In Nevada, la settimana scorsa, era stato un tutti contro Mike Bloomberg, per fargli subito capire dov’era capitato. In South Carolina, ieri sera (in Italia questa notte), è stato invece un tutti contro Bernie Sanders, per fermare la corsa del senatore del Vermont che ha il vento in poppa nella corsa alla nomination democratica.
Sanders ha vinto il voto popolare nelle prime tre primarie: solo Al Gore prima di lui, nel 2000, ottenne lo stesso filotto, ma (ricorda Newsweek) aveva un unico rivale, il senatore del New Jersey, ed ex cestista della Simmenthal Milano, Bill Bradley.
Il dibattito di Charleston, sulla CBS, il decimo della serie, l’ultimo prima delle primarie di sabato nella South Carolina, ma soprattutto prima del Super Martedì il 3 marzo è stato fitto di aspri scambi e di frasi taglienti. I rivali di Sanders lo hanno attaccato su più fronti, dall’essersi opposto in passato a misure per il controllo della vendita delle armi – impopolari nel suo Stato, il libertario Vermont – ai piani eccessivamente costosi per la sanità pubblica, alle sue chances di battere Donald Trump.
Sanders s’è difeso, ha anche contrattaccato: “L’economia sta andando molto bene per la gente come Bloomberg e gli altri miliardari. L’America ha bisogno di un’economia che funzioni per tutti”. Ma l’ex sindaco di New York l’ha infilato con una ripartenza: “Putin vuole la rielezione di Trump, che è il più stupido, e per questo la Russia ti sta aiutando”.
Pete Buttigieg ha avvertito che la nomination di Sanders potrebbe costare ai democratici non soltanto la Casa Bianca: metterebbe anche a repentaglio la maggioranza alla Camera e la possibilità di conquistare la maggioranza al Senato. Cosa inconsueta negli Stati Uniti, il dibattito è stato a tratti caotico, con i candidati che chiedevano d’intervenire contemporaneamente e si parlavano l’uno sull’altro.
A lanciarsi contro Sanders sono stati soprattutto i moderati, Bloomberg, Buttigieg, Joe Biden e Amy Klobuchar. Elizabeth Warren ha riproposto il siparietto anti-Bloomberg venutole bene in Nevada su discriminazioni e sessismo nelle sue aziende e, inoltre, sulla mancata pubblicazione delle due dichiarazioni fiscali e sugli affari con la Cina.
L’ex sindaco s’era preparato a rispondere un po’ meglio: “Quello che conta è che ho alle spalle esperienza, risorse e successi”, ha detto, respingendo le accuse, ma ammettendo d’avere “probabilmente” ecceduto in alcune affermazioni sessiste. La Warren ha invece difeso l’agenda progressista, che in gran parte condivide con Sanders, messa sotto attacco soprattutto da Buttigieg e Bloomberg: “È molto popolare. Quello che conta è come costruire il futuro e noi non ne parliamo”.
Più vivace del solito anche Biden, che in South Carolina è ancora in testa ai sondaggi – ma Sanders è in rimonta – e che qui si gioca gran parte delle chances di proseguire la corsa: “Sabato vincerò io e conquisterò il voto degli afroamericani”. Il che appariva certo fino a qualche giorno fa, ma oggi non lo è più: nell’ultimo sondaggio Reuters/Ipsos, Sanders batte Biden tra gli afro-americani dello Stato, mentre l’ultimo sondaggio Nbc/Marist College dà l’ex vice-presidente complessivamente ancora avanti sul senatore di 4 punti, 27% a 23 – terzo il miliardario Tom Steyer col 15%, non molto incisivo nel dibattito.
La serata caotica, di cui a tratti i moderatori parevano sul punto di perdere il controllo, ha rallegrato Trump e i repubblicani che su Twitter sottolineavano le divisioni interne al fronte avversario. Con il presidente, è pure andato in scena un duello a distanza sul coronavirus, dopo che le autorità sanitarie federali hanno messo in guardia da un’impennata dei casi quasi certa anche negli Usa.
(Usa2020)