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Coronavirus? Matematica e social media per mapparlo. Leggere per credere

Con la matematica e i social network si può fermare il coronavirus, arrivare a mapparlo e, possibilmente, sconfiggerlo. Il New York Times ha raccontato quello che da anni sta cercando di fare Alessandro Vespignani, professore di Informatica e Fisica alla Northeastern University di Boston dove dirige il Network Science Institute e con il suo team collabora attivamente con l’Organizzazione Mondiale della Sanità. Romano, classe 1965, laureato in Fisica, effettua il suo dottorato a Yale negli Stati Uniti dove ha iniziato a concentrarsi sull’applicazione di metodi computazionali per la predizione della diffusione delle epidemie e dei fenomeni di contagio sociale.

Se adesso è il coronavirus “il male assoluto” da sconfiggere, prima era stata “Ebola” a mettere sull’allerta lo scienziato e la sua squadra. Nell’agosto del 2014 infatti Vespignani ricevette una chiamata: un’epidemia senza precedenti sta distruggendo la Guinea, presto contagerà il resto del mondo. Vespignani e il suo team si collegarono a un supercomputer e, grazie ad algoritmi e simulazioni, riuscirono a prevedere la diffusione del virus con mesi di anticipo. È quello che stanno provando a fare anche oggi con il Covid19. “L’epidemia si sta globalizzando – spiegava qualche giorno fa Vespignani – Non si può parlare di caso Italia, il Paese è solo stato uno dei primi ad aver osservato il fenomeno”.

Ma cosa fanno esattamente al Network Science Institute di Boston? Come i Babilonesi che si sono messi a studiare il corso delle stelle, gli scienziati moderni utilizzano i Big Data per riuscire a tracciare e, possibilmente, prevenire i fenomeni a partire dalle epidemie. Utilizzando anche i social network. Con l’avvento di Facebook, Twitter e Instagram il mondo scientifico ha scopeto un’opportunità che è non solo quella di guardare dove le persone vanno, cosa fanno, cosa consumano e cosa leggono. I social media hanno permesso di vedere che cosa pensano. E soprattutto questi insieme a tutta una serie di dati, dai pagamenti che eseguiamo con il bancomat al gps sullo smartphone che registra tutti i nostri spostamenti, fino all’algoritmo di Facebook che impara i nostri gusti in fatto di cinema e musica, moda e cibo ci permettono di geolocalizzare i nostri movimenti. Di tracciarli in modo digitale e attraverso il contact tracing ecco che tutto può essere tracciato. “È come tracciare tutte le interazioni regolari nel videogioco SimCity” ha spiegato Vespignani per far capire bene il modello da seguire. È quello che poi hanno messo in pratica in Cina ma anche in Israele, Singapore, Corea del Sud per circoscrivere il fenomeno dei focolai e cercare di ridurre il numero dei contagi.

Quella matematica che divide tutti noi in Suscettibili (S), ovvero le persone che possono essere contagiate, Infetti (I) coloro che hanno contratto il Covid19 e Ricoverati (R) ovvero tutti quelli che sono guariti dopo aver contratto il coronavirus. Dentro questo modello SIR si nasconde un numero diverso per ogni malattia, il primo è R0, erre con zero, che vuol dire il numero che ogni persona infetta in media contagia a sua volta (per il morbillo ad esempio la variabile è 15, vuol dire che ogni persona che ha contratto il morbillo può infettarne fino a 15 se nessuna di queste è stata vaccinata). Per il coronavirus R0 è stimato a 2,1, sembrerebbe basso ma basta un contatto e potenzialmente si verrebbe contagiati, come una palla da bowling lanciata sulla pista basta che tocchi il primo birillo per colpire a cascata gli altri. Per questo in Cina si è scelta la strategia del lockdown, di chiudere tutto per circoscrivere i focolai, quello che è successo in Italia, forse in ritardo, con Codogno e il lodigiano.

Il problema però è come ha scritto la rivista Science di arrivare prima che il fenomeno diventi incontrollabile. Insomma prima che quella palla da bowling che si muove sulla pista vada a segno. Per questo, ad esempio “il divieto di viaggiare in Cina su Wuhan ha ritardato la crescita dell’epidemia di pochi giorni nella Cina continentale e di due o tre settimane altrove, ma andando avanti, si prevede che le restrizioni di viaggio verso le aree colpite da Covid-19 avranno effetti modesti”. Nel calcolo delle probabilità di arrivare a contenere il virus nessuno si sbilancia e al New York Times lo stesso Vespigani ha confessato “E’ durante il tempo di pace, tra i focolai, che possiamo fare la vera scienza e migliorare i modelli. Speriamo che questo accada presto”.



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