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Trump accende i motori della campagna elettorale. Il siparietto a Daytona

Un giro nella storia delle 500 miglia di Daytona; e un giro di lancio della sua campagna elettorale, che va già a tutto gas verso un secondo mandato. Il magnate presidente Donald Trump ha ieri realizzato un suo desiderio: fare il Grand Marshall, il “maestro di cerimonie”, cioè di fatto lo starter, di una delle più popolari gare automobilistiche dell’anno negli Stati Uniti. Davanti a una folla in delirio di oltre 100 mila spettatori, Trump ha aperto l’evento facendo un giro di pista a bordo della sua blindatissima limousine, insieme alla first lady Melania.

Mai un presidente degli Stati Uniti lo aveva fatto prima di lui. “Signori, accendete i motori!”, ha cerimonialmente gridato il magnate tra le ovazioni dei fan, dando l’iconico comando che dà il via alla corsa sul mitico circuito del Daytona International Speedway in Florida.

Il siparietto di Trump a Daytona ha oscurato qualsiasi mossa democratica nel fine settimana, in vista degli appuntamenti in Nevada, il 19 il dibattito fra gli aspiranti alla nomination e il 22 i caucuses.

“Siamo di fronte a un evento che celebra la gloria pura e semplice dell’America”, ha detto Trump, avviando la 62a edizione della corsa automobilistica della formula Nascar, equivalente americano della Formula 1. “La Daytona 500 è una manifestazione leggendaria di motori che rombano, spiriti che ruggiscono e talento dell’America, velocità e potenza di cui per molti anni abbiamo solo sentito parlare”, ha detto presidente, chiamando i tifosi sugli spalti, in grande maggioranza suoi elettori,  “patrioti”. “I fan della Nascar sanno che non importa chi vince, quello che importa è Dio, la famiglia e il Paese”.

Poi in un’intervista a bordo pista Trump ha scherzato: “Se potessi, salirei su una di quelle auto e farei la corsa”.

Al confronto, le punture di spillo fra candidati democratici sono parse mediaticamente irrilevanti. Joe Biden, in difficoltà in queste prima battute, ammette che nel South Carolina dovrà “fare molto bene” dopo le delusioni di Iowa e New Hampshire. Ma ricorda che anche Bill Clinton nel 1992 fece fatica prima di emergere: “Perse le sue prime otto, dieci, dodici primarie, prima di vincerne una; non penso che io ci metterò così tanto”.

Bernie Sanders, divenuto battistrada nella corsa alla nomination democratica, comincia ad attaccare Mike Bloomberg, in ascesa nei sondaggi: “Non è in grado di creare quel tipo di coinvolgimento ed energia necessari per battere Trump, con un tasso di affluenza al voto più alto”, afferma il senatore, prendendo a prestito alcuni degli argomenti che Trump usa contro l’ex  sindaco di New York, ripetutamente descritto come privo di vigore. “La verità – ha detto Sanders a un evento in Nevada – è che i soldi non bastano: non possiamo battere Trump con un candidato che ha perseguito, difeso e attuato politiche razziste come lo ‘stop and frisk’, facendo vivere nella paura le comunità di colore della sua città”.

Pete Buttigieg, il candidato apertamente gay, ha detto: “Non prendo lezioni sui valori della famiglia da un presentatore radio conservatore”, rispondendo alle recenti affermazioni di Rush Limbaugh secondo cui l’America non è pronta ad avere un presidente omosessuale. “Io amo mio marito e sono fedele a mio marito”, ha aggiunto Buttigieg intervistato dalla Cnn. In un sondaggio Gallup a inizio febbraio più di tre americani su quattro (il 78%) affermavano di non avere difficoltà a votare un gay se “qualificato” per l’incarico.

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