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Gli Usa, la Cina e il coronavirus. La versione di Dominick Salvatore

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Questione di tempo. Il coronavirus si può battere, certo. Ma più il tempo passa, più sale il costo per le grandi economie mondiali. Chi rischia di più è la Cina, origine dell’epidemia che ha resuscitato i fantasmi dei passati flagelli. Attenzione però a commettere un errore, cioè pensare che solo il Dragone ne uscirà con le ossa rotte. Non è così, ci saranno ammaccature per molti altri, anche per gli Usa. Da New York, dove risiede abitualmente, Dominick Salvatore, professore della Fordham University e luminare dell’economia internazionale, fornisce una lettura in controluce dell’emergenza planetaria di questi giorni. Non senza toccare altri, delicati, temi.

Professore, il mondo davanti al Coronavirus. E la Cina che attacca gli Usa, accusandoli di creare il panico.

Facciamo una premessa. I cinesi conoscevano l’esistenza di questo virus già da inizio dicembre. E non hanno detto nulla, fino alla fine del mese. Hanno perso tempo e di conseguenza, visti i tempi di incubazione e i turisti cinesi che hanno viaggiato in quei giorni, il virus si è diffuso. Questo virus ha già ucciso oltre 420 persone (finora quasi tutte in Cina), infettandone più di 20 mila persone sparse in 25 nazioni. Tutto questo sta già avendo effetti economici devastanti. Questa è la situazione reale.

Già, l’economia. L’altra grande vittima di questa epidemia…

Sì. Le Borse sono crollate e anche il prezzo del petrolio ne ha risentito. La questione chiave è il tempo: occorre capire quanto tempo ci vorrà a debellare questo virus, perché più tempo passa e più grandi saranno i danni all’economia.

E l’economia americana cosa rischia? 

Fondamentalmente rischia su due fronti. Il primo è quello commerciale, visto che Washington ha appena firmato la tregua con Pechino, la quale ha promesso di acquistare 200 miliardi di prodotti americani agricoli per i prossimi due anni. Gli Stati Uniti, in una situazione simile, non possono certo costringere la Cina a mantenere tale promessa e gli Stati Uniti questo lo sanno molto bene. L’altra questione è la cosiddetta supply chain, la catena di distribuzione. Il virus genererà una certa paura verso i prodotti cinesi, anche tecnologici, e questo farà perdere alla Cina grosse parti di commercio internazionale, il che ovviamente non può non aver ripercussioni sui patti commerciali siglati tra Cina e Stati Uniti. Di contro, le imprese americane e penso anche quelle europee staranno molto più attente, in futuro, a integrare nelle loro catene di distribuzione prodotti cinesi.

Immagino che il conto più salato lo pagherà Pechino…

La Cina oggi dichiara una crescita annua del Pil pari al 6% ma in realtà è del 4%, che è comunque molto alto. Il Coronavirus inciderà profondamente sulla crescita cinese, le previsioni parlano di un calo pari a un terzo già nel primo trimestre del 2020, ancora di più rispetto ai dati circolati fino ad oggi. Ma, come ho detto, il fattore tempo è fondamentale. Altrimenti ci saranno effetti anche per gli altri Paesi, inclusi gli Usa, superiori al 10-20%.

A proposito di Cina e Stati Uniti. Lei prima ha parlato di prodotti tecnologici cinesi. Come Huawei?

Parliamo di un’azienda che ha sempre negato di aver fornito dati al governo cinese. Ma è una balla quella di Huawei, perché in Cina c’è una legge che obbliga le aziende tecnologiche a fornire informazioni e dati allo Stato. In più faccio notare che spesso si dice che i prodotti Huawei costano meno degli altri. Per forza, l’azienda riceve fino al 40% di sussidi dal governo, facile così bruciare il mercato.

Il presidente Trump ha messo in guardia l’Europa sull’uso della tecnologia cinese…

Gli Stati Uniti non scherzano affatto su questo, per loro Huawei è qualcosa di pericoloso e se ci sono nazioni europee che vogliono affidare il proprio sistema di telecomunicazioni a Huawei devono mettere in conto un indebolimento delle relazioni con gli Usa. Anche l’Italia si è impegnata a stare attenta. Eppure la tecnologia Huawei è già arrivata a Verona. Ma questo comporterà dei problemi.

Ovvero?

Guardi il Regno Unito, tradizionale alleato degli Stati Uniti. Hanno aperto a Huawei le loro telecomunicazioni, ma gli americani hanno fatto capire in modo chiaro che la possibilità di un trattato commerciale tra i due Paesi sarà molto più difficile se Londra non si fermerà nelle sua aperture alla tecnologia cinese. La stessa Europa mi pare stia prendendo alla leggera l’avvertimento degli Usa. Pochi giorni fa la Commissione Ue ha diffuso un documento in cui invita gli Stati membri a non utilizzare Huawei per le telecomunicazioni sensibili. Da parte loro gli Usa hanno fatto sapere che non condivideranno informazioni, per esempio sul terrorismo, con chi utilizza tecnologia Huawei. La verità è che l’Europa e anche l’Italia rischiano di giocarsi le relazioni politiche ed economiche con gli americani, proprio sul terreno della Cina e di Huawei. E non credo se lo possano permettere. L’Europa scelga, o gli Usa o la Cina, assumendosene le responsabilità.

Salvatore, in ballo ci sarebbe anche un accordo commerciale Usa-Europa.

L’Europa è molto più protezionista degli Stati Uniti, che pagano molto di più per esportare un loro prodotto in Ue. E Trump giustamente fa notare come gli Usa non riescano a esportare in Ue, in particolare molti prodotti agricoli. Questo problema cinese può minare il campo, ancora più di quanto lo sia ora. Una cosa è certa, sul commercio, gli Usa vogliono livellare il campo.

Chiudiamo con Trump. Che succederà a novembre 2020?

Verrà rieletto e anche facilmente. E supererà anche l’impeachment, senza problemi. E sa perché? Perché per cacciare un presidente servono comportamenti da impeachment, e Trump al massimo è stato solo un po’ sgarbato.

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