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L’Italia era in recessione già prima del coronavirus. Il grido del Fmi

Per chi ancora avesse qualche dubbio, quest’anno l’Italia finirà in recessione. Sempre che non lo fosse già. La domanda è lecita a leggere i numeri diffusi dal Fondo monetario internazionale, oggi. La differenza c’è, anche se a occhio nudo non si vede subito. In mattinata l’organismo di Washington diretto da Kristalina Gerogieva ha diffuso il rapporto dedicato alla nostra economia, denominato Article IV.

Nel quale il Fondo ha tagliato di oltre un intero punto percentuale (per ora) le previsioni di crescita sull’Italia sul 2020, indicando un recessione dello 0,6% per il 2020. La notizia è di quelle brutte, perché l’ultima stima del Fmi dava l’economia italiana in crescita dello 0,5% quest’anno. Dunque, un taglio secco di quasi un punto percentuale, dal +0,5% al -0,6%.

Ma la vera notizia è un’altra. E cioè che l’ultima stima, quella odierna, è frutto delle ispezioni annuali che gli uomini del Fondo compiono ogni anno nei Paesi avanzati, tra cui l’Italia. E l’ultima ispezione, si legge nel rapporto, è terminata il 28 gennaio, quando cioè non era ancora scoppiata l’epidemia di coronavirus nel nostro Paese. Tradotto, eravamo in recessione già prima del virus. Ora c’è da chiedersi che cosa succederà quando si tratterà di aggiornare le stime includendo l’impatto della pandemia.

Non è un caso che lo stesso Fmi abbia precisato su Twitter che “la nostra analisi economica sull’Italia precede lo scoppio di Covid-19 L’epidemia ha notevolmente amplificato l’incertezza e i rischi al ribasso intorno alle prospettive. Stiamo monitorando attentamente la crisi e continuiamo a valutarne l’impatto e le relative risposte politiche”. E adesso?

Washington prova a fare una prevsione, per quanto sia difficile, che chiama direttamente in causa il nostro sistema bancario, gonfio di titoli pubblici nei bilanci (tra i 300 e i 400 miliardi di stock) Se il Paese va troppo giù, gli investitori perderanno la fiducia, lo spread si impennerà e le banche avranno seri problemi di patrimonio. “Se le infezioni continuassero ad aumentare potrebbe esserci un deterioramento della fiducia e una ulteriore contrazione dell’attività economica con il possibile riaccendersi del nesso fra debito sovrano e banche”, scrive il Fmi.

Al peggio però non c’è mai fine e c’è chi vede più nero del Fmi. Il Centro studi Ref, composto da economisti italiani, ha tagliato al ribasso la stima di contrazione del Pil italiano nel primo semestre a -8 per cento (dal -1/-3% indicato in precedenza). “La caduta – si legge in una nota del centro di ricerche – riguarda con questa intensità solamente l’ultima parte del primo trimestre, che potrebbe chiudere con un decremento del 3 per cento sul quarto 2019, e manifestarsi pienamente nel secondo, quando la caduta sarebbe di un altro 5 per cento sul primo trimestre”. Un rimbalzo è possibile, secondo il Ref, a partire dal terzo trimestre. Chissà.

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