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La Russia vota (negli Usa). Interferenze a favore anche di Sanders, pare

Il senatore del Vermont, Bernie Sanders, uno dei favoriti contender presidenziali tra i Democratici, è stato avvisato dall’intelligence che anche la sua campagna elettorale sarebbe oggetto di interferenze russe. Si scrive “anche” perché uno stesso avvertimento — arrivato attraverso un briefing ai congressisti organizzato dalla National Intelligence — nei giorni scorsi ha riguardato la corsa per la rielezione di Donald Trump.

A quanto pare il presidente quell’incontro non l’ha preso bene, e furioso col direttore della National Intel per aver organizzato la riunione che evocava in tutto e per tutto i passaggi di quattro anni fa appurati nel Russiagate, ha pensato di sostituirlo con un suo fedelissimo. Sanders invece ha usato una posizione diversa, come di dovere — doveva passare ai suoi elettori come migliore rispetto a Trump. “Non mi interessa, francamente, chi Putin voglia che diventi presidente. Il mio messaggio a Putin è chiaro: stai lontano dalle elezioni americane e come presidente mi assicurerò che tu lo faccia”, ha commentato il sentore leftist.

Sanders ha detto di aver ricevuto certe informazioni circa un mese fa, ma di non averle affrontate pubblicamente — fino a che non sono uscite in uno scoop del Washington Post ieri — perché di solito non parla dei briefing di intelligence a cui partecipa. “Consentitemi di essere chiaro: non dobbiamo vivere nella negazione, permettendo alla Russia e ad altri attori statali di minare la nostra democrazia o dividerci”, aveva detto il senatore a gennaio (quando parla di “negazione” intende l’atteggiamento di Trump, che ha sempre negato l’esistenza delle interferenze nelle elezioni che ha vinto. Ndr). “La Russia prende di mira le divisioni nella nostra società; lavoreremo per guarire quelle divisioni”, diceva il democratico.

Non è chiaro quale forma abbia preso questo aiuto russo all’attuale capofila Dem. Può essere qualcosa di simile a quanto accaduto nel 2016? Si ricorderà che le intelligence americane hanno ricostruito (con tanto di imputazioni dirette a 13 persone e 3 società) un piano complesso, che passava da operazioni compiute da hacker collegati al Cremlino, i quali avevano sottratto dati poi utilizzati per un’articolata campagna di information-war con cui avevano diffuso notizie alterate (soprattutto su Hillary Clinton e sui Dems) che dovevano servire non tanto a favorire Trump, quanto a favorire un clima di divisione all’interno della società — e della politica — americana. Quello di cui parlava Sanders, appunto.

La prospettiva di due campagne rivali che ricevono entrambe un aiuto da Mosca sembra proprio riflettere ciò che i funzionari dell’intelligence hanno precedentemente descritto come il più ampio interesse della Russia: seminare incertezza sulla validità delle elezioni americane, creare sfiducia nelle istituzioni, disarticolare il processo democratico, inacidire i toni, in definitiva facilitare l’allargamento di quelle spaccature sociali profonde che indeboliscono un paese (che già di per sé non mancano negli Usa). Per esempio, in questi mesi svariati account pro-Sanders hanno diffuso informazioni non vere e alzato molto l’aggressività del dibattito interno ai Democratici – Sanders ne aveva sempre preso le distanze.

Ora c’è il sospetto che si possa trattare di account finti, costruiti dalle troll factory russe, come già visto fare in passato e non solo nel caso delle presidenziali negli Stati Uniti – ma anche con la crisi ucraina e siriana, con le elezioni in Europa e svariate altre situazioni in cui il Cremlino ha pensato che seminare divisione rientrasse nei propri interessi.

Nei giorni scorsi, il dipartimento di Stato ha alzato i toni contro la Russia e ha accusato apertamente l’unità cyber del servizio segreto militare, il Gru, di aver compiuto un attacco hacker in Georgia. La dichiarazione pubblica del segretario Mike Pompeo è stata sposata anche da diversi alleati, nel tentativo di creare pressioni su Mosca. È una strategia dell’Nsa e del Cyber Command del Pentagono: svelare pubblicamente i coinvolgimenti in varie vicende nel tentativo che le denunce possano fare da deterrente per nuove azioni in futuro. E ovviamente gli americani si sono mossi pensando a Usa2020 – dopo quanto successo quattro anni fa, il ripetersi di un altro piano di interferenza russo sarebbe molto imbarazzante per Washington.



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