Istanbul emetterà il verdetto. Il processo contro le proteste di Gezi Park vede alla sbarra 16 imputati, tra cui attivisti, avvocati, giornalisti e attori, che dovranno affrontare un totale di 47.520 anni di carcere con l’accusa di aver tentato di rovesciare violentemente il governo.

LA PETIZIONE

Nella petizione si legge: “Anch’io ero lì per sperimentare la bellezza della protesta e della cooperazione condivisa. Anch’io ero a Gezi, in modo che nessuno potesse interferire con ciò che indosso, quanti bambini ho e se rido o no. Anch’io ero lì, quindi la città in cui vivo non si trasforma in una massa concreta, ero a Gezi perché voglio vivere in pace. Eravamo tutti lì, ciò che era espresso a Gezi erano le aspirazioni e le richieste di questa società e queste non possono essere messe alla prova”.

DISTINGUO

Le ONG hanno chiesto formalmente all’ex primo ministro Ahmet Davutoğlu e all’ex vice primo ministro e responsabile dell’economia, Ali Babacan, di ritirare i loro nomi nel processo Gezi. Il primo nel frattempo ha fondato il Future Party proprio per competere con l’AKP, il partito di Erdogan, mentre Babacan dovrebbe annunciare presto un movimento politico separato.

A PROCESSO

Ma è al giorno dopo il pronunciamento del tribunale che tutti guardano. Tra gli osservatori più attenti e direttamente coinvolti c’è l’attivista e imputato Yiğit Aksakoğlu, che dalle colonne del New York Times ha lanciato strali contro il regime erdoganiano. Il verdetto, ha detto, sarà “il funerale della società civile in Turchia”, con la prospettiva che, dopo i sette mesi di carcere preventivo che ha già dovuto subire, venga condannato ad una pena pluriennale. Si apprende inoltre che il procuratore generale che guida il processo sarebbe intenzionato a pronunciare verdetti di colpevolezza caratterizzati da ergastoli senza libertà vigilata, non solo per lo stesso Aksakoğlu, ma anche per l’architetto e attivista olandese Mücella Yapıcı, e per Osman Kavala, il filantropo turco e uomo d’affari che ha già scontato tre anni di detenzione preventiva.

SCENARI

Il processo a Gezi potrebbe sfociare in un “conflitto tra cricche all’interno dello stato” ed essere la leva per una “rottura radicale” tra la Turchia e l’Europa, ha dichiarato Ayşe Buğra, accademica turca e moglie di Osman Kavala. Ovvero essere lo strumento tra l’incudine e il martello, ma giocato sulla pelle di gente innocente. Come rappresentante turco della ONG olandese Bernard van Leer Foundation Aksakoğlu ha progettato programmi per migliorare lo sviluppo dei bambini nelle comunità urbane svantaggiate.

Il suo prossimo progetto è relativo a campi da gioco per bambini in collaborazione con il Comune di Istanbul e il suo famoso sindaco (in opposizione a Erdogan) Ekrem İmamoğlu, figura emergente del panorama politico nazionale e probabile front-man del polo anti erdoganiano. Secondo l’attivista, il governo ha rovinato la vita degli imputati di Gezi, trattandoli “come un piccolo cambiamento nelle loro tasche”.

QUI ISTANBUL

Un osservatorio privilegiato è quello del primo cittadino di Istanbul, Ekrem İmamoğlu che ha annunciato il suo pubblico sostegno ai 16 imputati nel processo Gezi. “Sembra un procedimento legale, tuttavia, è come un’esecuzione stragiudiziale”, ha detto. Ma Imamoglu non è un sindaco come come gli altri: lo scorso 23 giugno ha vinto la competizione elettorale a Istanbul dopo la sua cacciata il 6 maggio scorso per le pressioni esercitate sul Consiglio elettorale supremo (Ysk) dal presidente.

Lo stesso presidente, considerato che le elezioni locali hanno rappresentato una primizia contro il suo strapotere, sta immaginando una serie di nuove norme proprio al fine di limitare i poteri dei sindaci in tutto il paese. Merito dei decreti presidenziali varati la scorsa primavera nati per ostacolare il lavoro dei sindaci dell’opposizione che ora gestiscono i comuni in precedenza guidati dall’Akp. L’esecutivo ha tolto dalle prerogative dei sindaci la nomina dei vertici delle imprese municipalizzate, per trasferirla ai consigli locali ancora guidati da esponenti dall’Akp. Si tratta di realtà che maneggiano un quantitativo significativo di denaro e di influenze, quindi molto appetibili.

twitter@FDepalo

 

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