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Quattro cose di buon senso che il governo potrebbe fare. I consigli di Giannuli

È palese che non solo il nostro, ma tutti i governi sono stati spiazzati da questa epidemia e non potrebbe essere altrimenti. Però ci sono cose semplici e di buon senso che si possono fare rapidamente.

In primo luogo il problema delle mascherine: va bene che non offrono garanzie assolute, ma vi sembra serio che in tutta Milano (non ho idea delle altre città, ma se tanto mi dà tanto…) non se ne trovino (e dove si trovano costano 9 euro contro i 2 di prima), che non ne abbiano a sufficienza nemmeno i medici e che ad Andria gli infermieri debbano ricavarle dalle lenzuola vecchie e dismesse? Allora, prima che comperarle all’estero (in Cina come suggerisce Di Maio, va bene) facciamo una cosa: espropriazione con decreto legge per pubbliche necessità tu tutte le scorte presso fabbriche e distributori (verranno indennizzate dopo ed a prezzi di emergenza: dobbiamo tutti rinunciare a qualcosa, ci ha detto Conte e le imprese rinunceranno ad un po’ di profitti). Poi distribuire le mascherine gratuitamente a tutti, tramite commissariati e stazioni dei carabinieri competenti per zona per evitare accaparramenti, imboscamenti eccetera. Anche perché magari poi ci pensa la criminalità (se non ci ha già pensato). Ovviamente le imprese vanno obbligate ad una certa produzione settimanale da consegnare alle forze di polizia sinché dura l’emergenza.

Seconda cosa: svuotare le carceri dove devono restare solo mafiosi, terroristi ed ergastolani. Si parla di un piano per 5.000 detenuti ma si tratta di 1/12 sul totale. Non serve e non basta. Bisogna tirar fuori circa l’80%, quindi indulto, arresti domiciliari, pene alternative, magari sospensione temporanea della pena. Ovviamente, fate un tampone a quelli che escono in modo da isolare gli infetti. E bisogna pure fare presto, in una settimana, prima che le carceri diventino delle bombe virali in città. Già ci sono caserme, conventi e collegi come potenziali ghetti infettivi, non è il caso di aggiungerne altri. Sbrigatevi.

Terzo: noi non riusciremo mai a costruire un ospedale in dieci giorni come in Cina, però possiamo fare una cosa un po’ più dignitosa delle tendopoli a cielo aperto: requisire containers ed attrezzarli rapidamente all’interno, magari con attrezzature per terapia intensiva che vanno prese prima da imprese e distributori che già ne hanno ed acquistandone all’estero (dove possibile, perché molti paesi come l’India non sono disposti a venderle o se le fanno pagare un occhio della testa).

Quarta ed ultima cosa: anzi che richiamare in servizio i medici settantenni (che, oltre tutto, sono i più esposti al contagio) perché non bandire subito 3.000 nuovi posti di medici nella sanità pubblica per nostri giovani medici emigrati e per neo laureati? Il nostro è un paese di dementi che spende un pacco di soldi per preparare medici (ed ottimi medici, a giudicare dalla velocità con cui sono assorbiti all’estero) che poi esportarli e poi è costretto a richiamare quelli in pensione. Vi sembra serio? Magari, quando l’emergenza sarà superata, per far quadrare i conti si potrà anticipare di due o tre anni il pensionamento di quelli in servizio, ma ora sbrighiamoci.

E magari pensiamo ad un premio speciale una tantum per il personale ausiliario e paramedico che sta facendo miracoli e merita qualche riconoscimento. Vi pare?


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