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Fondi per gli Eurofighter dirottati sul Covid19, ecco perché. Parla Margelletti

Il decreto legge Coronavirus bis, pubblicato in Gazzetta Ufficiale, prevede tagli al programma di difesa aeronautica, a cui l’Italia ha aderito nella seconda meta’ degli anni’90. Secondo Andrea Margelletti, Presidente del Ce.S.I. (Centro Studi Internazionali), il senso di responsabilità del ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha così permesso di far fronte alla drammatica necessità del Coronavirus.

La Difesa, non paga di essere in primissima linea per l’emergenza Coronavirus, è stata “punita” con un taglio di budget da 20 milioni relativo all’acquisto degli Eurofighter: che ne pensa?

Penso che non sia stata punita, ma che in questo momento il ministro Guerini abbia fatto un gesto di grande responsabilità: se occorrono fondi addizionali per la sicurezza comune, che è il senso del ministero della Difesa intesa come sicurezza complessiva e non solo militare dei cittadini, ciascun ministero è chiamato a fare la propria parte: quindi rinunciare ad una fetta del singolo budget per spese di carattere eccezionale. Non la trovo una punizione, ma una drammatica necessità. Non avere fatto peana, come spesso avvenuto in passato, ha dimostrato il senso di comprensione della quotidianità da parte di Guerini.

Tra le coperture il Governo ha inserito tagli, oltre che al programma di difesa aeronautica, anche all’assunzione di personale in pubbliche amministrazioni, tra cui Polizia e Vigili del Fuoco. Con quali rischi nel medio periodo?

Dal punto di vista delle forze dell’ordine in Italia abbiamo già il numero maggiore in Europa: per cui il nostro problema non è tanto numerico ma piuttosto relativo alla redistribuzione tra compiti amministrativi e ruoli operativi. Una coda logistica più leggera servirebbe per avere un corpo più operativo e meno persone negli uffici. Dal punto di vista delle forze armate osservo che il nodo è il ricambio generazionale, ma vorrei ricordare che in queste settimane stiamo vivendo un momento di eccezionalità. Credo che non aver battuto pugni sul tavolo in Consiglio dei Ministri dimostra che alla Difesa c’è una netta comprensione del momento storico che stiamo vivendo. E non è da poco.

Al di là dell’emergenza Covid19, a partire dal 2014 l’Italia ha costantemente diminuito in termini reali i propri stanziamenti per la Difesa: una scelta ideologica e solo tecnica secondo lei?

Noi siamo quello che siamo e non possiamo essere diversi. Ovunque i ministeri più importanti sono Esteri e Difesa: non per tradizione solo italiana. Da noi la Difesa è stata vista spesso in maniera ancellare. Però bisogna ricordare che se il nostro paese ha ancora un peso internazionale, moltissimo lo si deve alle attività fatte fuori dal territorio nazionale. Senza dimenticare il peso, come fenomeno deterrente, delle migliaia di soldati impegnati in altre attività come “strade sicure”. Tagliare la Difesa come trend costante e non come un momento eccezionale corrisponde ad una miopia politica unica di classi dirigenti che cercano il consenso, ma non hanno la visione strategica.

L’attuale contesto geopolitico sempre più deteriorato e le nuove minacce alla stabilità nel Mediterraneo cosa imporrebbero invece all’Italia?

La scelta di posizioni molto nette. La più importante che potremmo assumere è quella di riconoscere i nostri interessi nazionali: non possiamo difenderne uno se non sappiamo quale sia. Inoltre non possiamo continuare a sostenere di essere leali con i nostri alleati, ma bisogna essere leali verso il nostro interesse nazionale. Ciò che manca in Italia è una discussione seria e concreta su quello che siamo e su quello che vogliamo. Altrimenti la scelta del “multilaterale sempre” non è strategica ma diventa una foglia di fico per nascondere il fatto che non sappiamo cosa vogliamo.

Crede che per crescere la cultura della Difesa e la consapevolezza del ruolo che riveste per il sistema Paese sia necessario aspettare la fine del Covid19?

No. Per avviare una discussione seria sui grandi temi, non solo sulla Difesa, occorre avere persone serie, e in questo caso al ministero della Difesa lo abbiamo, ma soprattutto una posizione ragionata e non ideologica. Questo è il paese che ancora dibatte sul 25 aprile e anche la vicenda drammatica del Covid19 ci consegna un dibattito politico incentrato sull’ideologia, forse perché le classi dirigenti hanno poco da dire.

 

twitter@FDepalo

 

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