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Coronavirus, la Difesa è in prima linea (insieme alla Nato). Parla Tofalo

Non solo la Sanità, anche la Difesa è in prima linea contro il coronavirus. Dall’operazione Strade Sicure ai reparti specializzati che trasportano materiale sanitario fino al personale civile impegnato a produrlo, la mobilitazione è a 360 gradi, spiega il sottosegretario del Movimento Cinque Stelle Angelo Tofalo. Non esiste un trade-off fra Sanità e Difesa, dice a Formiche.net, il comparto è strategico, ancor di più in momenti di emergenza come quello che sta attraversando il Paese.

Tofalo, cosa sta facendo la Difesa per gestire l’emergenza?

In queste ore è sotto gli occhi di tutti l’importante ruolo che sta svolgendo la Difesa. Più di 4800 uomini e donne delle nostre Forze armate sono stati impegnati nelle attività di contrasto all’emergenza sanitaria del Covid-19, che sta mettendo a dura prova l’Italia.

C’è davvero necessità di un dispiegamento di militari così consistente quando l’Operazione Strade Sicure conta già circa 7000 soldati sul campo?

Ciascun uomo e ciascuna donna della Difesa, in prima linea, rappresenta una risorsa preziosa per salvare vite umane. Ognuno ha un compito ben preciso. L’operazione “Strade Sicure” è stata rimodulata per essere più aderente alle necessità attuali, incrementando in alcune città il numero dei militari e attribuendo la qualifica di agente di pubblica sicurezza al personale delle forze armate impiegate, previo provvedimento del prefetto competente, per assicurare l’esecuzione delle misure di contenimento. Ciò consente controlli a tappeto su tutto il territorio nazionale per far rispettare le nuove misure urgenti emesse dal governo per il contenimento del contagio.

Chi sta affiancando le Forze dell’Ordine in questi giorni?

Ci sono assetti altamente specializzati dell’Esercito, della Marina Militare, dell’Aeronautica Militare e dell’Arma dei Carabinieri impegnati nel trasporto di materiale sanitario a supporto delle unità ospedaliere e di Protezione civile, nell’allestimento di ospedali da campo nelle città maggiormente colpite, per accogliere i pazienti affetti da coronavirus. Medici e infermieri militari stanno supportando il Sistema Sanitario Nazionale nei comuni più colpiti. Non dimentichiamo che ci sono inoltre eccellenze della Difesa come lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare di Firenze che sta producendo 2000 litri al giorno di disinfettante per gli ospedali in emergenza. E grazie al supporto del personale civile della Difesa la produzione di ventilatori polmonari alla Siare di Bologna è quadruplicata.

Alcuni deputati del Movimento Cinque Stelle propongono il rientro in patria di una parte dei militari impegnati nelle missioni estere per aumentare gli sforzi contro il coronavirus. È d’accordo a una revisione delle missioni estere?

Da sempre la linea della mia forza politica è stata quella di voler rimodulare le missioni internazionali semplicemente per tener conto delle nuove minacce ed emergenze globali e dei mutamenti degli equilibri geopolitici. Associare però, in questo momento, le missioni internazionali all’emergenza coronavirus ritengo sia una cosa sbagliata.

È possibile portare a termine un’operazione del genere in tempi così rapidi?

Premesso che attualmente non c’è assolutamente la necessità di far rientrare i nostri contingenti impegnati all’estero per far fronte all’emergenza perché la Difesa sta mettendo prontamente in campo tutti gli assetti di cui il Paese ha bisogno, la rimodulazione o la revisione di una missione si discute su tavoli internazionale e si decide poi nel parlamento sovrano. Ci tengo a sottolineare che la Difesa, sotto l’attenta guida del ministro Guerini che ha il totale supporto del sottoscritto e del collega Calvisi, sta sostenendo un grande sforzo grazie all’alto senso del dovere e spirito di sacrificio dei nostri ragazzi. Un plauso al generale Enzo Vecciarelli, capo di Stato Maggiore della Difesa e per il suo tramite a tutti i nostri uomini e donne, civili e militari.

La crisi richiede più risorse nel sistema sanitario. È giusto trovarle anche diminuendo la spesa nella Difesa oppure si corre un rischio?

Da anni la Difesa sta subendo diminuzioni del suo budget per far fronte alle emergenze del nostro Paese. Nonostante ciò riusciamo ad essere sempre efficienti e a svolgere i nostri compiti di Difesa nazionale. Il contributo delle nostre Forze armate in questa emergenza coronavirus ne è la prova inconfutabile. Consentitemi di dire però che a volte dobbiamo fare davvero i salti mortali date le poche risorse e i continui tagli subiti negli ultimi anni.

Quindi non c’è un trade-off fra Sanità e Difesa?

Sicuramente il nostro Sistema Sanitario Nazionale, seppur validissimo, va potenziato e verranno certamente richiesti ulteriori sacrifici, che tutti siamo pronti a fare. Voglio altresì sottolineare che la Difesa, così come il Ssn, è un asset strategico per il Paese. Prima di indebolire ulteriormente un comparto fondamentale va fatta quindi una seria riflessione collettiva.

La spesa nella Difesa dipende anche dagli impegni presi con la Nato. In un’intervista a Repubblica il segretario generale Jens Stoltenberg ha ricordato che anche in un momento come questo “tutto condiziona la sicurezza”. Che ruolo può avere l’Alleanza nella crisi?

Emergenze globali come questa che siamo chiamati ad affrontare richiedono risposte globali. La “Difesa Collettiva” della Nato, così come di altre organizzazioni tra più Paesi, può e deve, a mio avviso, sviluppare protocolli di risposta il più ampiamente condivisi ed accettati. Un mondo ormai sempre più globalizzato si è fatto trovare impreparato a una minaccia batteriologica, nonostante avessimo vissuto precedenti simili. In casi come questo, gli sforzi di singoli Stati non sono pienamente efficaci. La Nato di sicuro è un punto di riferimento dove condividere esperienze e linee di azione, fermo restando che soprattutto in piena epidemia globale, il suo ruolo principale resta quello della Difesa. Non possiamo permetterci di abbassare la guardia.

L’Italia sta ricevendo ingenti aiuti anche da altri Paesi come Cina e Russia. C’è il rischio che alcune di queste operazioni non siano esenti da contropartite politiche, come, ad esempio, la rete 5G o la rimozione delle sanzioni?

Non è tempo di teorie politiche azzardate. Ringraziamo i Paesi che si sono mobilitati per soccorrere l’Italia, assicurando personale e attrezzature mediche. Tra questi Egitto, India, Cina, Stati Uniti, Brasile, Cile, Russia e via via si aggiungono altri. Ci ricorderemo per sempre del loro aiuto. In passato, in molte occasioni, noi abbiamo fatto lo stesso. E anche se stiamo vivendo ore drammatiche, è partita dalla sede della Protezione civile regionale di Palmanova (Udine) una colonna di mezzi dell’Esercito e della Regione con un carico di 30 tende da campo per la popolazione croata colpita dal terremoto. Questa è l’Italia che non si ferma.


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