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In Siria il coronavirus è fuori controllo. E i luoghi di culto aperti non aiutano

Questa metà di marzo potrebbe entrare nella storia del cattolicesimo per mostrarne due volti, contrastanti. Mentre domenica 15 a Milano l’arcivescovo Delpini celebrava senza popolo al policlinico e poi si recava da solo al Duomo, mentre il vescovo di Roma recitava il suo secondo Angelus “ingabbiato”, con una Piazza San Pietro deserta sotto di lui, e poi si recava senza darne alcuna comunicazione, in assoluta solitudine, a pregare in due chiese romane, ieri ad Aleppo il vescovo siro cattolico Denys Antoine Chahda avrebbe detto ai fedeli: “La Siria è protetta da Dio”. Dopo aver ricordato la sconfitta dell’Isis il prelato avrebbe invitato i fedeli a unirsi insieme a tutti gli altri fedeli cristiani della città nella chiesa di rito latino intitolata a San Francesco, “non abbiamo paura, sconfiggeremo anche il coronavirus”. L’incontro pubblico di preghiera, rivolto ai cristiani di tutti i riti, sarebbe stato annunciato per oggi, mercoledì 18 marzo, alle 18.

Il prelato dopo aver esordito affermando che la “Siria è protetta da Dio” , stando al racconto di un fedele presente, avrebbe apparentemente ricordato il senso di quanto affermato dal ministro della salute siriano: “Abbiamo sconfitto altri virus, come l’Isis, che ha portato il coronavirus”. Il ministro non aveva rievocato l’antica, ed inesistente, figura dell’untore, ma in un Paese martoriato dalla guerra, e dal coronavirus, le sue parole hanno colpito, molto. Quello bellico di virus ha causato almeno 500mila morti e 6 milioni di deportati. Questo nuovo virus?

L’evento aleppino, che si spera non sia confermato per motivi di salute pubblica visto che nelle ultime ore il regime ha annunciato qualche timida misura precauzionale, non avrebbe però sorpreso, visto che il grande santuario musulmano a ridosso di Damasco, quello di Zeinab, pochi giorni fa era ancora gremito da moltissimi pellegrini, siriani e non solo, molti anche dall’Iran. È il motivo per cui dall’Iran il virus si è diffuso in quantità inquietante, anche se ogni contagio è stato negato ufficialmente. I pellegrini iraniani, oltre ai miliziani e ai pasdaran, presenti in Siria non sono pochi. Ma essendo questo un Paese che dipende dall’Iran e con pochissimi ospedali e ancor meno medici, il timore che l’epidemia sia arrivata a livelli di nuova catastrofe, come in Iran, è concreto e obbliga il regime a negare ogni emergenza parlando di “immunità dal coronavirus”, come titola Middle East Monitor.

Le voci e gli avvisi di una diffusione catastrofica del virus in Siria arrivano ormai anche sui media regionali, e l’emittente qatarina al Jazeera lo paventa già nel suo titolo. Il regime dice che non si è registrato neanche un caso, ma intanto in questi giorni ha chiuse tutte le scuole. Chissà perché se, come afferma Damasco, il Paese è a tutt’oggi “coronavirus free”. Nulla si sa invece delle condizioni nelle stracolme prigioni, ufficiali e clandestine, siriane, dove si trovano decide di migliaia di detenuti, in condizioni estreme già in tempi normali. Molti di loro non si sa neanche perché siano stati arrestati né dove siano detenuti.

La catastrofe diventerebbe sterminio se il virus arrivasse nella disastrata provincia di Idlib, dove 3 milioni di persone soffrono la fame, un milione di loro vive all’addiaccio, come è noto da quando alcuni sono morti assiderati. Con cibo razionato e nessuna misura sanitaria possibile sarebbe una condanna a morte collettiva, visto che le difese immunitarie in quelle condizioni sono certamente bassissime.
Ma per i bambini di Idlib pregano in pochi. Nelle chiese di Aleppo, ad esempio, sono state numerose le preghiere dei bimbi, diffuse anche in Italia, per i bambini italiani, non si sa di preghiere per quelli di Idlib, stremati nel gelo e distanti pochi chilometri.

Dopo il ruolo svolto dal santuario di Zeinab nel provocare quella che molti temono sia da settimane una “catastrofe nascosta” si spera che le chiese cristiane di Aleppo non facciano da ripetitore di questa scelta dannosa per tutti anche nel nord del Paese.

Le misure di sicurezza invocate e adottate in Italia dalla chiesa cattolica dovrebbero convincere anche l’episcopato cattolico di Aleppo a procedere in modo diametralmente opposto a quello riferito.



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