Assolto: per il Senato degli Stati Uniti, il presidente Donald Trump non ha abusato del proprio potere quando ha bloccato aiuti militari all’Ucraina per 391 milioni di dollari, pretendendo che prima Kiev aprisse un’inchiesta contro suoi rivali politici, e non ha ostacolato la giustizia, quando ha impedito a testi chiave di presentarsi a testimoniare nell’inchiesta contro di lui.
Un doppio voto ha ieri chiuso un processo durato meno di tre settimane: dalla prima accusa, Trump è stato assolto con 52 voti a favore e 48 contrari – il senatore repubblicano Mitt Romney è stato l’unico a rompere la disciplina di partito, giudicando il presidente colpevole -; dalla seconda accusa, Trump è stato assolto con 53 voti a favore e 47 contrari – Romney, su questo punto, ha ritenuto che i democratici non avevano esperito tutti i mezzi a loro disposizione per ottenere le testimonianze considerate necessarie -.
L’assoluzione era scontata: perché Trump fosse considerato colpevole e rimosso ci volevano 67 voti, i due terzi dei cento senatori. Erano circolate ipotesi su senatori moderati dei due campi che avrebbero potuto sottrarsi alla disciplina di partito, ma, a parte Romney, nessuno l’ha fatto.
Prima del voto, Romney, un mormone dello Utah, candidato alla presidenza nel 2012, ha spiegato, con un discorso intriso di forte emozione, di ritenere che l’abuso di potere fosse provato: “Trump è colpevole di un lampante abuso della fiducia pubblica” e il suo comportamento nel Kievgate costituisce “un fragrante attacco ai nostri diritti elettorali, alla nostra sicurezza nazionale e ai nostri valori fondamentali”.
Il voto di ieri chiude la procedura d’impeachment, avviatasi in autunno con l’apertura dell’inchiesta da parte della Camera, che, prima di Natale, aveva poi votato, sempre divisa lungo linee partitiche – alla Camera, i democratici sono maggioranza – il rinvio a giudizio del presidente, con due capi d’accusa.
Trump, che ha sempre definito l’impeachment “una caccia alle streghe”, non ha immediatamente reagito all’assoluzione, come secondo fonti di stampa avrebbe voluto fare: niente tweet, ma l’annuncio di un intervento oggi alle 12.00 ora di Washington, le 18.00 italiane, “per discutere la VITTORIA del nostro Paese sull’Inganno Impeachment” – scritto proprio con le maiuscole così -.
L’assoluzione libera il presidente di un timore, seppur remoto, visti i rapporti di forza in Senato, e gli consente di lanciarsi senza remore nella campagna elettorale per la sua rielezione il 3 novembre, l’Election Day. C’è la sensazione, che rende ulteriormente nervosi i democratici, che la vicenda dell’impeachment sia stata un boomerang: rafforza Trump e ne aumenta le chances di conferma.
La tensione fra i democratici è forte, come indica il gesto della speaker della Camera Nancy Pelosi, l’artefice della procedura di impeachment, di stracciare il discorso del presidente martedì sera, dopo il discorso sullo stato dell’Unione tenuto davanti al Congresso riunito in sessione plenaria.
Il pasticcio del voto in Iowa, dove ancora si votano le schede dei caucuses di lunedì, non fa altro che accentuare i presagi di sconfitta. I candidati alla nomination si apprestano a un nuovo dibattito, domani sera, e fanno campagna nel New Hampshire, dove le primarie saranno martedì 11 febbraio.
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