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Sulla prescrizione Renzi sfida (anche) il Quirinale. Parla Lina Palmerini

L’azzardo di Matteo Renzi sulla prescrizione è sì una sfida al governo, ma anche una sfida al Quirinale. A crederlo è Lina Palmerini, firma storica del Sole 24 Ore e quirinalista contattata da Formiche.net per cercare il bandolo della matassa sul tema della prescrizione che potrebbe far saltare il governo. Renzi, spiega Palmerini, “punta sul fatto che Mattarella non darà il voto, al contrario dalle notizie che filtrano dal Quirinale”, secondo cui un terzo governo politico in meno di due anni non avrebbe il beneplacito del Presidente della Repubblica, e aggiunge: quella sulla prescrizione è una battaglia sacrosanta, ma sbagliata. Al momento nella testa delle persone c’è il coronavirus e la crisi economica che avanza.

Si sta sacrificando il governo sull’altare della prescrizione?

Io non lo so, mi pare che sull’altare della prescrizione si stia facendo un gioco pericoloso. Molti lo chiamano un gioco a poker, un braccio di ferro che non si è capito bene a chi serva e se serva ad aumentare i consensi dei 5 Stelle e di Renzi, perché di questo stiamo parlando.

In che senso?

Renzi ha preso questa battaglia cercando di muovere la sua percentuale di consensi che è al momento bassa, del resto lui dice che ha un potenziale del 20%, quindi ha scelto questa battaglia, ma secondo me non è stata una scelta giusta.

Perché?

Per diverse ragioni. Non solo perché quando si sta al governo viene premiata sempre la responsabilità e non la guerriglia, e ce lo insegna la storia dei precedenti governi, ma anche perché forse in questo momento è una battaglia sbagliata. In questo momento le persone sono concentrate su coronavirus e a breve ci concentreremo sull’emergenza economica di cui si leggono i primi dati, e di cui gli effetti sulle persone si sentiranno a breve.

Meno prescrizione e più emergenza economica, insomma?

I dati sulla produzione industriale di oggi o sulla contrazione del pil significheranno qualcosa anche per la vita delle persone, così come l’annuncio di 6000 esuberi dell’Unicredit. Ecco, tutto questo passa in secondo piano per una battaglia che è sacrosanta ma non è nella testa delle persone in questo momento.

Quale è il senso, allora, della tattica di Renzi e Italia Viva?

Lui ha scelto questa battaglia per diventare l’immagine del garantismo, dell’anti-giustizialismo e dell’anti-grillismo e sta giocando a poker. Nel farlo è disposto a sfidare, se è vero che farà una mozione contro Bonafede, il governo e quindi a rischiarne la tenuta. Secondo me, però, in questo suo azzardo coinvolge non tanto la politica ma anche il Quirinale.

Ci spieghi meglio…

È una sfida al Quirinale perché lui punta sul fatto che Mattarella non darà il voto, al contrario delle notizie che filtrano dal Quirinale secondo cui una terza maggioranza in appena due anni sarebbe molto complicata da mettere su, soprattutto una maggioranza seria e non raccogliticcia. Secondo me Renzi sfida questa tesi convinto che non si scioglieranno le camere, perché altrimenti si dovrebbe pensare che è un autolesionista, essendo questo il momento più sbagliato per andare al voto per Italia Viva.

Si andrebbe al voto con il taglio dei parlamentari e con una legge elettorale non proporzionale, ideale invece per IV e Movimento 5 Stelle…

Certo. Si andrebbe al voto con 345 parlamentari che sicuramente non torneranno, un Parlamento fortemente dimagrito, e con una legge elettorale che in parte è maggioritaria e questo comporterebbe per Renzi, sempre se rimarrà nella coalizione di centrosinistra, di trattare i collegi con Zingaretti e il Pd dopo aver fatto cadere il governo del Pd, quindi ci sono una serie di salti logici importanti.

Mattarella sarebbe disposto ad accettare una maggioranza che faccia a meno dei renziani ma con un gruppo di “responsabili” di cui si è parlato in questi giorni?

Naturalmente stiamo facendo delle congetture, perché nessuno di noi ha parlato con Mattarella personalmente, ma quello che a buon senso c’è da immaginare è che una terza maggioranza dovrebbe avere davvero i crismi della credibilità non solo numerica ma anche del profilo politico. Immaginare  di raggruppare una serie di responsabili da una parte e dall’altra non la vedo una ipotesi possibile. E dico di più, non la vedo possibile alla luce di quello che si prepara per l’Italia, e cioè una crisi economica. Parliamone apertamente.

La crisi economica impone un governo responsabile, ma non di responsabili dell’ultima ora?

Il dato sulla produzione industriale, la revisione a ribasso del pil che ha deciso l’ufficio parlamentare di bilancio, quindi una sede più che ufficiale, la sfida commerciale con gli Stati Uniti per non parlare del coronavirus possono essere affrontati solo da un governo solido, non di una maggioranza costruita con un gruppetto di responsabili presi un po’ qui un po’ lì.

C’è una possibile soluzione che non scontenti nessuno nella maggioranza e che non indebolisca il governo?

Credo che in questo momento stiano facendo proprio questo. Cercare una via d’uscita che non faccia perdere troppo la faccia a Bonafede e non faccia perdere troppo la faccia a Renzi. Non so se ci riusciranno, ma comunque se si dovesse trovare una mediazione per salvare il governo, gli attori di questo gioco al rialzo sarebbero squalificati.

Il rischio che una impasse si ripresenti anche in futuro è concreto?

Non lo so, ma credo e forse mi ripeto, che l’esperienza di altri governi abbia dimostrato che al governo non ci si sta un po’ di lotta e un po’ di governo. Se si decide di far nascere un governo, così come aveva deciso Renzi – perché ha deciso lui di fare un governo con i 5 Stelle e sapeva benissimo chi sono – ci si sta in una logica di coalizione e di compromesso, non di impuntarsi a vincere ogni battaglia, perché se continui a sfidare il governo il rischio è non solo di logoralo, ma di logorare sé stessi.


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