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Eurobond vs Mes. Chi sbloccherà la partita (per l’Italia)?

La partita tra Eurobond e Mes (con l’Italia nel mezzo) iniziata ufficialmente ieri a Bruxelles alla presenza in videoconferenza dei ministri delle Finanze della zona euro, finisce zero a zero. Troppo distanti ancora le due fazioni che non hanno consentito di giungere ad un accordo. Se da un lato l’Italia potrebbe avere accesso alla “linea di credito” da 36 miliardi, dall’altro questo prestito avrebbe delle condizioni precise, con i conti pubblici legati a doppia mandata ai parametri del Mes, ovvero controlli stringenti e clausole.

MES (ESM)

Il Mes, che ha in pancia 445 miliardi di dollari complessivamente, prevede che possano essere concessi prestiti per riorganizzare il proprio quadro macroeconomico, così come accaduto in Grecia, Cipro, Irlanda e Portogallo, ma anche per la ricapitalizzazione indiretta delle banche, per acquistare titoli sul mercato e per la ricapitalizzazione diretta. Il Mes si alimenta grazie al contributo dei singoli stati: in testa c’è la Germania che ne ha anche la golden share con il 27,1 %, poi la Francia con il 20,3% e l’Italia col 17,9%.

QUI PARIGI

Il ministro delle Finanze francese Bruno Le Maire ha affermato che il meccanismo è stato creato per combattere uno shock economico e ora dovrebbe essere usato, ma senza quelle condizioni che sono al centro del dibattito, aggiungendo che si aspettava che l’incontro raggiungesse un compromesso in pochi giorni.

Anche per questa ragione Parigi aveva accolto con favore la mossa del presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen di sospendere le norme sui disavanzi di bilancio nel patto di stabilità. Sul punto si registra la modifica delle norme in materia di aiuti di Stato annunciata dal vicepresidente della Commissione europea Margrethe Vestager, al fine di aiutare alcune aziende ma senza uscire dai parametri imposti dalla legge europea.

OTTIMISMO?

Ufficialmente il presidente dell’Eurogruppo Mario Centeno si dice ottimista sul fatto che c’è un ampio sostegno all’utilizzo del meccanismo che comporta la concessione di una linea di credito del 2% del Pil di ogni richiedente a condizioni migliorate (Eccl), che offrirà una linea di difesa per l’euro e fungerà da salvaguardia contro la crisi in corso.

Ha inoltre osservato che sono state adottate misure coordinate a livello europeo per integrare gli sforzi nazionali, aggiungendo che il dibattito è iniziato sulla promozione di nuove forme di sostegno volte a rafforzare la gestione delle crisi e preparare il terreno per la ripresa dell’economia.

REALISMO

Berlino e Amsterdam assieme ad altri Paesi del nord Europa perorano la tesi che lo stimolo della Banca centrale europea sia da solo sufficiente per gestire la crisi da coronavirus, preoccupati che la disciplina finanziaria nel sud, specialmente dopo la crisi dell’eurozona, sia un elemento di forte rischio. La tesi contraria è che invece potrebbe non esserci più un’economia dopo che tutte le analisi stanno concordando sul fatto che il virus influirà molto più di quanto ci si aspetta su tutte le economie, anche su quelle più fiorenti come la Germania che non a caso ha detto no ai coronabond invitando ogni Paese a non cercare di usare l’occasione della pandemia per tornare su un obiettivo che non è condiviso. Lo ha detto apertamente il ministro dell’economia Peter Altmaier: “Un cambiamento fondamentale di strategia per ragioni ideologiche sarebbe sbagliato ora”.

REGLING

Il vertice dell’Esm, Klaus Regling, ha affermato che l’ombrello di salvataggio dell’euro ha ancora 410 miliardi di euro di linee di credito disponibili proprio tramite l’Esm, ma senza sciogliere il nodo delle condizioni. Sul punto il Commissario economico dell’Ue Paolo Gentiloni non ha escluso che i coronabond potrebbero essere “uno degli strumenti sul tavolo”.

Secondo Regling le linee di credito sono assicurazioni contro gli shock che colpiscono i Paesi con una situazione finanziaria altrimenti solida. Ma tutti ragionano sul fatto che al centro del dibattito c’è l’Italia, lo Stato membro maggiormente indebitato dopo la Grecia e il più colpito dal virus, con il motore economico del Paese (nel nord) spento dal 7 marzo.

twitter@FDepalo

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