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Parità di salario, perché in Ue abbiamo perso un’occasione. Parla Picierno (Pd)

Bruxelles ha approvato una risoluzione per chiedere parità di salario per uomini e donne. Secondo l’eurodeputata del Pd, Pina Picierno, si tratta di un primo passo verso la rivendicazione di un diritto vero e proprio ma dalle colonne di Formiche.net si dice amareggiata perché nel testo non è stato previsto lo strumento delle sanzioni e soprattutto c’è stato il voto contrario degli europarlamentari di Lega e FdI.

Perché si è detta non pienamente soddisfatta del testo?

Perché avevamo chiesto, attraverso un emendamento, misure vincolanti, e anche sanzioni per quelle aziende che non rispettano il principio basilare, che dovrebbe essere persino scontato, relativo alla parità di retribuzione tra uomini e donne a parità di lavoro.

Conservatori e liberali rifiutano la proposta di sanzioni a chi non rispetta le norme. Che segnale è?

FdI e Lega assieme a tutti i conservatori hanno votato contro questo emendamento che era stato proposto dal gruppo dei socialisti e dai verdi. Abbiamo avuto un testo finale certamente utile, perché è evidente che bisogna dare spazio a questo vero e proprio scandalo che esiste ancora nel 2020, ma mi sarei aspettata un voto da parte di tutti. La parità era stata introdotta nel Trattato di Roma del 1957, ma oggi ancora discutiamo del fatto che le donne in Europa guadagnano in media il 16 per cento in meno degli uomini. Un paradosso.

Come superarlo?

Le donne sono pagate di meno proprio in quanto donne, quindi la parità di retribuzione non è un favore che chiediamo ma un vero diritto. Senza contare il delicato tema della disoccupazione femminile, con un’incidenza molto significativa. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha da poco annunciato una strategia ad hoc, che dovrebbe essere presentata il prossimo marzo: per questa ragione il Parlamento avrebbe voluto introdurre misure vincolanti, perché le sanzioni ci avrebbero permesso davvero di far rispettare questo principio basilare. Non ci siamo riuscite, per ora. Non dimentichiamo che fino a pochissimi anni fa in Italia esisteva la norma delle dimissioni in bianco. Tutto questo è il frutto avvelenato di una cultura ancora fortemente discriminatoria verso le donne.

Da poco si sono festeggiati i 75 anni da quando è stato riconosciuto il diritto di voto alle donne ma il problema salariale resta. Il nodo è culturale o anche politico?

Certamente culturale, ma anche politico. Fino a quando non maturerà da parte di tutti la consapevolezza che da 75 anni è cambiato lo scenario, allora non avremo risultati. Di strada ne stiamo facendo, come dimostra la notizia delle scienziate italiane che hanno isolato il coronavirus, dopo averlo fatto con Ebola e Zika. Le donne sono protagoniste della vita pubblica, politica, civile e democratica ma tanta strada rimane ancora da fare.

In che direzione?

Occorre una presa di coscienza anche da parte degli uomini, ma mi aspetto un passo dalla politica. Tutti siamo bravi a celebrare le donne nelle occasioni retoriche come l’8 marzo, ma quando poi dobbiamo votare misure come questa che prevedevano delle sanzioni vincolanti, anche la politica compie qualche passo indietro. Per cui c’è un doppio binario di presa di coscienza: da parte delle istituzioni e della politica. Fintanto che ci saranno poche donne nei luoghi che contano, ci sarà ancora poca consapevolezza.

In Italia l’accesso al mondo del lavoro fa segnare uno dei tassi più bassi d’Europa, 15 punti sotto la media europea. Come si affronta il divario salariale anche nelle singole regioni?

Molto banalmente proprio con lo strumento delle sanzioni per punire un diritto negato messo in pratica anche dalle partecipate: l’unico modo per far valere un diritto. Non stiamo chiedendo una concessione. Certo, conta anche l’investimento nella formazione e nell’accompagnamento verso una cultura diversa, ma non è sufficiente.

È preoccupata, da Bruxelles, per le fibrillazioni nella maggioranza di governo in Italia?

Guardo, non con preoccupazione ma con attenzione, a ciò che sta accadendo all’interno del M5S. Credo che sia arrivato il momento di una presa di coscienza da parte di tutte le forze che compongono la maggioranza. Il Pd già lo sta facendo in realtà, avendo dato il via libera alla formazione di questo governo proprio per dare risposte agli italiani. Penso alla bella proposta di Gigi Sbarra della Cisl di una pensione minima di garanzia per i giovani: questo è uno degli argomenti chiave. Ma rispetto al tanto che c’è da fare in Italia, non si può continuare con le fibrillazioni interne. Serve guardare alla luna e non al proprio ombelico.

twitter@FDepalo


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