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La lobby in Italia? Ecco come regolarla. La roadmap dell’American Chamber

Se ne parla da anni, anzi da decenni, ma finora non si è mai andati oltre la presentazione di numerose proposte di legge – ben 65 dalla prima risalente addirittura al 1976 – e il varo di sporadiche misure tra loro scoordinate e di regola basate sul principio della volontarietà. L’attività di lobbying in Italia è da sempre guardata con sospetto nel dibattito pubblico e mediatico e per questo confinata in una sorta di zona grigia, priva di una chiara disciplina che fissi le modalità attraverso cui dovrebbero svolgersi i rapporti tra portatori d’interesse e decisori pubblici.

UNA REGOLAMENTAZIONE STRISCIANTE AD ANDAMENTO SCHIZOFRENICO

In questo senso la regolamentazione del fenomeno lobbistico nel nostro Paese è stata talmente frammentata e caratterizzata da così tanti stop and go da essere definita “strisciante ad andamento schizofrenico” dall’ordinario di Diritto comparato dell’Università Unitelma Sapienza Pier Luigi Petrillo, uno dei principali esperti italiani in materia. Una lacuna che ci vale la non invidiabile posizione di fanalino di coda in Europa per trasparenza delle istituzioni, qualità della legislazione e partecipazione ai processi decisionali, come emerge dai dati diffusi da Transparency International-Italia. A tal proposito, per superare la situazione di stallo che si ripete ogniqualvolta si parla di una legge sulle lobby, un contributo di sicuro interesse arriva dalla Camera di Commercio Americana in Italia che ha elaborato dieci proposte concrete per disciplinare la materia e ipotizzato anche una possibile roadmap da seguire per arrivare il prima possibile a una regolamentazione stabile ed efficace.

L’INIZIATIVA ALLA CAMERA

Il report firmato AmCham – scaricabile in via integrale a questo link – è stato presentato giovedì scorso alla Camera nel corso di un dibattito a cui hanno preso parte rappresentanti del Parlamento e del governo, tutti favorevoli al varo di una disciplina organica che regoli l’attività di lobbying nel nostro Paese. Un segnale positivo considerata anche la trasversalità politica dei partecipanti all’evento: i deputati di maggioranza Silvia Fregolent (Italia Viva) e Francesco Silvestri (Movimento 5 Stelle) – tra l’altro firmatari di due dei tre progetti di legge attualmente in discussione presso la commissione Affari costituzionali della Camera (il terzo è stato presentato dalla dem Marianna Madia)  – e di opposizione Alessandro Cattaneo (Forza Italia) e Ylenja Lucaselli (Fratelli d’Italia). Per l’esecutivo c’era invece il viceministro dell’Economia e delle Finanze Antonio Misiani che ha auspicato l’esito positivo del tentativo di regolamentazione pur sottolineando di non voler invadere il campo su una materia di competenza parlamentare. “Il compito del governo è accompagnare e sostenere l’iniziativa del Parlamento“, ha affermato. L’evento – aperto dall’introduzione del consigliere delegato di AmCham Italy Simone Crolla – ha visto anche la partecipazione del manager Vittorio Cino che ha coordinato il gruppo di lavoro da cui è scaturito il paper e il costituzionalista dell’Università degli Studi di Perugia Francesco Clementi.

IL PAPER DELL’AMERICAN CHAMBER OF COMMERCE IN ITALY

LA POSIZIONE DI AMCHAM ITALY

Dieci le proposte avanzate da AmCham con l’obiettivo – si legge testualmente nel paper – di “riconoscere i portatori di interessi quali soggetti sociali che partecipano e concorrono alla vita democratica del Paese“. A partire dall’approvazione di una legge che disciplini questa attività sia a livello nazionale che regionale e dall’istituzione del registro, unico e obbligatorio, dei lobbisti, cui si accompagni anche l’adozione di un codice deontologico che fissi le best practices alle quali attenersi nell’esercizio della professione. E ancora la massima trasparenza del processo legislativo, la tracciabilità degli incontri tra portatori di interessi e decisori pubblici e una serie di regole sulle cosiddette revolving doors, le porte girevoli tra l’attività di lobbista e quella di politico e viceversa. AmCham, d’altro canto, raccomanda di garantire “la massima partecipazione dei portatori di interessi al processo legislativo e decisionale in generale“. In Parlamento quindi ma anche quando si tratti di atti normativi del governo. Chiaro, comunque, che un sistema del genere di carattere obbligatorio e non volontario non potrebbe funzionare senza la previsione di sanzioni che vadano a colpire i comportamenti scorretti. A questo proposito – affermano gli esperti che hanno collaborato alla stesura del report – “il quadro sanzionatorio dovrebbe interessare l’attività dei portatori di interesse e dei decisori pubblici in relazione al loro reciproco rapporto“, con conseguenze di carattere sia economico che reputazionale. Infine, AmCham propone anche di rafforzare l’Analisi di impatto della regolamentazione (la cosiddetta Air) e di introdurre una valutazione ex post dell’impatto legislativo di un provvedimento. In modo da esaminarne gli effetti e, nel caso, mettere mano a eventuali modifiche in un procedimento in cui dovrebbero essere coinvolti gli stessi portatori di interessi.

 LA POSSIBILE ROAD MAP

Interessante anche la road map ipotizzata in virtù della quale l’approvazione della legge sul lobbying rappresenterebbe non il punto di partenza ma quello di arrivo del processo volto a dare una regolamentazione al settore. In questo senso il primo passo consisterebbe nell’introduzione di un parere pubblico da parte dei portatori di interesse nella definizione degli atti normativi del governo. Una regola che, ad avviso di AmCham, contribuirebbe a migliorare la qualità delle leggi e la trasparenza del sistema. In secondo luogo si dovrebbe aprire un confronto tra lo Stato e le Regioni con l’obiettivo di fare chiarezza tra i due livelli istituzionali e di arrivare a un assetto normativo più efficace e meno frammentato. Infine, si dovrebbe riconoscere il ruolo dei lobbisti anche all’interno dei regolamenti parlamentari i quali peraltro – se la riforma costituzionale dovesse essere confermata dal referendum del prossimo 29 marzo – dovrebbero comunque essere necessariamente rivisti. L’ultimo step sarebbe la traduzione di questi passi in un progetto di legge organica, “così da colmare un importante gap normativo e competitivo nei confronti dei principali Paesi europei e internazionali“.

IL PAPER DELL’AMERICAN CHAMBER OF COMMERCE IN ITALY

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