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Perché la Cina cancella Vargas Llosa (che critica Pechino sul coronavirus)

È guerra aperta tra Mario Vargas Llosa e il governo della Cina. Lo scrittore premio Nobel per la Letteratura 2010 ha scritto un articolo che non è piaciuto per niente al governo di Pechino. Sulle pagine del quotidiano spagnolo El País e il peruviano La República, Vargas Llosa ha sostenuto che se la Cina fosse una democrazia, e non una dittatura com’è, la storia della pandemia del coronavirus in tutto il mondo sarebbe un’altra.

La reazione del governo di Xi Jinping è stata immediata. Ha accusato lo scrittore di “diffamare” e di emettere “opinioni irresponsabili e piene di pregiudizi”. E come azione è stato deciso di vietare tutti i libri firmati da Vargas Llosa nel mercato cinese.

“Nessuno sembra rendersi conto che nulla di questo sarebbe successo se la Cina Popolare fosse un Paese libero e democratico e non la dittatura che è – ha scritto lo scrittore – […]. Almeno un medico prestigioso, e forse tanti, hanno identificato il virus con molto anticipo, e invece di prendere misure, il governo ha cercato di nascondere la notizia e ha silenziato quella voce o voci sensate e ha cercato di impedire che la notizia si diffondesse, come fanno tutte le dittature”.

Inoltre, Vargas Llosa ha confrotnato il caso del coronavirus con l’incidente nucleare di Chernobyl nell’antica Unione Sovietica: “Hanno riconosciuto la piaga solo quando era diffusa. È un bene che questo stia accadendo ora e che il mondo impari che il vero progresso è mutilato finché non è accompagnato dalla libertà”.

In un comunicato ufficiale, l’ambasciata cinese in Perù – Paese di origine di Vargas Llosa – ha sostenuto che “il popolo cinese ha anche dimostrato un grande senso di responsabilità e disciplina, facendo grandi sforzi e sacrifici, per chiudere il virus nell’epicentro, guadagnando tempo perché gli altri Paesi si preparassero […] Se il signore Vargas Llosa come figura pubblica non è disposto a collaborare (nella lotta contro l’epidemia, ndr), almeno non diffonda opinioni irresponsabili e piene di pregiudizi che non servono a nulla”.

Sembra che la frase che più ha irritato Pechino è stata quella in cui definisce il coronavirus come il virus “proveniente dalla Cina”, il che è un tabù per il governo di Xi, che sta facendo una campagna importante per cercare di far passare una certa narrativa internazionale dell’epidemia.

“L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha espresso chiaramente che non è stato trovato ancora l’origine del covid-19 – si legge nel comunicato -. Per questo, si devono evitare espressioni discriminatorie e diffamatorie su un paese o regioni. Consideriamo la frase ‘il virus proveniente dalla Cina’ come inesatta”.

Sulle diverse piattaforme di libri elettronici come Dangdangwang e Taobao, sono scomparsi i libri di Vargas Llosa. Così Vargas Llosa è entrato nella lista, sempre più lunga, di scrittori, attori e sportivi che non sono graditi alla Cina. La “lista nera di Pechino” include l’attore Brad Pitt per avere partecipato al film “Sette anni in Tibet” e il tedesco di origine turca, Mesut Özil, per il suo sostegno alla minoranza degli uiguri nello Xinjiang.

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