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Come mai Serraj ha interrotto i negoziati di Ginevra con Haftar? Le ragioni di Tripoli

Il Governo di accordo nazionale libico, Gna, l’esecutivo internazionalmente riconosciuto guidato da Fayez Serraj, ha deciso di sospendere i negoziati con le forze guidate dal signore della guerra della Cirenaica, Khalifa Haftar, che da aprile sta cercando di conquistare Tripoli. I colloqui, in un formato che la diplomazia ha definito 5+5 (tanti sono i rappresentati dei due lati), si stanno svolgendo a Ginevra e sono iniziati il 28 gennaio come follow up operativo alla Conferenza di Berlino – la riunione internazionale che ha sancito un cessate il fuoco che definire flebile è eufemistico.

Il motivo formale per lo stop ai negoziati è infatti la violazione delle tregua da parte degli haftariani. Con costanza le truppe del capo miliziano colpiscono Tripoli, anche in zone abitate, nonostante la riunione tedesca aveva deciso lo stop alle armi e nonostante il loro comandante non perda consesso internazionale per dire che la soluzione militare è la migliore opzione per chiudere la crisi che lui stesso ha innescato con un’operazione militare. Lo ha fatto anche ieri da Mosca, mentre la sua artiglieria colpiva il porto della capitale e per poco non centrava un cargo pieno di Gpl (sarebbe stato un disastro, inutile dirlo).

Il motivo più profondo dietro la decisione del Gna di fermare i colloqui è invece collegabile alla missione che l’Ue sta pianificando per il controllo degli armamenti. Ieri il ministro degli Esteri libico, Mohamed Taher Siala, l’ha giudicata “destinata a fallire” e il motivo è che è concepita in un modo che intacca gli interessi di Tripoli e tutela quelli della Cirenaica. Ossia: schierare le navi davanti alla costa orientale della Libia per bloccare l’ingresso di armi significa stoppare i carichi che arrivano via nave dalla Turchia, che s’è intestata il ruolo di difensore militare dei Tripoli. Però non blocca gli arrivi di armi ad Haftar, che riceve invece supporto via aereo dagli Emirati, con scalo in Egitto e passaggio finale via terra – se non rifornimenti diretti dagli emiratini previo passaggio in Giordania.

Nei giorni il vicepremier libico, Ahmed Maiteeg, in viaggio a Washington per cercare sostegno alla propria causa (anche sfruttando la crisi innescata dalla chiusura dei pozzi petroliferi imposta da Haftar), aveva detto che Tripoli era stata lasciata senza troppo alternative, per questo aveva accettato l’aiuto turco. “Quando stai annegando in acqua e qualcuno ti manda un giubbotto di salvataggio, cosa hai intenzione di fare: guardi chi ha inviato il giubbotto di salvataggio o lo prendi?”, ha detto Maiteeg.

Nelle ultime settimane c’è stato un grosso invio di armamenti in Libia su entrambi i lati. Teoricamente si tratta di violazioni a un embargo Onu del 2011 e le Nazioni Unite potrebbero sanzionare chi lo viola, ma in pratica c’è una sorta di ritrosia perché sono in gioco paesi delicati, e per questo l’Ue ha deciso di organizzare la missione. Di fatto, i due fronti in campo sono in guerra e accettano molto volentieri rifornimenti con i quali pensano di poter “conquistare tutta la Libia”, come ha commentato Recep Tayyp Erdogan ieri, spiegando cosa  sta facendo Ankara sul lato di Serraj.

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