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Immunità di gregge contro isolamenti. La strategia anti-Covid di Londra funzionerà?

Dalla terapia intensiva di un ospedale italiano segnalano a Formiche.net che la reazione seguita dal nostro Paese nel confrontarsi con l’epidemia di coronavirus Covid19 è oggetto di forte interesse da parte della comunità scientifica e dei tecnici dell’amministrazione sanitaria di tutto il mondo. Dagli Stati Uniti alla Spagna, “sono continue le richieste di condivisione del know-how acquisito”, anche riguardo a quello che viene definito internazionalmente il “lockdown”, ossia la chiusura imposta a molte delle attività in Italia per contenere la diffusione virale.

La Francia ieri ha annunciato misure analoghe, sebbene la paura del contagio non abbia fermato le solite stanche proteste dei Gilet Jaunes, assemblati anche ieri a Parigi per contestare Emmanuel Macron; oggi in Francia si voteranno le comunali, perché il presidente è stato messo sotto scacco dall’opposizione di destra e non è riuscito a rimandare le elezioni. La Spagna s’è mossa ieri sera per stringere al massimo le misure di sicurezza e ha annunciato lo stato di emergenza (il virus è entrato in casa del primo ministro Pedro Sànchez, sua moglie è positiva). La Germania ha adottato restrizioni parziali, escludendo per il momento quelle generalizzate, nonostante giorni fa la cancelliere Angela Merkel s’è fatto sfuggire un numero orrendo: potrebbero essere oltre 50milioni i tedeschi contagiati. Diverso l’atteggiamento inglese, che ha preso per ora scelte diverse.

Prima di andare avanti va fatta una riflessione di carattere generale e dal valore più strategico, ossia orientato verso il futuro. La decisione dei singoli Paesi europei di muoversi in maniera diversa e non coordinata potrebbe comportare successivamente contraccolpi nelle relazioni interne. Per dire, soltanto quattro giorni fa, quando il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, annunciava il primo giro di misure contro il virus – più lasco della stretta di venerdì – spiegava che la decisione di chiudere i voli dall’Europa, molto criticata perché non condivisa con gli alleati, aveva lasciato aperte le rotte con il Regno Unito perché Boris Johnson stava facendo bene con il virus.

A conferma che scientificamente l’affermazione non avesse ancora troppi supporti – e a sostegno di chi credeva che la scelta fosse solo di carattere politico, “uno degli effetti post-Brexit”– ieri gli Usa hanno chiuso i voli anche dall’Inghilterra. È una necessità, in questa fase in cui l’ingaggio americano contro il Covid19 sta aumentando. Le chiusure, in senso generale, sono un elemento ritenuto fondamentale da molti scienziati perché il virus si riproduce all’interno degli organismi ospitanti (gli uomini) e se non ci sono diffusioni potrebbe tendere a spegnersi. In più, evitare l’aumento dei contagi – in casi come l’Italia – permette di rallentare gli ingressi degli ospedalizzati, e soprattutto quelli nelle terapie intensive: secondo i dati disponibili oggi ci sono regioni come la Lombardia e le Marche praticamente al collasso, con più dell’80 per cento dei letti d’intensiva occupati.

Oggi la British Society for Immunology ha scritto una lettera aperta al governo preoccupata degli effetti che la linea intrapresa possa avere sulla salute pubblica. Londra ha fatto scelte diverse, si diceva: dilazionare nel tempo i contagi affinché la popolazione sviluppi un’ampia percentuale di immunità, spiegava due giorni fa il sottosegretario alla Sanità, Edward Argar, mentre presentava la strategia che gli esperti inglesi avrebbero consigliato a Downing Street. Parlava in un’audizione ai Comuni interrotta dai suoi copiosi colpi di tosse. Nel frattempo il governo ha presentato un budget con molti stimoli che praticamente cancella le idee di austerity, perché la pandemia lascerà i segni. L’idea di fondo dietro al piano di Londra è creare qualcosa di simile a quella che viene definita “immunità di gregge”, ossia fare in modo che il contagio immunizzi – solitamente attraverso un vaccino, con percentuali virali bassissime – una quota così alta di una popolazione e questo possa evitare la diffusione anche per la restante parte. In un mix confuso di comunicazione e contro-comunicazione però, il ministro della Salute, Matt Hancock, ha spiegato oggi sul sito istituzionale che “l’immunità di gregge non fa parte del piano” del governo Johnson. “È un concetto scientifico, non un obiettivo o una strategia”.

Raggiungere le quote di gregge – di solito attorno al 95 percento – sarebbe in effetti complicato. La situazione col nuovo coronavirus ha delle problematiche. Per ora non c’è un vaccino, e dunque il contagio dovrebbe avvenire nella forma violenta. Questo creerebbe casi gravi con problemi a gestirli anche in terapia intensiva (in UK ci sono circa 4mila posti, il governo inglese cerca di distribuirli, ma Covid19 si diffonde molto in fretta e le difficoltà in certe regioni italiane possono fare da precedente). E poi c’è l’ultimo importante aspetto: non è ancora chiaro se una volta contagiati poi si è immunizzati realmente – come per il morbillo, per esempio – e anzi è di queste ore la notizia che un paziente giapponese guarito potrebbe aver contratto nuovamente il virus. Infine l’elemento tecnico: il modello per funzionare deve essere supportato da migliaia e migliaia di test, che è quello che sta facendo la Corea del Sud – che ha sviluppo sistemi tecnologici d’avanguardia e li sta usando per il contenimento – ma nel Regno Unito non c’è questa previsione (e nemmeno quelle potenzialità).

È del tutto possible che l’Italia nelle prossime settimane si trovi davanti alla necessità di rimodulare le azioni di contrasto (e una seconda fase potrebbe essere cercare qualcosa di simile all’immunità di massa), ma per il momento le chiusure e gli isolamenti sembrano più rassicuranti tra i cittadini. Diversi inglesi sono preoccupati: su Twitter ha spopolato un thread dello psicologo Ian Donald, professore emerito dell’università di Liverpool che ha spiegato quanto sarà difficile per il governo spiegarsi con la maggior parte della popolazione sana che dovrà affrontare il virus – fatelo a casa, state tranquilli dicono i messaggi del NHS – mentre c’è una parte più a rischio che viene comunque tutelata a prescindere, per permettere la diffusione più libera.

Quella inglese è una scommessa (certo, tanto quanto il contenimento), perché sostanzialmente si potrebbe verificare quello di cui ha parlato l’esperto di geopolitica George Friedman: le persone chiederanno ai governi di fermare il virus, poi li attaccheranno per essere stati inefficaci, poi si scaglieranno contro le istituzioni per le conseguenze delle misure prese. Il matematico Adam Kucharski, in un altro thread che ha avuto moltissime interazioni su Twitter, ha spiegato che “molti modellisti in tutto il mondo stanno lavorando per trovare il modo migliore per ridurre al minimo l’impatto sulla popolazione e l’assistenza sanitaria. Un effetto collaterale può finire per essere l’immunità da gregge, ma questa è semplicemente una conseguenza di un’opzione molto dura (gli isolamenti, ndr), sebbene possa aiutare a prevenire un altro focolaio”.

Johnson ieri ha detto ai suoi cittadini che occorre abituarsi all’idea di perdere un proprio caro – una frase che estrapolata dal contesto che ha ricevuto molte critiche – intendendo che il virus è ormai in fase di propagazione e che è impossibile, forse inutile, provare a fermarlo. Chiudere le scuole farebbe “più male che bene”, ha detto il primo ministro, ma alcuni istituti privati si sono mossi in modo indipendente. È il caso della scuola bilingue italiana SIAL di Holland Park, centro di Londra, che ha deciso la chiusura da venerdì per ragioni di sicurezza.

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