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La flessibilità necessaria di Conte può valere 7 miliardi

La “flessibilità necessaria” invocata dal premier Giuseppe Conte non è una novità. Il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri nei giorni scorsi ha annunciato una cura per risollevare l’economia dalla crisi sanitaria globale innescata dal coronavirus e ha anche fatto una cifra: 3,6 miliardi di euro. Poco dopo ambienti della Commissione europea guidata da Ursula von der Leyen hanno fatto capire che Bruxelles è pronta a concedere spesa in deficit e che la cifra evocata dal ministro, ben introdotto negli ambienti Ue che contano, non è irrealistica.

Ma non si tratta di una concessione straordinaria. La flessibilità per eventi imprevisti “è prevista in caso di calamità o situazioni simili, non ci regalano niente”, spiega Giuseppe Di Taranto, professore di storia economica alla Luiss. “Il problema è il quanto”. Le cifre che circolano sono appunto i 3,6 miliardi annunciati da Gualtieri oppure i 4,2 miliardi che altri nel governo (il premier Giuseppe Conte innanzitutto) vorrebbero ottenere. “Comunque poco, se consideriamo che alla Francia è stato concesso di arrivare al 3,2% del Pil”. La situazione richiederebbe altre misure: “L’Europa deve dimostrare di esistere. Abbiamo visto che negli Stati uniti con pochissimi contagiati la Fed ha immediatamente abbassato il tasso di riferimento. Non c’è stato bisogno nemmeno di un intervento del presidente Trump”. Né da Bruxelles né da Francoforte sono arrivati segnali simili. “La Bce si riunirà il 12 mentre la commissione ha in agenda una sessione il 16”, osserva l’economista.

La richiesta italiana non dovrebbe avere difficoltà a passare. La flessibilità per eventi eccezionali è ormai una costante dal 2015, quando la Commissione di Jean Claude Juncker decise di allentare il patto di stabilità, che peraltro già prevedeva la possibilità di derogare temporaneamente gli aggiustamenti strutturali di fronte a eventi particolari.

Nel bilancio del 2020 sarebbe già presente “Flessibilità per eventi eccezionali, dissesto idrogeologico e interventi” per lo 0,2% di Pil. Sono circa 3,4 miliardi di spesa non calcolati nel deficit. Poco meno della cifra che il governo intende spendere ora per tamponare gli effetti economici coronavirus.

Se Commissione e Consiglio Ue daranno il via libera alla nuova richiesta del governo guidato da Giuseppe Conte, all’Italia dovrebbe essere concessa flessibilità per quasi 7 miliardi di euro. Ma anche in questo caso non si tratta di una novità. Già nel 2017 l’Ue concesse flessibilità per una cifra di poco inferiore: sei miliardi di euro. Come oggi, spesa in deficit per fronteggiare contemporaneamente due emergenze: accoglienza dei migranti e terremoti. Emergenze con un impatto economico decisamente inferiore a quello del coronavirus.



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