Potere del coronavirus. Uno dei più attesi appuntamenti della politica applicata alla finanza, le nomine dei nuovi board nelle società partecipate, rischia di saltare. Sono 76 le società del Tesoro (19 a controllo diretto e 57 indiretto) che devono rinnovare entro l’anno, nella stragrande maggioranza a primavera, i loro consigli di amministrazione o i loro collegi sindacali, per un totale di circa 500 poltrone.
PACE SULLE NOMINE?
Si tratta di società di assoluto rilievo per l’economia italiana, quali, ad esempio, Mps, Cdp Reti, Consip, Enav, Enel, Eni, Fincantieri, Fintecna, Gse, Leonardo, Poste, e molte altre. Considerando solo le prime 15 società controllate, industriali e di servizi (escluse, quindi, banche e assicurazioni), il fatturato totale supera i 221,7 miliardi di euro. Ora, causa emergenza sanitaria nazionale, la politica, secondo indiscrezioni di stampa, non avrebbe molta voglia e forse energie per accapigliarsi sulle nomine, soprattutto per quanto riguarda i ceo, scegliendo la strada della continuità. C’è però un’altra questione: le assemblee degli azionisti di tali società, che richiamano centinaia di piccoli soci, con l’obiettivo di approvare sì il bilancio, ma soprattutto la distribuzione dei dividendi.
IL REBUS ASSEMBLEE
Succede, come ha scritto il Sole 24 Ore, che il coronavirus possa mandare in quarantena anche le assemblee societarie e ritardare la distribuzione dei dividendi che deve essere, per legge, approvata dagli azionisti. I quali, viste le nuove norme, non potrebbero ritrovarsi insieme in un unico spazio e tanto meno rispettare la fatidica distanza di un metro. Tanto per fare un esempio, Astaldi, che ha sede a Roma, ha deciso di posticipare di una settimana, dal 10 al 17 marzo, l’assemblea degli obbligazionisti per l’approvazione di un bond da 750 milioni. Il motivo? L’impossibilità di assicurare le distanze di sicurezza tra i possibili partecipanti nel luogo che era stato prescelto. Il problema però è di altra natura. Non solo lo Stato, che delle partecipate è appunto l’azionista forte, attende l’incasso delle cedole. Ma anche i tanti investitori stranieri e in generale privati che popolano l’azionariato. Come interpretare, con gli occhi di un investitore, il quasi certo slittamento dell’assise chiamata a sancire la distribuzione dell’utile?
LA VERSIONE DI CIPOLLETTA
Formiche.net ha chiesto il parere di Innocenzo Cipolletta, economista presidente di Assonime, l’associazione che per l’appunto riunisce le Spa italiane. “Sulle assemblee dobbiamo fare una precisazione, ce ne stiamo proprio occupando in questi giorni. Ci sono degli statuti che permettono alle assise di riunirsi anche nel mese di giugno, ma in alcuni casi si può votare attraverso una sorta di voto scritto e spedito, quasi una delega. Questo per dire che ci sono delle modalità per sopperire a eventuali esigenze legate al particolare momento”, spiega Cipolletta. “Certamente c’è la seria possibilità che le assemblee slittino di qualche settimana, se non un mese, ma la cosa importante è che si tengano entro giugno. Diciamo che l’emergenza vera mi sembra il coronavirus, se gli investitori che hanno quote nelle partecipate e che attendono i dividendi devono percepire un cattivo segnale, il virus mi sembra il principale. Lo slittamento delle assemblee è una conseguenza diretta di un problema più grande”.
Per quanto riguarda la pax sulle nomine Cipolletta, chiarisce un punto. “Ho fatto una breve analisi. gli amministratori delegati delle società pubbliche durano mediamente meno di quelle private, nulla vieta di cambiarlo se il manager agisce male, ma le società pubbliche necessitano di continuità. E se il coronavirus in qualche modo garantisce un po’ di questa continuità, non mi sembra così negativa come cosa. Faccio un’altra considerazione: l’errore italiano è che ad ogni assemblea si cambia governo e questo è male perché gli amministratori devono essere buoni per le imprese, non per la politica”.