Skip to main content

La Siria può essere per tutti tranne che per i siriani? La riflessione di Cristiano

Notizie e reportage dal confine greco-turco o dall’isola della vergogna creata in Europa dall’Europa, l’isola di Lesbo, ci mettono a conoscenza di un nuovo flusso di profughi verso l’europea Grecia, e in particolare verso l’isola greca di Lesbo, mentre proprio a Lesbo si registra il fenomeno del suicidio dei bambini siriani per le narrate condizioni disumane di vita. Va avanti così da anni per tantissimi profughi siriani che hanno tentato di cercare salvezza in Europa e sono rimasti intrappolati nel campo di Moira, senza trovare quell’asilo politico al quale in molti avevano diritto.

Ma quelli che tentano di arrivare a Lesbo o in Grecia arrivano dai nuovi teatri di guerra siriani, da Idlib, o sono alcuni dei profughi, molti dei quali siriani, deportati anni fa dal loro Paese da un regime che si considera in guerra con i parenti di chiunque non abbia giurato piena e assoluta fedeltà al suo capo e che trovarono scampo in Turchia?

L’evidenza sembra portarci alla seconda tesi. La dispotica Turchia minaccerebbe di invaderci con parte dei vecchi profughi siriani, per indurre l’Europa a sostenerla nel confronto siriano. In crisi economica e con tantissimi profughi già presenti, la Turchia può permettersi di aprire le porte ad altri milioni di profughi dalla Siria? Non sembra proprio ipotizzabile, tanto è vero che ha costruito un muro per impedire il loro accesso e sta costruendo casupole di una ventina di metri quadrati a ridosso del confine. Ma muovere i profughi è una minaccia che l’Europa capace di inventarsi l’orrore di Lesbo non può tollerare.

Ma perché Erdogan, che ha cercato in tutti i modi di allearsi con Putin, ora sarebbe arrivato a questa scelta? Probabilmente perché non può sopportare che l’esercito siriano torni fino ai confini naturali, da dove potrebbe, a suo avviso, di nuovo allearsi con il Pkk, vecchio cliente di Damasco temutissimo in Turchia. Ecco la partita mortale di Idlib, terra di confine tra Siria e Turchia. La partita mortale dei leader però non può far ombra a quella della popolazione, di cui poco ci si occupa. Per riprendere quel territorio, la zona più a nord della Siria, l’esercito siriano con il sostegno russo ha bombardato città, scuole, asili nido, ospedali, creando un milione cinquecentomila sfollati su una esorbitante popolazione di tre milioni di abitanti, molti dei quali già cacciati dalle loro case e deportati ad Idlib dal regime di Assad. È chiaro che presto gli sfollati all’addiaccio raddoppieranno. La loro colpa è sempre la stessa: non l’aver commesso reati, ma il non aver giurato fedeltà al capo.

Dunque occorre capire con accuratezza: chi sta spingendo verso l’Europa Erdogan? I vecchi profughi che vivono in Siria da anni o i nuovi disperati di Idlib? Ci aiuta a fare chiarezza il responsabile dei caschi bianchi, gli unici operatori umanitari che in queste ore sono accanto agli sfollati di Idlib, alcuni dei quali morti assiderati nel gelo della montagna. Loro sono lì, a due passi dal muro turco che corre lungo tutto il confine. Si chiama Abdullah al-Hussein e al collega del servizio arabo della Bbc ha dichiarato: “La terra si sta restringendo e il numero di persone che si affollano qui al confine con la Turchia è aumentato. Chiediamo alla comunità internazionale e non solo alla Turchia di aprire i confini ai civili di Idlib, altrimenti ci sarà un massacro, un grande massacro”.

Queste parole ci confermano proprio che la Turchia sta spingendo verso l’Europa i profughi, non soli siriani ma anche di tante altre nazionalità, che già da anni si trovano sul suo territorio. Per altro il viaggio da Idlib al mar Egeo sarebbe lunghissimo, almeno un giorno in autobus. E poi se la Turchia aprisse i valichi a poche centinaia di persone come farebbe a fermare la pressione di oltre un milione di altri disperati?

Dunque Idlib è un pretesto, o forse una minaccia. Ma quello che bisogna domandarsi è perché tutti costoro non possano restare nel loro Paese. Perché l’esercito di Assad sia arrivato a distruggere interi campi coltivati per obbligarli alla fuga disperata e perché i caccia russi debbano colpire obiettivi civili così delicati, da mesi. All’Onu si lavora per appurare crimini non solo di guerra, ma anche contro l’umanità. Vedremo come si riuscirà a stabilire, ma dopo sei milioni di siriani deportati all’estero se ne vogliono deportare altri tre milioni? E perché? È in atto la più gigantesca operazione di pulizia etnico-confessionale della storia recente? La Siria può essere per tutti fuorché per i siriani?

Questo è il punto che va posto d’urgenza. Se la Siria è stata preclusa ai siriani, è divenuta un territorio riservato a milizie ed eserciti stranieri, a cominciare da quello russo, che ha già ottenuto interi porti e aeroporti, a quello iraniano, che ha analogamente ottenuto il pieno controllo per decadi di città portuali e basi aeree e tanto altro.

Erdogan non difende i profughi siriani, difende i suoi interessi territoriali e vuole avere una zona cuscinetto tra i suoi confini e quelli controllati da Assad, l’indicato vecchio sodalizio con il Pkk può essere un motivo. Ma la questione mondiale di oggi è il diritto a vivere di tre milioni e mezzo di persone, tra le quali tantissimi bambini, la cui unica colpa è quella di non essere di tribù fedeli al solo capo supremo, che pretende il diritto di vita e di morte sui suoi sudditi.



×

Iscriviti alla newsletter