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Perché dobbiamo pensare storicamente il coronavirus. Il commento di Giannuli

La pandemia è in pieno corso (e forse è solo all’inizio della sua parabola) e non sappiamo quanto durerà, quanti saranno i contagiati, quali Paesi saranno più colpiti, se ci sarà una recrudescenza (come fu per la spagnola nell’autunno del 1919), se i guariti possano ritenersi immunizzati o meno, se ci saranno state epidemie da sovrapposizione batterica eccetera. Ci mancano troppi dati, come è normale che sia, nel caso di vasti fenomeni ancora in movimento, ed anche i modelli di simulazione, procedono per tre o quattro diversi scenari in un ventaglio molto ampio di effetti stimati. Per cui sarebbe velleitario tentare da adesso un inventario dei problemi che la pandemia ci lascerà.

Però ci sono delle evidenze che già da ora ci segnalano alcune delle emergenze che seguiranno a questa. Infatti è facile previsione che il contagio biologico attiverà una serie di contagi a catena: ad esempio quello psicologico (già attivato e che si svilupperà, esaltando il carattere ansiogeno della nostra società per poi avere una prolungata fase di depressione), poi quello finanziario (già partito), con il conseguente dissesto economico, quindi la crisi sociale (che già si sta manifestando fra i detenuti, i lavoratori più esposti al contagio, ecc.).

Tutto questo non potrà lasciare indenne il sistema politico che, in alcuni Paesi, potrebbe registrare una caduta dei tassi di legittimazione. E, per ora, lasciamo da parte l’evoluzione di alcune crisi regionali che potrebbero sfociare in un conflitto armato. Insomma, già sappiamo che questa bufera ha dimensioni ben maggiori della caduta finanziaria del 2008: il 2020 segnerà, per la prima volta dal 1945, una recessione mondiale con una contrazione del Pil mondiale.

E probabilmente segnerà insieme una caduta della domanda e una parallela dell’offerta, il che fa pensare che i prezzi non caleranno e questo contribuirà ad alimentare le proteste sociali. Anche i comportamenti diffusi rivelano ansie e timori che cambiano da Paese a Paese sulla base del retrostante culturale di ciascuno di essi: in Italia, Paese che ha vivo il ricordo di epoche lontane ma non remote di fame e che sente come fragile il benessere raggiunto, la gente si accalca nei supermercati per accaparrarsi cibo, soprattutto pasta, nonostante le rassicurazioni che i negozi alimentari resteranno aperti e riforniti. Viceversa, negli Usa, dove il diritto di ogni cittadino ad essere armato è articolo di fede, la gente si accalca nei negozi di armi per timore di rivolte e razzie.

Anche il linguaggio è una spia del clima: sembra sparita la parola “epocale” di cui si faceva gran spreco per le cose più stupide. Oggi, invece, la parola è esorcizzata, quasi che predisponga a tempi bui senza fine. Non che ci siano motivi particolati che invitino all’ottimismo, ma se c’è un fenomeno che meriti questo aggettivo è esattamente quello in atto. “Epocale” indica esattamente qualcosa di atto ad identificare un’epoca o, ancora più precisamente, qualcosa che segni il passaggio da un’epoca all’altra. Ed è quello che sta accadendo.

In molti iniziano a dire, per la verità molto timidamente, che “nulla sarà come prima” o che “tante cose dovranno cambiare”. Ma è ancora una presa di coscienza molto incompleta e generica. Il punto è che il nostro tempo ha smesso di “pensare storicamente”. Tutto quello che accade, accade nel tempo e non è separabile da quel che c’è stato prima e quel che ne è seguito, in un flusso ininterrotto di cause ed effetti.

Quello che sta accadendo sta svelando i punti deboli dell’attuale ordinamento mondiale e molto di più lo rivelerà dopo, quando la pandemia sarà finita. Cominciamo con il dirci che questa è la più grave crisi mondiale dal 1945 in poi. In questi 75 anni ci sono state guerre locali, crisi finanziarie, epidemie poi circoscritte, ma non c’è mai stato un fenomeno così letteralmente globale, sia nel senso di “mondiale” quanto in quello di “totale”. Quello che sta iniziando è un intero ciclo che investirà ogni aspetto della vita sociale, che durerà a lungo e che indurrà a cambiare molte cose. Forse attraverso le doglie di ogni mutamento radicale, anche se speriamo che le sofferenze umane siano le minori possibile. Ma chi ragiona storicamente sa che ogni mutamento complessivo non è mai gratuito e costa sempre lacrime e sudore. Ma solo riprendendo a pensare storicamente e a capire che il presente non è l’eternità, potremo trovare un lume che ci rischiari la via.

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