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La Turchia martella il regime siriano. Scontro aperto attorno a Idlib

“Primavera di Pace”, adesso ha anche un nome l’offensiva turca per fermare la campagna governativa siriana – sostenuta da Mosca – per conquistare Idlib, l’ultima provincia rimasta in mano alle opposizioni (se si esclude la complicata fascia nord-orientale). Ankara non si ferma: stamattina ha praticamente imposto una no-fly zone sulla fascia settentrionale della provincia, quella prossima al proprio confine, e il risultato è stato l’abbattimento di due Su-24 siriani – probabilmente buttati già durante un duello aereo con un F-16 turco. Poche ore prima era stato colpito un drone turco, Sana, l’agenzia stampa del regime siriano, dice che è stato abbattuto dalla contraerea, ma è anche possibile che sia stato un colpo sparato per errore da uno dei vari Manpads che i turchi hanno passato anche ai gruppi di miliziani alleati.

Oggi il ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, ha parlato con i giornalisti e ha detto che il suo Paese non intende assolutamente fare la guerra con la Russia – una rassicurazione abbastanza scontata, visto che Ankara e Mosca finora hanno avuto un allineamento tattico e di interesse su diversi dossier, ma adesso niente è ovvio. Sta di fatto che la Turchia, un Paese Nato, è attualmente in guerra con il principale alleato russo nel Medio Oriente, la Siria. Akar ha anche spiegato che le operazioni militari stanno andando bene. E in effetti oltre alle dozzine di obiettivi colpiti negli ultimi due giorni come rappresaglia per un duro colpo subito – l’uccisione di una quarantina di militari turchi in Siria, per un bombardamento forse russo ma imputato al regime – oggi oltre ai due jet abbattuti, i turchi hanno colpito aerei, piste e altre strutture nelle basi di Kweiris, Neyrab e Menagh, nel nord siriano, e pare anche che abbiano centrato tre sistemi di difesa aerea S-300 ad Hama (le batterie sono la principale contraerea siriana, fornita dalla Russia).

Akar ha anche aggiunto una spiegazione del perché la Turchia ha deciso di aumentare così tanto il coinvolgimento nel conflitto: “Stiamo evitando la carneficina” assadista, ha detto riferendosi chiaramente all’operazione spregiudicata con cui il regime vuol riconquistare Idlib. Damasco, supportata da Mosca, sta colpendo da settimane aree civili, scuole, ospedali, mercati, secondo una tattica spietata: uccidere quante più persone possibile e spingerne altrettante a scappare. E il ministro della Difesa turca infatti dice che il secondo motivo per cui hanno scelto di intervenire con forza è evitare una crisi migratoria. Che è un elemento centrale, perché Recep Tayyp Erdogan faticherebbe a reggere l’arrivo di altri profughi dopo i 3,5 milioni che nei nove anni di guerra siriana sono già arrivati in Turchia. Tant’è che ha minacciato di rompere l’accordo con l’Europa e di riaprire le frontiere e i flussi migratori della rotta balcanica – questa minaccia, che ha lo scopo di svegliare Bruxelles sulla crisi in corso, finora si è concretizzata in un piano di ammassamento sui valichi di confine con la Grecia, un Paese europeo con cui la Turchia è in rotta. Una situazione delicatissima, tanto che l’Ue ha deciso di convocare una riunione dei ministri degli Esteri d’emergenza a causa del peggioramento della situazione.

Un reporter russo embedded con i combattenti lealisti (che sono soldati siriani, ma anche advisor russi e miliziani inviati dall’Iran), dice che i turchi stanno colpendo di tutto, “qualsiasi cosa si muova”, camion, pick-up, raggruppamenti di militari, da oggi anche basi. E di questi bombardamenti le tv di stato turche inondano il web: è un metodo per renderne ancora più devastante l’effetto, colpendo il morale dei nemici. Quelle che una volta erano immagini rare, in questi giorni sono diventate comuni. E sembrano un videogame. Un esempio comune è questo: inquadrati dall’obiettivo di un drone si vedono i soldati siriani attorno a un carro armato o un blindato, poi un’esplosione e successivamente il fermo assordante della distruzione. E tutto è supportato da terra: gli aerei russi non volano più, perché il Cremlino vuole evitare il rischio politico se un pezzo finisse colpito da uno dei tanti Manpads che ribelli e forze speciali muovono nella regione. I siriani ci provano e finiscono come stamane.

Per la prima volta il regime assadista – tra l’altro ridotto all’ossa in termini di mezzi e di operativi – si trova davanti a un nemico che gli ha cancellato l’unico elemento di superiorità: la forza aerea, che appena quattro giorni fa martellava Idlib. Ora l’offensiva è in stallo, come sono decaduti gli accordi per non coinvolgere Idlib nel conflitto – che erano stati decisi a Sochi nel 2018 da Erdogan e Vladimir Putin. Un pezzo importante delle evoluzioni riguarda proprio le relazioni tra russi e turchi. La situazione di Idlib, i soldati turchi uccisi e quel milione di rifugiati che pressa contro il muro al confine, potrebbe aver messo in crisi i rapporti. Di fatto in questo momento la Russia pare intenzionata ad accettare la richiesta fatta ieri da Erdogan: “Fatevi da parte, lasciateci solo con Assad”, ma è evidente che tutto questo non può durare ancora a lungo.

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