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Dalla Via della Seta al coronavirus. Il girotondo sulla Cina letto da Sisci

La politica internazionale, dice a Formiche.net Francesco Sisci, sinologo italiano, autore e editorialista che vive e lavora a Pechino, è una cosa seria che non si improvvisa in due giorni. La crisi diplomatica in atto tra Roma e Pechino, osserva, non nasce certo oggi sul coronavirus ma ha radici nel recente passato. Ma oggi il risultato “è una frittata”.

La Cina contro l’Italia sulle misure anti-virus. Chi ha ragione?

Si tratta di una questione lunga e complessa. Da quando si è insediato il nuovo Parlamento, l’intera politica internazionale è stata impostata molto male, quella cinese in particolare. All’inizio di questo governo il minstro Savona voleva reimpostare un rapporto con la Cina, ma proprio il rapporto in questione arrivava in un momento delicato.

Ovvero?

Quella di oggi non è la Cina di un decennio fa, già nel 2018 era al centro di crescenti dispute con gli Usa, quindi il rapporto andava reimpostato alla luce di quello che l’Italia ha con il suo maggiore alleato: gli Stati Uniti. Questo approccio che il prof. Savona sosteneva non è stato perseguito dal Governo, che ha firmato l’accordo sulla Belt and Road contro il volere americano. Questa è stata la prima mossa. Ma Pechino è stata ingenua: come potrebbe un Paese Nato andare contro il volere del principale partner dell’alleanza?

In cosa si è trasformata quella mossa?

Nella situazione attuale. L’opinione internazionale, la posizione degli Usa e il fatto che l’Italia è parte del mondo occidentale e non cinese, hanno prodotto una reazione a molla. Siamo andati da un estremo all’altro: dalla volontà di firmare un accordo con la Cina senza considerare le obiezioni Nato fino a respingere completamente Pechino, più di ogni altro Paese. Questa incapacità di trovare una misura è il punto di base.

Pechino accusa il governo di aver fatto una scelta politica decidendo il blocco totale dei voli prima degli altri Paesi occidentali. È così?

È stata fatta una frittata, la cosa andava gestita diversamente sia un anno fa che ora. Adesso non si possono certo rimettere le uova nel guscio.

Il capo dello Stato in campo per ricucire: basterà il concerto straordinario al Quirinale con l’ambasciatore cinese?

Mattarella sta cercando di fare una cosa eccezionale e di supplire laddove il Governo manca, però ci deve essere anche un governo, credo.

E pensare che doveva essere un anno speciale nei rapporti tra Italia e Cina, come il 50esimo anniversario delle relazioni diplomatiche e l’anno bilaterale della cultura e del turismo. E invece?

Se l’Italia bloccherà i voli fino al 29 aprile, certamente il turismo cinese crollerà. Le grandi imprese legate al lusso naturalmente soffriranno, sia per la specificità italiana sia per l’effetto del coronavirus che nel breve-medio periodo sarà pesante.

La Cina incide anche negli scali portuali italiani: il settore dei containers deve preoccuparsi?

Il problema vero è che la politica internazionale non si costruisce con le battute che spesso si fanno in Parlamento, ma si tratta di operazioni che necessitano di anni. In Italia invece oggi ci si preoccupa, tra sei mesi ce ne saremo dimenticati, dopo altri sei mesi faremo un altro accordo ancora. Credo non sia possibile procedere con tale metro. Le politiche internazionali, che per loro natura sono estremamente serie, hanno bisogno di anni per essere tarate al meglio. Per cui questa occasione dovrebbe indurci a ripensare totalmente la nostra politica, una cosa che purtroppo non si fa in due giorni.

twitter@FDepalo

 

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