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Conte, Gualtieri e l’Ue. Due parti in commedia? L’analisi di Pennisi

Le ore del negoziato europeo per risorse addizionali (si chiamino “Coronabond” o in altro modo) scoccano, e passano, dato che il Consiglio europeo del 26 marzo ha dato due settimane all’Eurogruppo (composto dai ministri dell’Economia e delle Finanze dei 19 Stati dell’unione monetaria) per giungere ad una soluzione. Nonostante le geremiadi di politici ed editorialisti italiani, ciò deve essere considerato un grande successo da parte di chi necessita e chiede aiuti. In passato, infatti, nessun organo dell’Unione europea (Ue) aveva preso in considerazione il varo di emissioni straordinarie di titoli garantiti collegialmente, neanche come argomento di studio.

A questo punto, si pone il problema della tattica negoziale. Mentre il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri si tiene in seconda linea con toni tanto bassi che è difficile udirlo (quanto meno in Italia), il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è sceso in campo lancia in resta accusando, da un lato, gli Stati nordici di egoismo e minacciando quasi che senza i bond (di cui nessuno conosce le caratteristiche essenziali quali chi li emetterà e che condizioni comporteranno) l’Ue si spaccherà ed andrà gambe all’aria.

È, al di là dei contenuti, la strategia negoziale appropriata? Nella trattativa, l’Italia (e gli altri sette Stati che hanno sottoscritto la richiesta) è, in gergo legale e burocratico, petente (la parte che domanda) e, per di più, chiede un oggetto di cui non si hanno i dati di base ad un potenziale creditore che, in passato, non ha mai trattato l’oggetto medesimo. Lamentarsi e battere i pugni sul tavolo è come farlo per avere un’ipoteca sulla casa da un istituto bancario che non ha mai concesso mutui edilizi e che ora sta appena iniziando a studiare, in linea di principio, il problema.

Non so se il presidente del Consiglio giochi a poker. La “teoria dei giochi” può essergli di aiuto. Il negoziato per risorse addizionali (si chiamino “Coronabond” o in altro modo) è un gioco “multiplo” su due tavoli. Su quello “interno” la posta in palio è “la popolarità” (si è più popolari con il proprio bacino elettorale, in questo caso tutta Italia). Sul tavolo “esterno” o internazionale o europeo, la posta in palio è la “reputazione” (ossia si guadagna o si perde in termini di “reputazione” con i propri partner al tavolo verde). La maestria sta nel trovare il giusto equilibrio tra “popolarità” e “reputazione”. John Nash (vi ricordate il film A Beautiful Mind?) ci ha insegnato che si tratta di un equilibrio, per l’appunto “un equilibrio alla Nash”, sempre precario ed instabile. I suoi partner non hanno lo stesso problema perché in gran misura per loro “popolarità” nei confronti del loro bacino elettorale e “reputazione” internazionale coincidono. Hanno quindi un doppio vantaggio: non sono petenti e, dato che non sono alle prese con un equilibrio instabile, possono giocare le stesse carte su ambedue i tavoli.

Ciò suggerisce una tattica negoziale ben diversa: niente lamentele, niente prove muscolari e pugni sul tavolo, ma la elaborazione, anche solamente in via preliminare ed in grandi linee, di un progetto ed una trattativa a bassa voce sui contenuti del progetto medesimo.

Che questo compito sia stato affidato al cortese ministro Gualtieri? E che l’Italia ancora una volta giochi goldonianamete “due parti in commedia”?

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