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Lega in piazza, FdI sui dossier. Così il destra-centro si prepara alle regionali (e anche al governo)

Verso le regionali: Lega in piazza, Fratelli d’Italia sui dossier. Il destra-centro di domani (ma prima ancora, di oggi) si posiziona sullo scacchiere politico con una postura diversa, anche se evidentemente complementare in vista dell’obiettivo finale, le urne. E marcia, con truppe e carovane al seguito, con accenti e sfumature peculiari che ne stanno caratterizzando il percorso. All’orizzonte le regionali di maggio, ma con nel mezzo un occhio vigile sui destini del governo Conte.

DOPO L’EMILIA

Al di là dell’apporto delle Sardine, anche in via Bellerio hanno maturato la consapevolezza che in Emilia Romagna a giocare un ruolo decisivo è stata l’ostinazione con cui si è puntato su Borgonzoni. Quello l’anello debole di una campagna che ha portato la lista leghista vicinissima al vertice, se si pensa che il Pd è stato il primo partito con il 34,7% e 744mila voti mentre la Lega ha ottenuto il 32% e 685mila voti. Bonaccini e il suo 51,4% valgono un milione e 190mila voti, mentre Borgonzoni si è fermata al 43,7% con un milione e diecimila voti. Per cui Matteo Salvini ha capito che al di là della macchina organizzativa, rodata e oliata anche sui social, non c’è un Maradona tra i suoi candidati (come ha detto testualmente nel suo tour in Campania di ieri), quindi bisogna scegliere meglio chi sui territori cerca la leadership.

TUTTO IN DISCUSSIONE?

Una tesi che, però, si contrappone alla determinazione con cui in questi giorni il leader leghista sta rimettendo in discussione gli accordi per le regionali di Campania e Puglia, dove dal meeting di Arcore venne fuori l’assegnazione a Forza Italia (Stefano Caldoro) e Fratelli d’Italia (Raffaele Fitto). L’ex governatore campano, secondo i patti iniziali, potrebbe sfruttare, così come fatto da Jole Santelli in Calabria, il pregresso targato Pd e vincere proprio come alternativa al gruppo che fa capo a De Luca.

Invece in Puglia l’ex ministro delle politiche regionali nel governi Berlusconi, attualmente eurodeputato, vanta anche un sondaggio che lo dà sopra il 45%, confinando al 32% l’attuale presidente della Giunta, Michele Emiliano. Numeri e considerazione che, da soli, sarebbero sufficienti a chiudere definitivamente la partita sulle candidature in un momento in cui, di fatto, la corsa alle liste è già avviata. Ma la Lega dice ancora no, perché orientata su nomi della società civile che siano di cesura rispetto al passato.

IN COMPETIZIONE

Si prenda la Puglia, dove Fitto è già operativo nell’organizzazione delle forze in tutte le province, forte dei consiglieri uscenti, tutti transitati in FdI dalla sua lista Oltre. Ignazio Zullo cinque anni fa prese 7.300 voti, Saverio Congedo più di 9.000, Renato Perrini 6.700 e Francesco Ventola 8.100. Velleitarie altre ipotesi interne in alternativa a Fitto. Difficile (ma non impossibile) per i leghisti fare meglio: questa la ragione per cui ai reiterati tentativi di Salvini di mettere in discussione il nome di Fitto come candidato Governatore (“non ho nulla contro di lui, ma vorrei facce nuove”, ha detto ancora ieri dalle colonne del dorso pugliese del Corriere della Sera), Giorgia Meloni risponde con il pragmatismo che occorre, soprattutto al Sud, per vincere: voti e porta a porta, in cui Fitto ha dimostrato di essere ben dotato.

In una regione dove tra l’altro da tre mandati vince il centrosinistra: i primi due, dopo Fitto, con Nichi Vendola e l’ultimo con Emiliano. Ma Salvini non molla e sta facendo circolare con insistenza i nomi dell’ex deputato fittiano Nuccio Altieri (che non fa parte della società civile) e dell’ex rettore dell’Università di Bari Antonio Uricchio come candidati della Lega, mentre i parlamentari pugliesi leghisti chiedono un nome politico.

SCENARI

Ecco che al di là di nomi e fazioni si torna, come in un gioco dell’oca all’assunto iniziale, che vede la Lega in piazza e FdI sui dossier. Salvini oggi è in Salento per un tour elettorale, mentre lo scorso 14 febbraio Meloni si è attovagliata a Milano con un buon parterre di imprenditori, dopo essere rientrata da un proficuo viaggio negli Usa. Se in superficie questo schema può essere il segno di una contrapposizione per la leadership, e fisiologicamente potrebbe in teoria anche esserlo, nei fatti però potrebbe rivelarsi come il completamento naturale di un’alleanza.

Se alla piazza salviniana, di pancia e spesso preda del cosiddetto piglio del citofono (parafrasando l’episodio andato in scena in Emilia), si dovesse sommare la “testa” di FdI, e la maturazione della sua componente atlantista che sta tessendo una rete, tanto esterna (tarata sulle relazioni internazionali), quando interna (tarata sui rapporti con le professioni), allora il nuovo destra-centro potrebbe avvicinarsi a quell’età della maturazione che possa essere anticamera di una nuova legittimazione.

twitter@FDepalo



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