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Il discorso di Conte, tra apocalittici e integrati. L’analisi di Antonucci

Giuseppe Conte annuncia il mutamento delle regole del vivere associato in Italia per i prossimi 15 giorni, in un messaggio alla nazione poco più di 9 minuti, trasmesso in simultanea in televisione e sui social. Questo approccio multicanale più recente della presidenza del Consiglio è stato messo a punto per raggiungere tutti i possibili target della comunicazione istituzionale nella attuale fase di emergenza.

Il discorso di Conte si qualifica come dotato di registri comunicativi multifunzione: in grado di citate Norbert Elias per i pubblici più attenti alle buone letture, e di ringraziare, in due distinti momenti, medici, ricercatori e personale della protezione civile a favore dell’audience generalista, sempre alla giusta ricerca di modelli, sulla scorta dei Vigili del Fuoco attivi alle Torri Gemelle nel 2001. Non solo. In questa alternanza di registri e di finalità comunicative (informare, tenere coesa la comunità nazionale, esortare alle rinunce, promettere il bene comune) Conte presenta un discorso che, pur non essendo in sé memorabile, come il modello di Churchill recentemente richiamato dal presidente del Consiglio, entrerà nella storia della comunicazione pubblica italiana per una serie di fattori.

In primo luogo, il messaggio di Conte riesce a mescolare contenuti assai differenti tra loro: esso fornisce informazioni di interesse collettivo circa i comportamenti da tenere; individua il frutto di scelte istituzionali assunte, laddove indica la nomina del Commissario; motiva a rinunce temporanee, di un certo peso giuridico in materia di diritti individuali, in vista di obiettivi futuri da condividere insieme (abbracciarsi domani, correre più forte, secondo la scelta di una serie di metafore di natura molto prossima al cittadino medio, vero target da convincere dell’esigenza di rinunciare ad aperitivi ed eventi di piazza).

In secondo luogo, il discorso ha lo scopo evidente di rassicurare e mantenere coesa la comunità dei cittadini in un momento di evidente restrizione di libertà e diritti individuali. Un compito non facile, anche laddove si intenda interpretarlo con lo stile morbido che Conte si è scelto in questa circostanza, tra il sacerdote di una parrocchia di medie dimensioni e quel parente a cui tutti in famiglia telefonano un parere quando non si sa che scelta fare. Si vedrà nei prossimi giorni quanto funzionerà la selezione di questo registro, che richiama alle regole ma anche alla lucidità, alla misura e alla responsabilità una popolazione che va affollando i supermercati alla ricerca di cibi durevoli.

Nel frattempo, non sorprende che i social trabocchino delle due opposte tifoserie: gli entusiasti del discorso del presidente del Consiglio, la maggioranza invero, che sembrano scoprire, nell’ora più difficile la misura e la figura di Conte, e gli apocalittici, attenti a sottolineare la presunta tardività e parzialità delle misure prese. Nella contrapposizione tra le due tifoserie, misura reale della frammentazione del Paese anche in queste circostanze, emerge con forza la (rinnovata) centralità di Conte nel dibattito pubblico.

Dopo una prima fase di comunicazione incerta, dovuta anche alle contraddizioni con cui il mondo scientifico recepiva l’emergenza, e valicando i recenti attacchi politici -esterni ed interni alla maggioranza di governo – rivolti alla sua persona, Conte ha assunto una centralità istituzionale nella presente crisi, assumendo su di sé la responsabilità di scelte che resteranno nel tempo. Anche per questo motivo, per la diffusa comprensione di questo elemento di centralità del presidente del Consiglio in questa fase, il dibattito sui social, misura dell’opinione pubblica di un paese chiuso in casa, senza le consuete chiacchiere da bar, si concentra su Conte. In un paio di settimane, se l’effetto delle decisioni prese avrà i suoi effetti, il presidente del Consiglio aprirà probabilmente una nuova fase politica, per sé e per il Paese.


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