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Chi è (e cosa pensa) Mariana Mazzucato, nuovo consigliere di Conte

Mariana Mazzucato entra (insieme a Gunter Pauli) a Palazzo Chigi in veste di nuovo consigliere economico del premier Giuseppe Conte, per lavorare alle misure di contrasto degli effetti economici del coronavirus. Da questo momento in poi Mazzucato affiancherà dunque Palazzo Chigi sui principali dossier economici, primo dei quali il rilancio delle imprese e delle industrie duramente colpite dall’epidemia di questi giorni.

DA ROMA A LONDRA (VIA STATES)

Romana di nascita, classe 1968, ma cresciuta professionalmente negli Usa (i genitori si sono trasferiti nel 1972 a Princeton, l’Università dove insegnò Einstein), Mazzucato è docente di Economia dell’innovazione e del valore pubblico presso l’università di Londra. Ma non solo, visto che è anche la fondatrice e direttrice dell’Institute for Innovation and Public Purpose (Iiip) di Londra e ha insegnato anche alla New York University e all’Università del Sussex. Tra le altre cose, Mazzucato era stata in passato inserita tra i nomi papabili per il ministero dell’Economia, sponda Movimento 5 Stelle.

POTERE DELLO STATO

Ma qual è il pensiero di Mariana Mazzucato? Bisogna partire dalle opere dell’economista. I suoi ultimi libri sono Lo Stato Innovatore, pubblicato nel 2014 con Laterza, Ripensare il Capitalismo, scritto con Michael JacobsIl valore di tutto. Chi lo produce e chi lo sottrae nell’economia globale, uscito nel 2018. Nella prima opera Mazzucato definisce per esempio in modo chiaro il suo pensiero circa il ruolo dello Stato nell’economia. Non si può fare a meno di esso se si vuole pensare allo sviluppo e alla crescita di un Paese e delle sua economia.

“Chi è l’imprenditore più audace, l’innovatore più prolifico? Chi finanzia la ricerca che produce le tecnologie più rivoluzionarie? Qual è il motore dinamico di settori come la green economy, le telecomunicazioni, le nanotecnologie, la farmaceutica?”, si chiede Mazzucato nel volume. “Lo Stato. È lo Stato, nelle economie più avanzate, a farsi carico del rischio d’investimento iniziale all’origine delle nuove tecnologie. È lo Stato, attraverso fondi decentralizzati, a finanziare ampiamente lo sviluppo di nuovi prodotti fino alla commercializzazione. L’impresa privata è considerata da tutti una forza innovativa, mentre lo Stato è bollato come una forza inerziale, troppo grosso e pesante per fungere da motore dinamico. Lo scopo del libro che avete tra le mani è smontare questo mito”.

NIENTE RIGORE, GRAZIE

Decisamente nette anche le posizioni contro la Germania e le sue politiche rigoriste, in materia di conti pubblici. Nel 2015, parlando della necessità di investire per crescere, Mazzucato spiegava su Repubblica come “sino a quando la Germania non ammetterà che le differenze tra Paesi forti e Paesi deboli sono dovute ai mancati investimenti strategici,finché non smetterà di proporre unicamente tagli ai bilanci nazionali, sarà difficile articolare una vera soluzione. Per quante riforme strutturali si possano architettare, l’Europa non andrà da nessuna parte se non inizierà a programmare un futuro nuovo. Un futuro nel quale sia il settore pubblico che quello privato spendono di più nelle aree che favoriscono la crescita di breve e lungo termine”.

L’ASSE CON VAROUFAKIS

Ancora, sempre dalle colonne di Repubblica, Mazzucato sposava nel 2016 in pieno la visione di Yanis Varoufakis, l’ex ministro delle Finanze greco, simbolo della lotta al rigore tedesco. Anche in questo caso, il fil rouge era, ed è, la necessità di investire di più. “Oggi in Europa i Paesi che se la passano bene non sono quelli che hanno stretto la cinghia, bensì quelli che hanno investito maggiormente in tutti quei settori ed aree in grado di determinare un incremento della produttività, come formazione del capitale umano, istruzione, ricerca e sviluppo, nonché nelle banche pubbliche e nelle agenzie che favoriscono le sinergie tra settori diversi ad esempio le collaborazioni tra mondo scientifico e imprese”. E,  il problema dell’Italia “non è il deficit eccessivo ma la mancata crescita, perché da almeno venti anni non si fanno investimenti di questo genere. Ciò che è mancato all’Europa quindi non è un piano comune di tagli ma un piano comune di innovazione e di investimenti. Che è ben diverso dal litigare sul fiscal compact.
È lo stesso piano di investimenti che Yanis Varoufakis teorizzava, prima di prestare la sua competenza di economista come ministro del governo greco. Varoufakis viene spesso accusato di essere un ministro troppo accademico e non abbastanza politico e concreto. Niente di più lontano dalla realtà”.

IL RITORNO DELL’IRI

Le riflessioni di Mazzucato hanno poi toccato quella che è a tutti gli effetti una suggestione grillina, il ritorno dell’Iri, l’Istituto per la ricostruzione industriale nato nel 1931. “Di recente, il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli“, scriveva ancora su Repubblica nel novembre del 2019, “ha dichiarato che se serve, sì bisogna tornare all’Iri per difendere la produzione nazionale. L’invocazione non potrà certo materializzarsi nella resurrezione dello storico Istituto per la Ricostruzione Industriale. Ma i presupposti che ne motivarono l’istituzione sono tornati ad affliggere l’economia italiana: produttività e investimenti stagnanti, infrastrutture che si sbriciolano, incapacità di certi settori di competere nell’oligopolio mondiale, assenza di una strategia industriale organica e di lungo periodo. Se a questi si aggiungono le imminenti sfide ambientali e demografiche, diventa imperativo ragionare con consapevolezza sull’ipotesi di un moderno modello di Stato imprenditore”. E dunque, “il dibattito è su chi possa svolgere il ruolo di Stato imprenditore. Oltre a volontà e risorse, occorrono una struttura e competenze industriali, di cui l’Iri era dotato e di cui la chiacchierata Cdp ancora non dispone”.

RIFONDARE IL CAPITALISMO

Non è finita. Il neo consigliere del premier, in un’intervista a Business Insider del 2019, auspicava una pronta riforma del capitalismo moderno, in grado di spendere e creare valore e benessere allo stesso tempo. Pena “l’avanzata di un nuovo fascismo. Per capirlo bisogna fare un passo indietro. La crisi finanziaria ha avuto enormi conseguenze che ancora persistono, e che ancora animano la rabbia della gente: basti dire che nel novembre del 2010, 120 mila case furono pignorate solo negli Stati Uniti e nessuna delle persone impiegate nelle banche e nel settore finanziario – responsabili della crisi – sono state chiamate a rispondere legalmente delle proprie azioni. Questo ha contribuito ad alimentare l’insoddisfazione anche nei confronti della politica, e la crescita delle destre”.

“Così, in assenza di una contro-narrativa e di una seria strategia alternativa per la crescita, basata sull’inclusività e non sulla mera redistribuzione a qualcuno, che è uno degli  argomenti facili del populismo, emergono personaggi come Salvini in Italia o Trump negli Stati Uniti, capaci di intercettare e fare crescere questa onda di insoddisfazione, un po’ come è successo negli anni 30”.

GLI AUGURI DI VALERIA FEDELI

“Buon lavoro a Marianna Mazzucato nominata nello staff del presidente Conte per il rilancio dell’economia messa in forte difficoltà dal coronavirus”, ha scritto in una nota Valeria Fedeli, senatrice dem. “Servono assolutamente le migliori competenze in campo e un forte investimento dell’Italia e dell’Europa per fermare il virus, risanare l’economia, scongiurare un nuovo 2008”.



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