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Covid-19, Zingaretti e gli altri. No alla politica in quarantena. Parola del prof. Clementi

Dobbiamo mettere in quarantena la polemica politica, non la politica”. Francesco Clementi, docente di Diritto costituzionale comparato all’Università di Perugia, non ha dubbi: la politica italiana ha tutti i requisiti per resistere al virus e vincere l’incertezza che da questo deriva. I grandi momenti di emergenza, spiega il costituzionalista, “plasmano una nuova classe dirigente” Qualcuno ne sarà all’altezza, qualcun altro no, “e sarà messo da parte”.

Professore, Nicola Zingaretti è positivo al virus. L’epidemia sta entrando nella politica italiana.

È la prova drammatica che nessuno è esente. È il segretario del più grande partito del centrosinistra, incontra dozzine di persone al giorno. Sarà complesso identificare tutte le persone che ha incontrato nelle iniziative pubbliche. A prescindere da Zingaretti, è plausibile ritenere che metà del sistema politico italiano sarà presto coinvolto da questa emergenza.

La politica rischia di finire in quarantena?

Non parlerei di politica in quarantena. Ci troviamo senz’altro di fronte a una situazione da cui nessuno è immune, neanche la politica. Non ci sono precedenti nella storia istituzionale italiana.

Eppure l’Italia ha vissuto altri passaggi drammatici. La guerra, il terrorismo rosso e nero, la crisi finanziaria.

Di fronte ad altre emergenze, come guerre o attentati terroristici, si possono costruire linee di difesa per chi si occupa della vita di tutti noi. Gli Stati Uniti ad esempio hanno in situazione di emergenza, fu il caso dell’attacco alle Torri Gemelle nel 2001, un protocollo che prevede il dislocamento di vari soggetti istituzionali che possono assumere il comando della nazione. Con una pandemia del genere non è possibile

Quindi si ferma tutto?

A differenza di trent’anni fa, dove una simile emergenza avrebbe creato un black out della politica, oggi l’attività politica sul web, pur non potendo sostituire in tutto e per tutto quella fisica, può in parte sopperire e consentire di lavorare a distanza come in qualsiasi altra professione. Ovviamente non vale per tutti i contesti. L’impatto del Covid-19 sulla campagna per le presidenziali americane, ad esempio, può essere devastante, non tanto sotto il profilo dei candidati quanto sotto quello degli elettori, che dovranno assistere a una campagna sui social media.

Il governo ha rinviato il referendum confermativo sul taglio dei parlamentari. Giusto così?

Il rinvio, che peraltro non è sine die ma a data da destinarsi, è stata una decisione saggia. Potrebbe esserlo altrettanto il rinvio delle elezioni amministrative, potenzialmente anche con un termine lungo, a settembre, per essere certi che le persone possano andare a votare in serenità.

Se i palazzi sono chiusi come si può dare continuità all’azione istituzionale?

Per garantire la continuità istituzionale non è necessario riunire 630 deputati e 315 senatori. L’assenza fisica dei rappresentanti non significa assenza delle istituzioni. Si sono attrezzati i docenti, venerdì prossimo terrò al Centro Studi Americani una lezione digitale sulle presidenziali con cento ragazzi all’ascolto, si attrezzeranno anche i politici.

Con l’emergenza sfumano anche diverse finestre elettorali, dalle regionali alle politiche. Qual è la tabella di marcia?

Ci vuole buonsenso. Le finestre elettorali si definiscono con una legge, che si può ovviamente modificare di fronte a un’emergenza planetaria di questo tipo. Bisogna garantire la piena agibilità e serenità della politica. Quanto alle regionali, qualsiasi rinvio non deve essere a breve termine, altrimenti si rischia l’effetto domino, con un rinvio ogni due settimane che aumenta solo l’incertezza. Un’ipotesi da prendere in considerazione è fissare le regionali a settembre insieme al referendum.

Insomma, il governo reggerà l’onda d’urto?

La catena di comando e la forma di governo di un Paese come l’Italia non si interrompe sotto le bombe, non lo farà neanche con il coronavirus. Un vecchio motto della politica vuole che le classi dirigenti si formino “dentro il ferro e dentro il fuoco”. La storia repubblicana insegna che momenti di emergenza come questi forgiano una nuova classe dirigente. Qualcuno sarà all’altezza della sfida, qualcun altro no, e sarà messo da parte.

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