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Libia, Sahel e rapporti industriali. I temi della Difesa nel vertice Italia-Francia

La Francia sbarca a Napoli e porta con sé tanti dossier di confronto che riguardando la Difesa. L’obiettivo generale del vertice su cui ha lavorato il ministro agli Affari europei Vincenzo Amendola è rilanciare i rapporti bilaterali dopo un paio d’anni difficili. Tra Libia, Sahel e dossier industriali, una buona fetta dell’agenda riguarda anche il ministro Lorenzo Guerini, che ritrova nel capoluogo campano la collega Florence Parly.

DALLA LIBIA…

In cima all’agenda italiana c’è ancora la Libia. L’obiettivo è trovare convergenza con Parigi che non sempre è stata allineata agli interessi italiani (vantandone spesso alcuni contrapposti). A Napoli, di fronte agli omologhi francesi, i ministri competenti italiani cercheranno oggi far pesare il ritrovato attivismo sul dossier. Guerini in particolare potrà presentare alla Parly l’apertura fatta dalla collega tedesca Annegret Kramp-Karrenbauer per includere l’Italia quando si parla di Libia nel formato E3, il gruppo creato da Francia, Germania e Regno Unito per coordinare l’azione su rilevanti dossier internazionali.

…AL SAHEL

Una carta importante che Guerini potrebbe giocarsi per ottenere l’allineamento francese sulla Libia è la promessa di impegno in Sahel. Negli ultimi mesi, da Parigi si sono fatte sempre più pressanti le richieste di supporto per la missione Barkhane, operativa in un’area grande quanto l’intera Europa con 4.500 militari francesi, a fronte di una crescente attività di gruppi terroristici e traffici criminali. In una telefonata dopo l’uccisione di Qassem Soleimani, Guerini aveva notato “convergenza di vedute” in merito al Sahel e all’esigenza di rafforzare il quadro di sicurezza con l’omologa francese.

VERSO IL DECRETO MSSIONI

Qualche giorno dopo, lo stesso ministro italiano spiegava alle Commissioni Difesa di Camera e Senato l’intenzione di “incrementare la nostra presenza in Sahel, dove si assiste a una recrudescenza del terrorismo di matrice confessionale” con “effetti interconnessi fortemente allo scenario libico”. D’altra parte, aggiungeva, “l’area è fondamentale” anche per l’Italia, una consapevolezza già esplicitata nelle linee programmatiche del dicastero insieme alla connessa esigenza di collaborazione con la Francia. “Immaginare di intervenire prescindendo da uno stretto coordinamento sarebbe fortemente temerario”.

IL RAPPORTO CON LA NATO

Di sfondo restano le questioni strategiche, il ruolo della Nato e il rapporto con gli Stati Uniti. Italia e Francia conservano interpretazioni differenti di questi temi, con Parigi che intende l’autonomia strategica del Vecchio continente in modo radicale come un’indipendenza dall’alleato d’oltreoceano. La Nato “in morte cerebrale” è solo una delle esternazioni del presidente Emmanuel Macron sul tema, arrivato anche a proporre una prima riflessione comune tra europei (inedito nella storia francese) sulla Force de frappe nucleare. Dietro la proposta di un’Europa più forte si nasconde l’intenzione (legittima, per carità) di un’Europa a trazione francese.

EQUILIBRI STRATEGICI

Compito dell’Italia è riuscire a rafforzare il coordinamento con Parigi su temi rilevanti per il Paese senza appiattire la propria postura su quella francese. È il caso ad esempio della European Intervention Initiative (Ei2), lanciata più di due anni fa da Macron, e a cui l’Italia ha aderito lo scorso settembre. È stato il primo atto dell’era Guerini, che contestualmente spiegava però che il riferimento per la difesa resta nel progetto europeo e nell’Alleanza Atlantica. L’Ei2 è difatti estranea al contesto Ue e Nato, e non a caso è vista con sospetto anche da oltreoceano. È considerata il frutto dell’insoddisfazione francese per una Pesco (questa sì, nel contesto dell’Unione) considerata troppo inclusiva e per questo poco operativa.

LA DIFESA COMUNE

D’altra parte, Parigi ha dimostrato di voler giocare con determinazione anche la partita della Difesa comune dell’Ue. È il Paese che partecipa a più progetti della Pesco (trenta sui 47 per ora approvati; l’Italia a 24) e, nella nuova Commissione targata Ursula von der Leyen, si è presa con Thierry Breton la casella del Mercato unico, quella che ha competenza sulla nuova Direzione generale “Difesa, Industria e Spazio”. Gestirà i finanziamenti del Fondo europeo di Difesa (Edf), previsto con 13 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, ma in realtà a rischio di forte riduzione nell’ambito dei complessi negoziati tra Paesi membri sul bilancio comune (altro tema su cui si cerca convergenza). Non è un caso che nel recente convulso Consiglio europeo di Bruxelles, solo Macron (oltre al prevedibile Josep Borell) abbia elencato tra le proprie priorità un congruo finanziamento delle ambizioni di Difesa comune.

IL DOSSIER STX

L’incontro a Napoli è oggi una nuova occasione per testare le volontà francesi, considerando che di dossier specifici ce ne sono molteplici. Sul fronte industriale, spicca la questione Fincantieri-Chantiers de l’Atlantique, relativo all’iter di acquisizione da parte del Gruppo italiano sull’ex Stx, operazione a cui manca il via libera dell’antitrust europeo a quasi tre anni dalla prima sigla per rilevare dalla proprietà sudcoreana i cantieri francesi. È attesa per aprile una decisione finale da parte di Bruxelles, con l’Italia che preme da tempo affinché non ci sia una rigida applicazione delle regole sulla concorrenza, ideate quando non c’erano i giganti asiatici a competere sulla cantieristica navale.

L’ATTEGGIAMENTO FRANCESE

La Francia sul tema ha mantenuto un atteggiamento altalenante. È stata Parigi (con Berlino) a chiedere alla Commissione di valutare l’operazione alla luce del regolamento sulle concentrazioni. Ancora prima, nel maggio 2017, poco dopo l’arrivo all’Eliseo, è stato Emmanuel Macron a volere la nazionalizzazione di Stx, in barba all’accordo poco prima sottoscritto da Fincantieri. La nuova intesa è arrivata a nel settembre successivo, quando a Lione Macron e l’allora premier Paolo Gentiloni raggiunsero l’intesa sulla struttura dell’azionariato della società: il riscatto del 50% da parte dell’azienda italiana, con l’aggiunta del prestito di un ulteriore 1% concesso dallo Stato francese per dodici anni, previo via libera delle autorità antitrust, ultimo tassello che ancora manca.

IL DOSSIER MILITARE

È risultato meno problematico il lato militare della faccenda, conosciuto come “l’Airbus dei mari”. A settembre 2017, oltre all’intesa su Stx, i governi di Francia e Italia tracciarono anche la strada per una progressiva alleanza tra Fincantieri e Naval Group. Un anno dopo, durante il salone EuroNaval di Parigi, i titolari della Difesa annunciavano il pieno sostegno dei rispettivi esecutivi all’accordo raggiunto dalle due società per una joint venture paritetica. I dettagli sono arrivati il giugno successivo nell’arsenale di La Spezia, con la firma sull’Alliance cooperation agreement. È seguito a ottobre il disvelamento del nome: Naviris. Poi, a metà gennaio, la piena operatività del nuovo soggetto con il primo consiglio d’amministrazione affidato, nella presidenza, a Giuseppe Bono.

TRABALLAMENTI

Anche gli ultimi segnali vanno sulla stessa linea, come confermato dal numero uno del Gruppo francese Hervé Guillou, prossimo all’uscita il 24 marzo: “Gli europei non anno scelta”. Eppure, anche su questo da Parigi non sembra arrivare una convinta spinta all’Airbus dei mari. È stato il quotidiano transalpino La Tribune a dar voce a una fonte interna al governo francese (non meglio identificata), secondo cui l’alleanza si rafforzerà solo se ci saranno risultati, ovvero commesse dai rispettivi Paesi. Si punta a lavorare sull’ammodernamento della classe Orizzonte e sulla European patrol corvette, uno dei più recenti progetti Pesco.

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