Meloni è un soggetto politico autonomo, più rassicurante rispetto alle intemperanze (anche in politica estera) di Salvini, che invece è un demagogo popolaresco: se la destra dovesse vincere nelle urne, la prima potrebbe essere vista meglio per la corsa a Palazzo Chigi. Lo dice a Formiche.net il prof. Carlo Galli, uno dei politologi pià apprezzati del nostro Paese che “scompone” idealmente i due leader dell’opposizione per analizzarne scenari e posture.
Meloni rischia “l’effetto Fini”?
Quello fu l’effetto del distacco di un personaggio politico da Berlusconi, a cui doveva tutto. E con, contemporaneamente, un grande rovesciamento etico-politico delle posizioni: l’ingresso di Fini non solo in una destra presentabile, ma anche patriottica e istituzionale. Andò malissimo, nonostante la sponsorizzazione di tutte le forze politiche e di buona parte dei media.
Perché non attecchì?
Perché è un tipo di destra che in Italia non ha mai avuto spazio. In realtà Meloni non sta facendo un’operazione analoga. Intanto non deve la sua esistenza a Salvini ma si è guadagnata da sola, con le unghie e con i denti, consensi e attenzioni internazionali all’interno del suo partito, sconfiggendo altri personaggi come La Russa. Meloni è un soggetto politico autonomo, non ha bisogno di fare delle riconversioni.
Qual è la grande differenza con Salvini?
Entrambi praticano il populismo, ma con stili diversi: quello di Salvini è molto più popolare e al limite del popolaresco, mentre quello di Meloni è più tradizionale. FdI incarna un’offerta politica diversa rispetto a quella salviniana, ma non più moderata perché è sempre una proposta accesa e di destra, fatta salva la rottura col passato fascista. Ricordo che Meloni si è iscritta al gruppo conservatore europeo.
Le sfumature sulla politica internazionale che peso specifico hanno?
Dentro la politica internazionale oggi va ricompresa anche la politica economica. Mentre la posizione della Lega è ambigua, quella della Meloni è assolutamente allineata con l’Europa e con gli Usa per ciò che concerne la filosofia politica-economica. Non dimentichiamo che Salvini ha flirtato con Putin: un fatto che in sé non è una cosa particolarmemte brutta. Ma Putin è visto dagli Usa come un competitore strategico. La Lega contiene in sé una quota di posizioni violentemente critiche, sia dell’Europa sia dell’euro, che hanno un certo spazio.
La presidente di FdI dice che ha i piedi ben piantati per terra, ma anche che non si farà mettere i piedi in testa da nessuno. Come potrebbe cambiare la geografia del centrodestra?
Sostanzialmente Meloni figura come un partito di destra conservatore bavarese, abbastanza aspro nelle posizioni, ma fondamentalmente rassicurante sotto alcuni punti di vista, per gli americani e per la leadership di fatto dell’Europa. Salvini lo è molto meno.
La preoccupazione di Salvini cela il timore per un’alleata meno citofonista e più apprezzata oltreoceano?
Sì. Anch’io ho l’impressione che Salvini (che deve studiare di più) si stia accorgendo del fatto che chi fino ad oggi era l’alleato minore possa perfino essere oggetto di un robusto investimento politico da parte di qualcuno fuori dalle Alpi, o addirittura al di là dell’oceano. La capacità del leghista di parlare agli strati più deboli e arrabbiati da sola non basta e Salvini non lo ha compreso. In Emilia le città capoluogo gli hanno votato contro, mentre ha incassato l’Appennino e la pianura bassa verso il Po. Non può bastare.
Nel nuovo mondo del proporzionale, quanto inciderà la forza elettorale tra Salvini e Meloni? Potrebbe spuntarla paradossalmente chi ha meno voti?
Diamo per scontato che si passi al modello proporzionale, il che implica che si vada alle elezioni dopo il referendum sul taglio dei parlamentari: non è ancora deciso ma è probabile che vada a finire così. In un contesto proporzionale simile, vista la palesissima predominanza elettorale delle destre in Italia e con la quasi scomparsa del M5s, non è affatto detto che il leader del partito più grosso abbia l’incarico da parte del presidente della Repubblica.
Non mancano i precedenti…
Nella parte finale della Prima Repubblica, da Spadolini in poi si erano riaperti i giochi. Certo, bisognerebbe poi spiegarlo a Salvini, ma potrebbe anche essere una condizione “imposta”. Ovvero qualcuno potrebbe pensare: “noi non ci fidiamo di Salvini, il quale sappia che se vorrà tornare al governo, dovrà essere disposto a sacrificare la posizione di Primo Ministro”. Può darsi che il tutto dipenda anche da chi (e da come) vincerà le elezioni in Usa, ma il superiore tasso di affidabilità che al momento ha Meloni, potrebbe spingere qualcuno a dare il via libera ad un governo delle destre in Italia, guidato da una persona leale verso la Nato e che abbia meno frequentazioni russe.
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