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Libia, Sahel e Sudan. Tutti i dossier del vertice dell’Unione africana

Libia e Sahel. Sono due i focus su cui la plenaria dell’Unione Africana si concentrerà nei prossimi due giorni. Gli incontri tra capi di Stato e di governo programmati ad Addis Abeba si inseriscono in un clima delicatissimo. In Libia la crisi è profondissima: l’aggressività con cui gli attori esterni — Turchia sul lato di Tripoli, Egitto ed Emirati Arabi su quello haftariano — si stanno muovendo aumenta di giorno in giorno, e l’embargo sulle armi del 2011 è tutto meno che rispettato. Una condizione che apre enormi scenari di instabilità che si prolungano geograficamente verso il Sahel, regione dell’Africa sub-sahariana, caratterizzata da traffici di ogni genere e diffusione di organizzazioni jihadiste di vario genere.

“Silencing the Arms 2020” è lo slogan dell’incontro, ma anche l’obiettivo che l’Unione s’è prefissato per i prossimi sette anni. Fermare le armi riguarda certamente la crisi libica, dove l’afflusso di aiuti esterni è un aspetto deleterio per il proseguimento del conflitto. Crisi su cui l’organizzazione punta a un ruolo “inter-africano”, un coinvolgimento maggiore che è anche benedetto dall’Europa. Un dialogo intralibico che l’Unione vorrebbe facilitate, includendo tutte la parti libiche, e condannando le interferenze esterne considerate deleterie per la crisi.

Altro problema affrontato sarà quello relativo al Sud Sudan, crisi che procede nonostante la firma di un accordo di pace nel settembre 2018, con la formazione di un governo di unità nazionale che continua a essere rimandata per via delle divergenze fra le parti in conflitto. Lo scorso fine settimana il presidente sud sudanese Salva Kiir è volato in Sudafrica per incontrare il capo di Stato sudafricano e presidente di turno “in pectore” dell’UA, Cyril Ramaphosa, mentre il vicepresidente sudafricano David Mabuza svolge da tempo un ruolo attivo nei negoziati per la formazione del governo, essendo il mediatore designato dall’organizzazione regionale.

Il Sud Sudan è un dossier per certi versi incrociato con quello di Libia e del Sahel. Secondo diverse ricostruzioni gli sponsor esterni del capo miliziano dell’Est libico, Khalifa Haftar, hanno finanziato l’arrivo sul fronte sud tripolino di mercenari sudanesi; ingaggiati per infittire le linee dell’aggressione contro il governo internazionalmente riconosciuto nella capitale.

 

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