L’operazione è di quelle che non passano inosservate. Il mondo bancario italiano registra uno scossone nella notte, con Intesa Sanpaolo, prima banca italiana e tra le maggiori d’Europa per dimensioni e capitalizzazione, che ha lanciato un’offerta pubblica di scambio su Ubi Banca, terzo istituto per capitalizzazione dopo la stessa Intesa e Unicredit. Una mossa che almeno da un punto di vista formale va nella direzione di Bankitalia, che negli ultimi anni, visti anche gli svariati crack bancari, ha sempre sponsorizzato fusioni e aggregazioni, al fine di garantire la sopravvivenza degli istituti. E così, mentre l’esecutivo continua a lavorare al salvataggio della Popolare di Bari, due tra le maggiori banche dello scacchiere italiano ed europeo vanno incontro alle nozze. Il motivo però, avverte chi di banche se ne intende, non è ancora del tutto chiaro.
L’OPERAZIONE INTESA-UBI
L’operazione (Ubi banca non ha ancora ufficialmente risposto) dovrebbe articolarsi così. Per ogni 10 azioni di Ubi ne vengono offerte 17 di Intesa Sanpaolo di nuova emissione, valorizzando quindi il gruppo guidato da Victor Massiah fino a 4,8 miliardi. L’offerta, arrivata a poche ore dalla presentazione del nuovo piano industriale di Ubi, non è ostile ma non è stata concordata. In caso di successo dell’ops, per evitare contestazioni antitrust, Bper acquisirà 400-500 filiali di Ubi con 1,2 milioni di clienti e UnipolSai rileverà i rami d’azienda delle compagnie assicurative Bancassurance Popolari, Lombarda Vita e Aviva Vita partecipate da Ubi. In questo modo Intesa diventerebbe il settimo gruppo bancario per totale attivo dell’area euro, con 460 miliardi di impieghi, 1.100 miliardi di risparmi gestiti e 21 miliardi di ricavi stimati. L’obiettivo, secondo i calcoli del ceo della banca torinese, Carlo Messina è raggiungere un utile netto di oltre 6 miliardi di euro nel 2022 e ricavi per 21 miliardi.
IL COMMENTO DI DE MATTIA
Formiche.net ha chiesto un commento ad Angelo De Mattia, ex alto funzionario di Bankitalia, oggi editorialista. “Personalmente non mi aspettavo questa operazione, di tale portata. Se si guarda agli aspetti tecnici dell’operazione dobbiamo ammettere che non vi sono lacune o elementi che possano essere criticati”, spiega l’ex Bankitalia. “Tuttavia ci sono aspetti ancora poco chiari. Per esempio la strategia che c’è alla base dell’operazione. Si mira al rafforzamento attraverso sinergie? E dunque si vuole creare una realtà ancora più solida? Oppure mira a evitare eventuali acquisizioni da parte di banche straniere, magari sulla stessa Ubi? O ancora, è un’operazione che in qualche modo sostituisce il precedente cantiere tra Ubi e Bpm?” Le incognite insomma, non sono poche.
De Mattia però va ancora più in profondità. “L’offerta di Intesa è volontaria e questo vuol dire che Ubi può rifiutarla. In quel caso l’offerta di Intesa diverrebbe ostile. La differenza è rilevante perché dimostra la natura stessa dell’operazione, ovvero se predatoria oppure no. Bisogna tenere conto anche della tradizionale impostazione a Intesa data dal suo storico presidente (Giovanni Bazoli, oggi a capo del consiglio di sorveglianza e che ha smentito di essere stato coinvolto nel progetto, ndr), che ha sempre mirato alla crescita del valore della banca, allo sviluppo del territorio e al benessere dell’economia. Questo aspetto rafforza la logica di mercato che può essere alla base della scelta di Intesa”. De Mattia però respinge l’ipotesi che dietro le possibili nozze ci possa essere il pressing di Bankitalia, da sempre sponsor delle fusioni. “Stiamo parlando di banche che stanno in piedi da sole, non avevano bisogno di fondersi. Per questo dico che questa operazione ci sta in un certo modo, rappresenta molteplici interessi, ma i prossimi passaggi, tra cui la risposta di Ubi, saranno utili a chiarire fino in fondo la strategia, il senso industriale, diciamo, del tutto”.