Guerriglia a Downing Street per bandire Huawei dalla rete 5G. Non è un’iperbole: in queste ore un gruppo di parlamentari Tories ribelli parla proprio di una “guerriglia” imminente contro il governo di Boris Johnson per escludere dalla banda larga il colosso della telefonia mobile cinese accusato di spionaggio dagli Stati Uniti. Otto dissidenti guidano l’operazione. Fra questi, quattro sono nomi molto noti nei palazzi di Londra, perché sono stati ministri: l’ex segretario alla Brexit David Davis, l’ex segretario per il Lavoro Duncan Smith, Owen Paterson e Damian Green, rispettivamente già segretario all’Ambiente e all’Agricoltura e primo segretario di Stato.
Obiettivo: raccogliere 44 voti fra i Tories alla Camera dei comuni per far passare martedì 10 marzo, con l’aiuto delle opposizioni, un emendamento al decreto del governo sulle telecomunicazioni e inserirvi la messa al bando dell’equipaggiamento 5G di Huawei a partire dal 2022. Il gap di due anni, spiegano i promotori, servirà alle telco britanniche per attrezzarsi in tempo (Vodafone ha già scelto le europee Nokia ed Ericsson, ma altri big del settore, come British Telecom (Bt), hanno tutta l’infrastruttura 4G costruita da Huawei e dovrebbero smontarla da cima a fondo).
L’emendamento proverà dunque a congelare il via libera di Downing Street alla presenza di Huawei nella rete. Lo scorso gennaio, mandando su tutte le furie il presidente degli Stati Uniti Donald Trump (le cronache hanno riferito di una telefonata “apoplettica”), Johnson ha presentato il decreto che, contro ogni indicazione dell’alleato americano, prevede un bando solo parziale dell’azienda cinese: esclusa dalla parte “core” della rete, ma con un accesso al 35% alla parte non-core (antenne radio, alberi e cavi).
Il blitz dei Tories in rivolta è stato organizzato questo martedì, con una riunione nella Westminster Hall. Ma ha alle spalle una regia che proviene dall’altra parte dell’Oceano. Da quando si è consumato lo strappo fra Londra e Washington su una delle questioni in cima all’agenda della sicurezza atlantica, è in corso una serrata azione di lobbying da parte dell’amministrazione Usa, e del Congresso americano, che continua a sfornare provvedimenti legislativi bipartisan per mettere alle strette Huawei e i fornitori cinesi.
Lunedì da Capitol Hill è arrivata a Westminster una lettera di 20 senatori democratici e repubblicani. Rivolgendosi al Parlamento inglese, il drappello di “falchi” di Washington ha invitato a rivedere “con urgenza” il provvedimento sul 5G. Tra i firmatari ci sono nomi di spicco dell’Elefantino, come Ted Cruz, ma anche dell’Asinello, come il leader dei democratici al Senato Charles Schumer. Il giorno dopo, martedì, il segretario alla Difesa americano Mark Esper ha incontrato il suo omologo inglese, Ben Wallace, ribadendo una volta ancora che affidare il 5G alle aziende cinesi significa “permettere a Pechino di accedere, distruggere, manipolare e usare informazioni vitali, mettendo così in pericolo l’integrità e la solidità della Nato”.
Riuscirà l’assalto alla diligenza? Numeri alla mano, Johnson non può dormire sereno. Per mettere k.o. il governo bastano 40 voti. Fra i Tories non sono pochi quelli che hanno storto il naso per la decisione di Johnson su Huawei. Forbes ne conta addirittura una sessantina. Certo, un conto è essere contrari, un altro è voler abbandonare lo scranno parlamentare a meno di tre mesi dalla sua conquista.
In politica, però, l’aritmetica non è tutto. E non è un caso che in queste ore, scrive Francis Elliott sul Times, chi si è aggirato nei corridoi di Westminster ha visto un Mark Spencer, leader dei Tories alla Camera dei Comuni, più corrucciato del solito. Da soli, i conservatori ribelli potrebbero non farcela. Ma la battaglia per Huawei rischia di ringalluzzire le opposizioni, e soprattutto i Labour, dopo la batosta elettorale.
Non a caso, riporta il quotidiano di Londra, sarebbero in corso manovre intra moenia di Chi Onwurah, vicinissimo a Jeremy Corbyn e ribattezzato dalla stampa il “ministro ombra” del partito sulle questioni tech. Il Huawei pensiero dei Tories in rivolta e dei Labour non è proprio coincidente. La pattuglia di Corbyn non pensa che il 5G cinese sia una minaccia esistenziale alla sicurezza britannica, ma pur di prendersi una rivincita su BoJo è disposta a limare gli angoli.
E infatti sarebbe già pronta una mozione unitaria da presentare martedì. Un inciampo ai Commons a soli tre mesi dal trionfo alle urne non è un’opzione per il premier, che potrebbe giocare d’anticipo, presentando un emendamento per stringere ulteriormente la cinghia sulla presenza di Huawei. La battaglia per il 5G continua.