Oggi il signore della guerra dell’Est libico, Khalifa Haftar, è stato a Mosca per incontrare Sergei Shoigu, il ministro della Difesa e sostiene di aver ottenuto un punto condiviso: “Un accordo politico è l’unica opzione per il Paese”. Secondo il comunicato russo i due hanno discusso della necessità di implementare le decisioni prese dalla Conferenza di Berlino, che è quella che ha sancito l’inizio formale del cessate il fuoco – che Haftar viola con quotidianità, per esempio ieri ha bombardato il porto di Tripoli, attacco che ha fatto saltare il sistema di de-conflicting 5+5 condiviso con Tripoli come follow-up della riunione tedesca.
Val la pena ricordare che la tregua era stata decisa qualche giorno prima della conferenza sempre a Mosca, in una riunione tra delegati russi e turchi in rappresentanza reciprocamente di Cirenaica e Tripolitania – sebbene le due realtà in guerra siano piuttosto frazionate e abbiano diverse categorie di aiuti esterni, soprattutto quella orientale.
Haftar e Shoigu si conoscono da tempo, perché il link libico russo è gestito per buona parte dai comandanti del Cremlino: sono loro ad aver incontrato sulla portaerei “Kuznetsov” il capo miliziano dell’Est nel 2016, aprendo i contatti con Mosca. Sono loro ad aver deciso di inviare dei contractor militari del Wagner Group per coordinare l’avanzata con cui Haftar intende rovesciare il governo internazionalmente riconosciuto (Gna). Sono stati quei mercenari russi – tutti ex forze speciali, ben addestrati ed equipaggiati – a mettere un po’ di ordine allo sgangherato fronte impostato dal signore armato della Cirenaica a sud di Tripoli.
E gli effetti si erano visti: cecchini e nuovi armamenti per qualche settimana avevano fatto la differenza, addirittura i sistemi anti-aerei avevano abbattuto un drone americano e un altro italiano credendo che fossero mezzi turchi a sostegno delle forze della Tripolitania. Una vicenda che per l’Italia è stata evidentemente superabile – tant’è che ieri a Villa Madama c’è stato un bilaterale 2+2, Difesa-Esteri, che soltanto la prudenza del ministro Lorenzo Guerini ha evitato di far diventare in un’esposizione eccessiva, uno “scivolone” come l’ha definita una fonte diplomatica.
La questione del drone è tutt’altro che dimenticata invece dagli americani. Il Pentagono ha denunciato il comportamento scorretto russo, che non solo ha abbattuto l’aereo per errore, ma non sta riconsegnando i rottami agli Usa. Ragione per cui la scorsa settimana i Democratici al Congresso hanno proposto di sanzionare la Russia, per l’appoggio ad Haftar in Libia, per l’abbattimento del drone e per le scorrettezze sui rottami. Ufficialmente il Cremlino s’è sempre sganciato dalla ricostruzione sull’accaduto, ma d’altronde Mosca non ha mai ammesso di aver contractor sul suolo libico.
Ora però, secondo quanto descritto da diverse fonti locali, i russi non si trovano più al fronte. Seguono dalle seconde linee sia perché sul teatro libico è entrata in armi la Turchia, a supporto di Tripoli; sia perché a Mosca è in corso uno scontro di interpretazioni. Alla Difesa sostengono la linea forte su Haftar, agli Esteri interpretano un coinvolgimento più leggero – essenzialmente legato all’evitare di sovrapporre la crisi libica con il coinvolgimento profondo in Siria.
Proprio la questione siriana, dove Turchia e Russia sono in una fase delicata dei rapporti nell’ambito della campagna governativa sullo pseudo protettorato turco di Idlib, potrebbe essere dietro ai passaggi segnati nella visita di oggi. Anche perché oggi ci sono stati contatti tra turchi e russi che non sono andati affatto bene. La linea espressa da Shoigu, simile a quella tenuta fin qui dalla diplomazia russa, potrebbe essere dunque motivata dall’evitare un ulteriore inasprimento nella situazione libica che potrebbe acuire il fronte siriano. Ma va anche detto che Haftar quando si trova in certi consessi acconsente sempre a posizioni di facciata per poi proseguire con la sua campagna di conquista definitiva. Ieri a Bengasi, roccaforte haftariana, c’era l’ambasciatore americano, a cui il miliziano ha garantito altrettanto.